Björn Larsson ha vissuto quarant’anni della sua vita da pendolare tra Danimarca, Svezia e Italia. “Filosofia minima del pendolare” è il risultato di questi e altri viaggi. Un resoconto intimo che riflette sul bisogno di libertà e sullo smarrimento di chi si muove, costantemente, su e giù per il mondo…
Björn Larsson è uno dei più apprezzati scrittori europei. Forse lo conoscerete per i suoi sei mesi di vita in barca a vela, in Scozia; per i suoi sedici libri pubblicati da Iperborea o per i tanti riconoscimenti ricevuti negli anni, tra cui il Premio Grinzane Biamonti, il Premio Elsa Morante e il Premio internazionale cultura del mare.
Per nostra fortuna, quest’anno Larsson ci regala un’opera nuova che, come le altre, ha dentro la sua biografia, l’esperienza universale, molti viaggi, tanto pensiero e una pacatezza nel racconto che è propria di chi ha imparato a camminare nel mondo impegnandosi a non fargli male.
Filosofia minima del pendolare (Iperborea, traduzione di Andrea Berardini) è il resoconto di un’esistenza nomade, quella dell’autore, trascorsa viaggiando su e giù tra Danimarca, Svezia e Italia, per lavoro e per amore, utilizzando ogni mezzo di trasporto – traghetto, treno, bus e qualche aereo. Da quelle ore e quei chilometri vissuti da pendolare è nato un libro che è un divertente elenco di episodi di vita vissuta, ma anche un’enciclopedia di profonde riflessioni.
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Tra queste riflessioni profonde, ne ho evidenziata qualcuna durante la mia lettura:
“La vita è un tornado di merda, e l’arte è l’unico ombrello che abbiamo”. Corretto.
“Il testimone” (ovvero l’autore, come viene chiamato nel corso dell’intero libro) “non si sentiva a casa da nessuna parte“.
“Qual è il risultato di tutto questo vagabondare, oltre ai quarant’anni di pendolarismo? Probabilmente che a finire tra parentesi non è stato solo il tempo trascorso in viaggio, ma anche una lunga serie di parole che implicano l’idea di casa“.
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In mezzo a tutte queste domande e risposte esistenziali, però, Björn Larsson sa farci anche ridere e viaggiare con lui.
Per esempio: ci racconta come scegliere i posti migliori su treni, aerei e bus. E anche come capire i diversi tipi di viaggiatori in base ai posti scelti da loro.
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Ci insegna come affrontare gli imprevisti che, inevitabilmente, capitano a chi viaggia spesso, e ai pendolari ancora di più.
Ci confida strategie per rispondere prontamente a voli cancellati, treni in ritardo e catastrofi varie che mandano in tilt aeroporti e stazioni.
Condivide con noi dialoghi incrociati nelle sale d’attesa, incontri fatti sui sedili di un bus, telefonate intercettate tra uno spostamento e l’altro, geometrie dello spazio che sono diventate casa a forza di attraversarle.
Nel viaggio di Larsson ci sono dunque centinaia di altri viaggi.
Ancora, l’autore ci dice di Orwell e di Beckett, di De Beauvoir e di Martinson, utilizzando le loro parole per aiutarci ad andare ancora più in profondità nel senso del viaggio, quello individuale e quello collettivo.
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Attraverso il racconto dei suoi “quattro anni a Parigi, due a Lund, tre a Copenaghen, quattro nell’Öresund, un anno in Irlanda, uno in Spagna, uno a Malmö, quindici anni a Gilleleje, due a Helsingborg, dieci, per ora, tra Helsingborg e Milano. Cui vanno aggiunti anche un anno negli Stati Uniti, senza pendolare, un anno avanti e indietro tra Helsingborg e Montpellier, sei mesi in totale in barca a vela in Scozia e un’infinità di viaggi in Francia e in Italia”, Björn Larsson ci consegna un libro che è una confidenza intima.
A farla è un uomo che, dopo oltre settant’anni di vita e oltre quaranta di pendolarismi, si è interrogato sullo sradicamento e sul bisogno di libertà, sull’identità e sull’abitare il mondo.
In un tempo, come quello di oggi, in cui viaggiare a volte somiglia a fuggire, le riflessioni di Larsson sono un balsamo per chiunque sia alla ricerca della propria dimensione e del proprio posto nel mondo, ovunque sia.
“‘You can’t come from nowhere, man!’. E invece sì, si può. Si può venire da nessun luogo, o meglio da nessun luogo in particolare. Nessuno chiede a un pendolare ‘da dove viene’, è semplicemente irrilevante”.
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Fotografia header: Björn Larsson nella foto di Bianca Rizzi