La storica collana “I libri della Spiga” di Garzanti si rilancia con la pubblicazione dei nove racconti giovanili firmati da Marcel Proust, raccolti nel volume “Il corrispondente misterioso”. Si tratta di storie, a lungo rimaste inedite, in parte riprese e ampliate nella “Recherche”, in parte rimaste sconosciute fino ai nostri oggi. E che, attraverso numerose variazioni sul tema dell’omosessualità, dipingono indirettamente il ritratto di un autore tormentato – L’approfondimento

E se, oltre alla Recherche e alle sue opere minori, venissero allo scoperto delle brevi istantanee narrative di Marcel Proust (1871-1922), rimaste inedite per oltre un secolo? E se in questi nove racconti, in alcuni casi incompleti, si rintracciasse già la poliedricità dell’autore della maturità?

È quello che è successo di recente grazie allo studioso ed editore Bernard de Fallois, che aveva scoperto questo materiale negli anni ’50 durante le sue ricerche e ne ha permesso la pubblicazione in Francia nel 2019. Ora Garzanti le ha portate in Italia nella traduzione di Margherita Botto, all’interno della storica collana “I libri della Spiga“, che è stata rilanciata e rinnovata proprio a partire dall’opera in questione.

Copertina del libro Il corrispondente misterioso di Marcel Proust

Il libro si intitola Il corrispondente misterioso e prende il nome da una delle novelle di cui si compone: in parte si tratta di materiale poi ripreso e ampliato nel suo massimo capolavoro, in parte di stesure rimaste sconosciute al pubblico fino a oggi.

A scoprirle, finalmente, un rigo dopo l’altro, appaiono come finestre lasciate aperte quasi per caso, da cui si osserva avanzare con passo cauto lo spettacolo della vita. I personaggi descritti, infatti, vivono a modo loro un dramma, che Proust non riuscì a esorcizzare fino in fondo mentre era in vita, come fa notare Luc Fraisse nel suo apparato critico: il rapporto con la morale cristiana, da una parte, e con l’omosessualità all’estremo opposto.

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Ne consegue che l’autore non parla di sé in maniera diretta, però scrive essenzialmente per sé, per tirare fuori tra esitazioni e contraddizioni un dilemma del quale non riuscì a trovare una soluzione liberatoria.

Qui la sua scrittura diventa quindi un espediente non tanto letterario, quanto piuttosto umanizzante, perché permette di guardare al microscopio un tabù e di temerlo un po’ meno, o comunque di conoscerlo meglio. Ne addolcisce i bordi, ne sfilaccia a tratti l’ordito. Poi non può che battere in ritirata, certo, o ricorrere a delle perifrasi di trama in grado di tenere distinti e separati l’io scrittore dall’io narrante – e ancora di più dall’io narrato.

“Prima di vederlo lei voleva amarlo, lo vide, lo amò, e a furia di pensare a lui gli aveva donato la propria immaginazione e senza precisarla troppo per non dissolvere il suo prestigioso mistero una perfetta [interrotto]”, è per esempio la conclusione emblematica del racconto Il corrispondente misterioso, grazie a cui si intuisce fino a che punto, fra storie filosofiche e fantastiche, di memento mori o di suspense, Proust abbia costruito il fil rouge dell’opera.

Un ruolo centrale nella raccolta è inoltre giocato dal sogno, simile a una pietra che increspa la superficie del lago della ragione: fra le sue rughe buie si intravedono luci insistenti, voci che cantano in un paradiso straniero. Questo elemento sembra richiamare a sua volta i flutti linguistici della Recherche, pur senza mai avvicinarsi troppo per ricchezza della struttura.

A volte, però, come succede anche nei suoi grandi romanzi, la storia parte da molto più lontano rispetto all’incipit, inizia da lì accidentalmente, per un’associazione di idee tra un episodio secondario e una questione esistenziale ben più grande, da mettere a fuoco sempre meglio nel corso della storia.

Altre volte, invece, nello spazio dei primi paragrafi si sente già tuonare una violenza espressiva e di significati che quasi non avrebbe bisogno di prolungarsi per un’intera novella, compiuta com’è già nella sua prima e fugace apparizione.

Quale che sia il caso, da tutte le storie emergono l’attenzione dell’autore per una costante variazione enigmatica sul leitmotiv principale e la sua letteraria “alternativa alla disperazione”, oltre a “la meraviglia davanti alla bellezza, lo spessore di vita che racchiudono il mistero, l’enigma da risolvere, e la ricchezza inalienabile che ognuno possiede, e che è l’esplorazione del proprio mondo interiore“.

Cosicché a spiccare, alla fine dei giochi, è il ritratto composito e struggente di un colosso vestito da uomo, o forse di un uomo che troppo a lungo ha cercato di non essere tale, e si è appoggiato sul viso una imperturbabile maschera di sale.

Fotografia header: GettyEditorial 11-06-2021

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