Il risentimento è senza dubbio uno dei tratti distintivi della nostra epoca. Ed è anche protagonista di un progetto editoriale bilingue, che mette a confronto narratori italiani (Alessandro Banda, Giorgio Falco, Elena Stancanelli, Nadia Terranova e Giorgio Vasta) e austriaci (Clemens Berger, Anna Kim, Sepp Mall, Lydia Mischkulnig e Anna Weidenholzer) – I particolari

“Il risentimento è come bere del veleno e attendere che l’altra persona muoia”, ha scritto Malachy McCourt. È uno stato emotivo che monta progressivamente, un malessere in cui si annidano dolore e rabbia, e che esplode infine in modo inatteso e spesso inconsapevole. Diventa un corto circuito mentale ed emozionale che ci impedisce di vivere fino in fondo il presente e si manifesta come l’avvertimento costante di un peso che non riusciamo a toglierci di dosso. Inquina il nostro sguardo, si insinua in parole, gesti e reazioni di ogni tipo, sia sul piano individuale sia a livello collettivo, fino a condizionare le relazioni sociali e il dibattito pubblico. Il risentimento è senza dubbio uno dei tratti distintivi della nostra epoca.

Cinque scrittori italiani si misurano con questa parola –  e sentimento chiave – e con i suoi meccanismi scatenanti, indagandone le pieghe nascoste e i riflessi più intimi. Il risultato? Cinque racconti che svelano dinamiche pervasive e percorsi interiori, e che offrono un punto di vista sul presente mediante quella preziosa sonda che è la letteratura. Nessuno di loro ha inteso fare sociologia del presente, quanto piuttosto scendere nelle profondità dei personaggi narrati, indagandone le emozioni, i sogni, le paure, i desideri, le idiosincrasie, offrendo diversi punti di vista e stili narrativi attraverso cui, tuttavia, il presente si riverbera.

Risentimento/Ressentiment è il primo volume della nuova collana Zeitworte/Parole del tempo, un progetto editoriale bilingue con cui Edizioni alphabeta Verlag di Merano e Limbus Verlag di Innsbruck mettono a confronto narratori italiani e austriaci su un tema chiave del nostro tempo. Prevede una doppia edizione, italiana e tedesca, e la successiva traduzione incrociata delle due raccolte di racconti.

Operando in una realtà di confine – il Sudtirolo – Edizioni alphabeta Verlag “promuove da sempre il dialogo su vari piani tra le realtà culturali italiane e austriache”: questa nuova collana – sottolinea la presentazione del progetto – ha l’obiettivo di mettere a confronto autori italiani e austriaci su un tema fondamentale del presente da indagare con gli strumenti della letteratura.

Cinque autori italiani (Alessandro Banda, Giorgio Falco, Elena Stancanelli, Nadia Terranova e Giorgio Vasta), cinque austriaci (Clemens Berger, Anna Kim, Sepp Mall, Lydia Mischkulnig e Anna Weidenholzer), e altrettanti traduttori si confrontano dunque attraverso un dialogo di sensibilità e di immaginari attraverso le parole e le forme del racconto.

cover

Su ilLibraio.it, per gentile concessione della casa editrice, due brevi estratti dal racconto di Nadia Terranova tratto dall’antologia Risentimento (pubblicato in accordo con Malatesta Lit. Ag.):

Le singole lettere che componevano FUTURO caddero una dopo l’altra, disintegrandosi. La felicità, se c’era stata, doveva essere uscita a fare un giro. Forse là fuori, nella notte?
Fino a quel momento non avevo avuto gravi malattie, non le aveva avute mia madre, solo la carne di mio padre era stata torturata, fino a che lui non era stato più nulla, un corpo sepolto e disintegrato. Avevo già scritto due libri per affrontare gli spettri che un uomo morto a trentasette anni aveva lasciato nella mia esistenza quando io ne avevo undici. Due libri sono tantissimi, ma lui era ancora lì, mi aveva seguito. Cercando la blatta sparita, cominciai a ridere: era grottesco continuare a incolpare dei miei fallimenti un uomo che non vedevo da trent’anni, eppure una parte di me viveva, amava, leggeva, mangiava, cadeva, mentre un’altra restava avvinghiata al nucleo delle ossessioni e delle assenze.
E intanto, nel mondo di fuori:
“Ha fatto i conti con suo padre con questo libro?”
“Certamente. Sì, penso di sì. Dev’essere così. No, forse no. Mi faccia pensare. Ci ho provato. Non so”.
(“Fare i conti”: letteralmente contare. Sì, sapevo contare benissimo le mie saracinesche chiuse.)

(…)

Sei seduto e sono seduta anch’io. Non parliamo molto, e se parliamo stiamo attenti a quello che diciamo, ma stiamo ancora più attenti a quello che non diciamo: non diciamo mai nulla che possa ferirci e anche così riusciamo lo stesso a ferirci. Forse non esiste più qualcosa che non ci ferisca, non abbiamo un argomento che non sia anche un’arma: questo cibo nel piatto che sa di confezionato, questa cassapanca in legno che è scomoda, questa birra che tu bevi e ti gonfierà e il vino che invece bevo io ma una volta piaceva anche a te. Ogni volta che abbiamo cambiato gusti o abitudini (ti piace un altro, c’è un’altra?), ogni volta che l’abbiamo fatto pesare, ogni volta che abbiamo fatto finta di niente per non litigare e poi abbiamo litigato lo stesso.

(continua in libreria…)

 

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