Nel suo nuovo libro, “Sanguemisto”, Gabriela Wiener descrive il tentativo di decolonizzazione del suo corpo e della sua vita dal lascito del trisavolo, espressione per lei di una presunta supremazia bianca ed europea. Inizia così la ricerca della sua identità, tra razzismo, patriarcato, bugie e sensi di colpa, a cui si aggiungono l’elaborazione del lutto e una relazione poliamorosa…

Gabriela Wiener, scrittrice e giornalista di origine peruviana, è l’anello di congiunzione tra due continenti, tra due identità che vede scritte sul suo volto e tracciate nei suoi lineamenti.

Wiener è nata nel 1975 a Lima, ma oggi vive in Spagna e scrive per importanti testate. La sua vita parla allo stesso tempo delle sue origini e del suo presente, nonostante a volte queste due realtà fatichino a trovare un’armonia.

Nel suo nuovo libro, Sanguemisto (La Nuova Frontiera, traduzione di Elisa Tramontin), l’autrice cerca di ricostruire la sua identità a partire dalla storia dei suoi antenati. Un percorso che la conduce anche a riscoprire il rapporto con il suo corpo e con le persone che la circondano.

Sanguemisto Gabriela Wiener

Il trisavolo di Gabriela Wiener, Charles Wiener, è un esploratore huaquero (un tombarolo) che ottenne una discreta notorietà all’Esposizione Universale di Parigi. Ha persino (quasi) scoperto Machu Picchu e ha scritto un famoso libro sul Perù, che l’autrice ritiene essere “l’unico di successo che abbia mai scritto un Wiener”.

Questo antenato è da un lato un uomo di grande notorietà, ma dall’altro ha un passato che cela delle zone di ombra. Sembra infatti che il trisavolo abbia lasciato in Perù un altro figlio, oltre ad aver sottratto quattromilacinquecento huacos, ceramiche preispaniche, e anche un bambino, comprandolo.

Il titolo originale dell’opera è Huaco retrato, e fa riferimento proprio alle ceramiche preispaniche che talvolta rappresentavano i volti degli indigeni. Osservando queste ceramiche, e riconoscendosi in quei volti, la scrittrice peruviana muove la sua riflessione sul colonialismo e su se stessa.

Per Gabriela Wiener il suo trisavolo è espressione della presunta supremazia bianca, e dal cognome che da lui ha ereditato, che le sembra quasi arbitrario, ricava la necessità di riallacciare i rapporti con il suo passato e con i suoi lineamenti.

L’identità che cerca di riportare alla luce è fatta di abbandoni, sensi di colpa, gelosie, patriarcato, razzismo e colonizzazioni. Il difficile compito che Wiener cerca di svolgere è quello di decolonizzare non solo la sua identità, ma anche il corpo e le relazioni che costituiscono la sua vita, oggi.

Una vita che la porta ad affrontare la morte del padre e a intraprendere una relazione poliamorosa.

Sanguemisto è un libro ben sintetizzato dalle parole di Paul B. Preciado: “Riuscite a immaginare un libro in cui ci sia spazio per un antenato europeo che ha rubato della ceramica peruviana, un bisnonno bastardo e sbiancato, il poliamore e le sue disillusioni, il lutto per la perdita di un padre, la famiglia eterosessuale e i suoi segreti indicibili, e i laboratori del sesso anticoloniale…? […] Il miglior libro che abbia mai letto sulla filiazione e l’amore nella condizione postcoloniale contemporanea”.

Wiener, tra l’altro, è già nota per aver trattato tematiche non convenzionali nel suo libro Corpo a corpo (La Nuova Frontiera, traduzione di Francesca Bianchi), nel quale propone dei reportage su tematiche difficilmente esplorate in letteratura: dalla donazione di ovuli, vissuta in prima persona, al mondo dello scambismo.

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