Su ilLibraio.it un capitolo da “Il segreto del mercante di libri”, seguito della saga firmata da Marcello Simoni, tra gli autori italiani protagonista nel genere del thriller storico. Il romanzo racconta le rischiose avventure del mercante Ignazio da Toledo

Arriva in libreria per Newton Compton Il segreto del mercante di libri, seguito della Trilogia del mercante di libri, la saga firmata da Marcello Simoni, tra gli autori italiani protagonista nel genere del thriller storico.

Il romanzo di Simoni, già vincitore del Premio Bancarella e tradotto in 20 Paesi, racconta le avventure del mercante Ignazio da Toledo in una delle sue più rischiose avventure.

La trama ci porta nel 1234. Dopo due anni trascorsi presso la corte di Federico II, in Sicilia, il mercante di reliquie Ignazio da Toledo torna in Spagna per una nuova, rischiosa impresa: trovare la Grotta dei Sette Dormienti. In questo leggendario sepolcro, sette martiri cristiani si sarebbero letteralmente “addormentati”, secoli prima, in un sonno eterno. Ma non è certo la ricerca di una reliquia a muovere il mercante, bensì il mistero dell’immortalità che pare nascondersi dietro la storia dei Sette Dormienti.

Gli indizi di cui Ignazio è in possesso lo conducono tra Castiglia e Léon: la terra da cui viene e dove ha lasciato la propria famiglia. Al suo ritorno, il mercante è costretto però a fare i conti con spiacevoli novità, delle quali la prolungata assenza lo ha tenuto all’oscuro: Sibilla, sua moglie, è scomparsa, forse per sfuggire a una terribile minaccia; Uberto, il figlio, è rinchiuso in prigione con l’accusa di aver ucciso un uomo. Chi si cela dietro queste sciagure? Forse un infido frate domenicano, confessore personale di re Ferdinando III di Castiglia. E una setta di vecchi nemici del Mercante: la Saint-Vehme…

Simoni, nato Comacchio nel 1975, ex archeologo e bibliotecario, laureato in Lettere, ha pubblicato diversi saggi storici; con Il mercante di libri maledetti, suo romanzo d’esordio, si è fatto conoscere dal grande pubblico. Tra i suoi numerosi romanzi pubblicati da Newton Compton, ricordiamo La biblioteca perduta dell’alchimista, Il labirinto ai confini del mondo, L’isola dei monaci senza nome, La cattedrale dei morti; la trilogia Codice Millenarius Saga (L’abbazia dei cento peccati, L’abbazia dei cento delitti e L’abbazia dei cento inganni) e la Secretum Saga (L’eredità dell’abate nero, Il patto dell’abate nero e L’enigma dell’abate nero). Per Einaudi Stile Libero ha pubblicato Il marchio dell’inquisitore, dove compare per la prima volta il personaggio di Girolamo Svampa, Il monastero delle ombre perdute e La prigione della monaca senza volto, oltre a La selva degli impiccati.

Il segreto del mercante di libri (002)

Su ilLibraio.it, per gentile concessione della casa editrice, proponiamo un estratto da Il segreto del mercante di libri

Spagna, feudi di León

6 marzo

Quando Ignazio da Toledo giunse davanti al monastero di San Miguel de Escalada, lo trovò avvolto nella luce del tramonto. Rimase a osservarlo a lungo, chiedendosi se quell’immagine persa nella campagna brulla fosse un segno di buono o di cattivo auspicio. Poi si girò verso l’uomo al suo fianco, intento a condurre il carro, e gli diede ordine di avanzare. Aveva compiuto il viaggio per terra e per mare insieme a quattro servi, ma per tutto il tempo gli era parso di essere stato solo. Del resto la compagnia di persone incolte lo annoiava, così come la ripetitività di giornate prive di stimoli per la sua mente curiosa.

Ben presto tuttavia le cose sarebbero cambiate, pensò mentre contava le ombre che si stagliavano a fianco del complesso. Dodici archi a ferro di cavallo, vestigia dell’influsso mozarabico, impreziosivano il portico collegato alla torre campanaria. Archi sotto i quali si scorgevano le sagome dei monaci che avevano ereditato la sapienza e lo spirito del grande Isidoro di Siviglia.

C’era stato un tempo in cui anche lui aveva vissuto in un luogo simile, fra gli amanuensi e i traduttori guidati dal magister Gherardo da Cremona. Poi la morte di suo padre e le avversità del destino l’avevano costretto a fuggire, a spostarsi di continuo da un luogo all’altro, senza mai fermarsi. Ma Ignazio non malediceva affatto quella sorte, giacché gli aveva consentito di accrescere il proprio intelletto. E di conoscere il mondo così come la maggior parte del genere umano ignorava.

Trainato dall’incedere di due robusti cavalli, rimase seduto sul carro, a far previsioni su quanto l’aspettava, finché, a pochi passi dal monastero, non scorse tre religiosi uscire fuori dal loggiato. Due giovani e un vegliardo. Ignazio puntò subito su quest’ultimo le sue iridi color smeraldo. Erano trascorsi almeno vent’anni dall’ultima volta in cui aveva discusso con l’abate Leocadio e ora, al posto di un monaco benedettino nel pieno del vigore, trovava un vecchio incanutito. Balzato giù dalla serpa, rassettò il mantello decorato con ricami siciliani e gli andò incontro.

«Peregrinus Ignazio», lo salutò Leocadio, mentre i confratelli che gli camminavano ai fianchi si scambiavano fugaci bisbiglii, «vi si attendeva con ansia».

«Vostra sublimità», ricambiò il viaggiatore dopo aver disegnato un inchino, «spero di non aver abusato troppo della vostra generosità, inviandovi la mia insolita richiesta».

L’abate scosse il capo. «La foresteria è pronta a ospitare sia voi che i vostri famigli», lo rassicurò. «Sono sempre meno numerosi i viandanti che, deviando dal Camino de Santiago, cercano asilo fra queste mura. La vostra venuta rompe una fin troppo prolungata monotonia».

Prima di ribattere, Ignazio notò che i giovani monaci stavano osservando i suoi servi intenti a scaricare dal retro del carro un grosso baule di legno borchiato. Non era difficile immaginare i sospetti che covavano quegli ingenui, ma lui si guardò bene dal mostrarsi offeso. Troppo a lungo la sua ricerca della verità era stata scambiata per sacrilegio, la sua curiositas per eresia.

«Gran parte del mio bagaglio consiste in libri», dichiarò, sempre rivolto a Leocadio. «Per la felicità dei vostri copisti e a maggior gloria della vostra biblioteca».

«Libri… dalla Corte dei Miracoli?», s’illuminò l’abate.

Ignazio annuì. Era così che in gran parte della cristianità ci si riferiva alla rosa di sapienti raccolta intorno all’imperatore Federico II. Una rosa sbocciata tra Napoli e la Sicilia, e alla quale lui stesso, dopo molte peripezie, era stato ammesso. «Il magister Michele Scoto, astrologus di sua maestà», rivelò con enfasi, «vi fa omaggio dei quattro volumi della sua Mensa philosophica, insieme alla Logica di Aristotele e al Liber Abaci di quel Leonardo Pisano che per primo, in lingua latina, disserta su un numero misterioso che i sapienti arabi nominano zefr, ossia zero, perché vuoto come il vento di Zefiro».

Pur mostrando stupore, Leocadio evitò di guardare il baule, lasciando così trapelare l’urgenza di affrontare ben altro genere di discorsi.

«Ordunque, venerabile padre», lo assecondò Ignazio, che condivideva la medesima premura, «è già arrivato il magister di Salamanca?»

«L’esimio Sarwardo vi ha preceduto di una settimana», confermò l’abate. «Non fa che chiedere di voi».

«In tal caso vorrei incontrarlo subito».

Ma a quel punto Leocadio si adombrò. Ignazio interpretò quella reazione come un segno di imbarazzo. Forse si era espresso con eccessiva confidenza, rimuginò, mancando inavvertitamente di rispetto al proprio ospite… Poi vide il vecchio abbassare gli occhi, colto da un’improvvisa inquietudine, e solo allora intuì che la situazione fosse più grave di quanto avesse immaginato. Non ebbe il tempo di far domande che le dita dell’abate si strinsero intorno al suo braccio.

«Sappiate, figliolo», lo avvertì il religioso, «che sta per giungere anche qualcun altro».

«A chi vi riferite?», domandò il viaggiatore. Leocadio sembrava combattuto, quasi pentito per aver parlato troppo. Alla fine, tuttavia, gli sussurrò un nome all’orecchio.

E Ignazio indietreggiò.

«Ha soltanto espresso il desiderio di parlarvi», volle rassicurarlo l’abate. «Appena ha saputo della vostra venuta… mi ha impartito l’ordine di trattenervi fino al suo arrivo».

«Vale dunque così poco la vostra parola?», s’irrigidì il viaggiatore.

«Mi avevate promesso segretezza, la massima discrezione…

E invece, per la bocca del Tartaro, non vi siete fatto scrupolo di tradirmi!».

«Vi prego di comprendere la mia posizione», tentò di giustificarsi

Leocadio, in palese imbarazzo. «Non era mia intenzione mettervi di fronte al fatto compiuto, ma come potete ben immaginare…».

«Quando?», lo sferzò Ignazio, diviso tra la collera e un crescendo d’angoscia. «Quando arriverà l’infame?»

«Domattina, mi è stato comunicato».

«In tal caso non ho tempo da perdere», esclamò. «Terrò l’incontro col magister di Salamanca e ripartirò stanotte stessa, prima che il vostro amico piombi su di me a guisa d’un falco!».

Poi, senza attendere commenti da parte del mortificatissimo Leocadio, fece segno ai servi di restare vicino al carro e si diresse verso il monastero.

(continua in libreria…)

 

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