“I premi non sono affatto un onore”, parola di Thomas Bernhard. Arriva “Tutti i nostri premi”, un’antologia di racconti in cui scrittori e scrittrici ironizzano sui premi letterari e il mondo dell’editoria – Su ilLibraio.it il racconto di Saverio Raimondo

Si parte da una citazione dall’imperdibile I miei premi (Adelphi, traduzione di Elisabetta Dell’Anna Ciancia) Thomas Bernhard: “Ma i premi non sono affatto un onore, gli onori sono soltanto cattiverie, non esistono onori sulla faccia della terra. La gente parla di onori e invece sono solo affronti, di qualsiasi onore si stia parlando”.

Per arrivare all’antologia Tutti i nostri premi (Racconti edizioni), che raccoglie una carrellata di storie che ironizzano su “scena” e retroscena del mondo letterario, tra riconoscimenti capaci di proiettare un romanzo dritto in classifica, concorsi che fanno solo curriculum e cerimonie di gala disperse in oscuri paesi appenninici.

A cura di Emiliano Ceresi, Giacomo Ferrara e Mattia Fiorillo (voci e autori del podcast letterario Ragù), la raccolta contiene racconti di Veronica Raimo, Giulio Mozzi, Lorenzo Vargas, Gilda Policastro, Alessandro Gori, Stella Poli, Ugo Cornia, Valentina Maini, Valerio Lundini, Carolina Cavalli, Marco Rossari, Matteo Marchesini, Paola Moretti, Giordano Tedoldi, Luca Pisapia, Federica Sabelli, Francesco Pacifico, Luca Ricci, Domitilla Pirro, Michele Masneri e Saverio Raimondo.

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Su ilLibraio.it, per gentile concessione della casa editrice, proponiamo il racconto Grazie a tutti di Saverio Raimondo

Grazie a tutti

di Saverio Raimondo

Grazie.

Sono profondamente onorato di ricevere questo premio, che accolgo con profonda gratitudine e grande umiltà. Voglio ringraziare sinceramente la giuria per aver voluto assegnarmi questo riconoscimento all’unanimità, gettando il cuore oltre l’ostacolo dell’incorruttibilità per la prima volta nella storia di questo prestigiosissimo premio. Ci tengo però a precisare, in previsione delle polemiche e contestazioni che inevitabilmente ci saranno a seguito di questa contesa vittoria, di non esser stato l’unico ad aver corrotto ogni singolo membro di questa giuria. So per certo infatti che ogni giurato ha accettato soldi, favori personali (incluse prestazioni sessuali) o altri beni materiali compresi immobili di prestigio anche dagli altri candidati; se dunque la giuria, i cui membri sono noti per la loro etica inflessibile e rettitudine incrollabile nonché per il loro insindacabile giudizio e facoltà di discernimento, se dunque questa giuria dicevo ha deciso di riconoscermi questo premio, non è certo perché io li abbia comprati; ma perché l’ho fatto meglio degli altri. Si tratta dunque di un premio assegnato al merito; e dato quanto poco esso venga riconosciuto in ogni ambito, va dato atto a questa giuria di aver ancora una volta ribadito il primato della qualità sul conformismo e le mode.

Desidero anche esprimere gratitudine a chi mi è stato vicino in questi anni. È anche grazie a loro, al loro sostegno, al loro affetto, al loro contributo alla mia vita, se ho raggiunto questo traguardo. Concedetemi dunque di rivolgere in primis il mio ringraziamento a mia moglie: Maria, non piangere. Questo premio è anche tuo. In senso figurato, s’intende. Tu non lo devi nemmeno toccare, saresti capacissima di romperlo. Ma ribadisco che da un punto di vista simbolico questo premio è anche tuo, anzi, soprattutto tuo. Te lo dedico con tutto il mio cuore, perché se non fosse stato per te a quest’ora probabilmente non sarei qui a ritirare questo premio, ma a marcire in galera: un’altra al posto tuo mi avrebbe denunciato, e sai a cosa mi riferisco. Come si suol dire, in tutti questi anni mi hai supportato ma anche sopportato, come per esempio adesso, ché lo so che ti vorresti seppellire, ché non sopporti di essere coinvolta da me in maniera così plateale, così retorica, stucchevole, specie adesso che c’è un altro nella tua vita (non credere non me ne sia reso conto: sono una persona distratta, è vero, ma non così tanto da non accorgermi quando non torni a casa la notte), e già è complicato così, ti ci mancava soltanto che io ti facessi questa scenetta in pubblico che ti crea solo altri sensi di colpa e ti fa sentire ancora più in gabbia, per giunta dedicandoti un premio nel quale non c’entri nulla, diciamoci la verità, non hai mai creduto in me né in quello che faccio. Vabbè, dopo a casa litighiamo.

Desidero anche ringraziare le mie due figlie, Sofia e Gloria, che stasera sono presenti per puro caso a questa magnifica cerimonia. Perdonatele se ora sono così emozionate e smarrite, ma hanno appreso soltanto adesso, in questo istante, di essere figlie mie e non di quello che hanno creduto fino ad ora fosse il loro padre, cioè il signore lì seduto accanto a loro. Care ragazze, sappiate che anche il povero Gualtiero ha scoperto come voi in questo esatto momento di non essere vostro padre, come potete vedere dal pallore sia suo che di vostra madre (lei sì). Ora però restate seduti, vi prego; litigherete anche voi dopo a casa.

Ringrazio anche i miei colleghi. Ne vedo così tanti stasera qui riuniti. È anche grazie a voi se sono arrivato su questo palco: l’invidia per i vostri traguardi raggiunti mi ha spronato ad arrivare fin qui. Quella stessa invidia che vedo ora nei vostri occhi, mista al rancore e allo sbigottimento di vedermi stringere fra le mani quel premio che nessuno di voi avrebbe mai creduto potessi aggiudicarmi. Tranquilli, la rabbia che provate ora vi spronerà a fare meglio in futuro, e ad aggiudicarvi questo mio stesso premio – se non un riconoscimento ancora più grande – molto presto. Alle giovani generazioni che vedono in noi dei maestri, dei punti di riferimento, dico: non ammirateci. Noi ci odiamo l’un l’altro, e ci fa vicendevolmente schifo il rispettivo lavoro. Dell’altro, vorremmo soltanto la gloria, i riconoscimenti. Ed è questo lo spirito giusto con il quale avanzare, qualunque sia il settore nel quale deciderete di competere con altri vostri simili. Se questo premio a me assegnato insegna qualcosa, è che il talento non esiste. Siamo tutti dei mediocri, alcuni dei quali si ergono sugli altri grazie ad errori di valutazione – come quello compiuto dalla giuria di questa sera nei miei confronti.

Ma non avrei mai raggiunto questo risultato senza l’aiuto di alcune persone importanti nella mia vita. Desidero ringraziare tutti coloro che lavorano con me, senza il cui valore e sostegno nulla di tutto ciò che ho fatto sarebbe stato possibile. Sono felice di poter condividere con loro questo premio e di poter celebrare insieme questo traguardo. Siamo una squadra. E sono felice di poter dedicare questo premio a tutti coloro che mi hanno aiutato lungo il mio percorso professionale. Sono grato a ciascuno di loro per avermi incoraggiato, per la fiducia che mi è stata concessa e le opportunità che di volta in volta mi sono state date per dimostrare il mio valore. E tante altre frasi retoriche che si dicono in questi casi. Eppure, credetemi, non sono frasi fatte. O per lo meno non da me: è stata ChatGPT a suggerirmele.

Ma non solo alle persone: sono grato anche agli animali domestici che in questi anni, oltre alla loro compagnia, mi hanno dato grande ispirazione per il mio lavoro. Ho vissuto con molti cani; e il fatto che nessuno di loro mi abbia mai morso, né tantomeno sbranato, mi riempie di gratitudine nei loro confronti. Devo molto anche a certi oggetti inanimati, il cavatappi in primis.

Come vorrei che i miei genitori fossero qui adesso! Cioè no, in realtà non vorrei, mi piace che siano morti. Ma in questo istante vorrei non lo fossero. Ma solo in questo istante, però. Mi piacerebbe che tornassero in vita (inodore, possibilmente) il tempo per vedermi trionfatore su questo palco, provare orgoglio o stupore per me, e poi che tornassero morti. La condizione di figlio non è facile, è segnata dai complessi e dai conflitti non risolti; mentre la condizione di orfano unico erede non è male.

Sappiate che questo premio per me non sancisce un arrivo, ma una ripartenza. Per me ogni traguardo è soltanto una tappa lungo il percorso dissestato e non segnalato della vita. È grazie a questo premio infatti se da domani potrò dedicarmi finalmente a ciò a cui aspiro da sempre, il mio sogno nel cassetto: rilasciare interviste saccenti, sproloquiando trombonate assurde e supponenti. È grazie al prestigio di cui gode questo premio se ho finalmente il profilo giusto per potermi dedicare a questa gloriosa attività, che ha reso odiosi molti grandi.

Ma resto umile. Anche se stasera entro ufficialmente nel pantheon dei venerati maestri, non dimentico le mie origini. Sto parlando delle scimmie. L’uomo discende dalla scimmia, dunque è da lì che vengo anche io – nonostante sul mio essere «uomo» mia moglie potrebbe sollevare obiezioni che vi prego di liquidare come squallidi pettegolezzi. È grazie all’evoluzione se oggi sono qui. Fossi rimasto uno scimpanzé, difficilmente avrei saputo indossare questo smoking. Ma non nego il mio passato genetico. Da tempo ho fatto pace con il mio DNA. A vent’anni, lo ammetto, ero un ribelle e ho contestato duramente le mie radici da primate: stavo sempre dritto con la schiena, ero tutto glabro, mi ero fatto depilare ovunque pur di demarcare la mia differenza con le scimmie. Rifiutavo banane o noccioline, dicevo che ero allergico, intollerante. Ma crescendo ho riscoperto e apprezzato le mie origini: ora sto spesso curvo con la schiena, emetto versi, mi spulcio. Non mi faccio problemi a salire sugli alberi, grattarmi le terga o tirare le mie feci addosso a qualcuno. Non rinnego più le mie radici. Dunque dedico questo premio anche alle scimmie. E alle scimmie dico: credete sempre nel sogno dell’evoluzione. Anche voi potete mettervi in piedi, imparare a esprimervi a parole, comportarvi civilmente in società, andare in bagno chiudendo la porta. Non permettete mai a nessuno di decidere per voi fin dove può arrivare il darwinismo.

Voglio approfittare di questo prestigiosissimo palco, di questa magnifica serata e di questa irripetibile circostanza per fare un appello per la pace nel mondo. Questo premio infatti è un tassello importante verso una convivenza pacifica fra i popoli e la concordia fra le genti. Non vi nego infatti che, se non lo avessi vinto, probabilmente avrei dato sfogo ai miei più bassi istinti belligeranti. Avrei comprato armi, munizioni; addestrato fanatici; invaso paesi. Avrei probabilmente attaccato i palazzi del potere, le autorità costituite, senza però farmi scrupoli nel fare anche vittime fra i civili. Avrei sicuramente deportato persone, non so dove ma vi giuro che lo avrei fatto. Se non avessi vinto questo premio sarebbe stata tale la rabbia che avrei provato, e l’invidia per chi se lo fosse aggiudicato al posto mio, che avrei attaccato una centrale nucleare – questo è certo. E invece no. Grazie alla decisione insindacabile di questa giuria, è stata evitata una insensata carneficina. Questo dunque è un premio di pace, condizione che io da oggi mi impegnerò a promuovere.

Non dimentichiamoci anche del nostro pianeta. Sta morendo, e non ha eredi. È importante che le nostre vite siano sostenibili, e che ciascuno di noi faccia la sua parte per salvare la Terra. Non sottraiamoci: quanti fra i riconoscimenti nel nostro settore sono orribili targhe in plastica o altri materiali difficili da smaltire, oltre che di nessun valore? Si torni ai trofei in oro, argento, platino: cose di valore, che non vadano ad ingrossare le montagne di rifiuti che già ogni giorno produciamo. Basta con questi premi simbolici, dove quello che materialmente si vince è soltanto una bottiglia di liquore perché poi quello che conta è la storia del premio, il prestigio, la gloria: ok che la bottiglia è di vetro e si può fare la raccolta differenziata, ma se potessimo non produrre affatto rifiuti sarebbe meglio, oltre al fatto che l’alcool fa male. Invito a convertire immediatamente questo premio che ho l’onore di portare a casa stasera in una statuetta in oro zecchino o altri materiali presenti in natura, come le perle o i diamanti.

Ed ora, concedetemi di esprimere liberamente l’emozione di trovarmi qui stasera. Se penso a dove ero, e dove sono adesso, ho una vertigine. Ricordo i miei inizi, i tanti no, le risate di scherno. Ero considerato un visionario, un mitomane, un mentecatto. È solo grazie alla mia perseveranza, alla mia tenacia, alla mia incrollabile fiducia nel futuro e nel genere umano, e non da ultimo a un generale rimbambimento che ha portato a un abbassamento qualitativo dei canoni di riferimento e del giudizio critico in generale, se oggi finalmente il mio lavoro viene riconosciuto. Sono commosso.

Grazie a tutti.

Discorso tenuto da Attilio Giacomazzi davanti allo specchio del bagno di casa propria prima di recarsi a una premiazione durante la quale non vinse niente.

(continua in libreria…)

Fotografia header: ROME, ITALY - JULY 05: Atmosphere during the LXVI Premio Strega at Ninfeo Di Villa Giulia on July 5, 2012 in Rome, Italy. (Photo by Ernesto Ruscio/Getty Images)

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