Conosciamo davvero le donne autistiche? L’autrice svedese Clara Törnvall, nel libro “Autistiche. Donne nello spettro”, racconta il viaggio nella vita delle donne e delle tante autrici autistiche mai riconosciute e talvolta nemmeno diagnosticate. Compresa la sua. ilLibraio.it l’ha intervistata: “Tantissimi lettori mi hanno contattato: genitori di bambini autistici, o anche adulti che hanno ricevuto da poco una diagnosi, come me. Il messaggio più toccante è arrivato da un’anziana signora di 80-90 anni, che ha scoperto di essere autistica grazie al mio libro…”

Possiamo dire di conoscere davvero l’autismo e le persone autistiche? Le donne autistiche, se possibile, le conosciamo ancora meno.

Questo grande sommerso genera non solo discriminazioni nei confronti di chi appartiene a questa categoria, ma un effetto ancora peggiore: ignorare i sintomi e il funzionamento degli individui neurodivergenti può portare a mancate diagnosi, che possono protrarsi fino all’età adulta, o addirittura non avvenire mai. 

Clara Törnvall (nata a Stoccolma nel 1976) lavora da anni come giornalista culturale, in radio e nella televisione svedese: è un personaggio pubblico e una professionista affermata. Nonostante il successo professionale, un matrimonio e un figlio, nel corso della sua vita continuava a scontrarsi con un senso di confusione, un disallineamento con il resto del mondo e i suoi codici di comunicazione.

Fino a 40 anni ha continuato a condurre la propria vita come ha sempre fatto, costretta poi ad affrontare il divorzio dal suo primo marito e un periodo di profonda ansia e depressione. Proprio in fondo a questo dolore trova il coraggio di cercare la risposta alle domande che aleggiavano da anni nella sua testa, quando leggeva storie di persone autistiche: proprio dalla descrizione dei momenti dei test medici, in una clinica poco lontana da Stoccolma, si apre il libro Autistiche. Donne nello spettro (Elliot, traduzione di Daniele Marannino), il saggio che Törnvall ha scritto per raccontare questo viaggio nella vita delle donne e delle tante autrici autistiche mai riconosciute come tali. 

La risposta non lascia dubbi: Törnvall soddisfa sette criteri fondamentali (tra cui si annoverano le difficoltà di comunicazione e di relazione sociale, ma anche eccessiva o insufficiente sensibilità agli input sensoriali, etc.) che rappresentano l’espressione di un cervello all’interno dello spettro autistico. E sono ancora tantissime le donne autistiche “ad alto funzionamento” (espressione che designa l’assenza di compromissioni o disabilità di altro tipo) che rimangono invisibili, come afferma la stessa autrice, contattata da ilLibraio.it: “Lo stereotipo della persona autistica è ancora una figura alla Rain Man (film del 1988 di Barry Levinson e interpretato da Dustin Hoffman, ndr)”, esordisce. “Quando ho ricevuto la mia diagnosi a 42 anni, ho capito che è una cosa che succede molto spesso: le donne non vengono diagnosticate o succede molto tardi”.

Come il lettore apprende dal libro di Törnvall, il riconoscimento medico dell’autismo come un funzionamento atipico (si usa infatti il termine “neurodivergente”) del cervello umano si è affermato negli anni ‘90, anche se da secoli si potevano identificare in alcune figure storiche di comportamenti non “conformi” alla maggioranza della popolazione, a cui anche la psicanalisi di Freud provava a dare delle risposte.

Ma è solo con l’avvento di studi più specifici di neurologia che è stato possibile avanzare delle ipotesi più precise. E, come accade in tanti casi clinici che accomunano donne e uomini, le ricerche venivano effettuate soprattutto su un modello maschile: “Gli interessi più ‘mascolini’, come i treni, i dinosauri, le astronavi etc. venivano considerate tipicamente autistiche. Ma se una ragazza aveva una fissazione particolare, per esempio, con i My Little Pony, i medici spesso non lo riconoscevano come un interesse autistico. Così le ragazze non venivano scoperte, rimanevano invisibili”, ci spiega Törnvall.

Un aspetto importante deriva anche dalla differente socializzazione che caratterizza ragazze e ragazzi: “Le donne possono sembrare molto più socievoli della controparte maschile, e ciò dipende dalle differenti aspettative che, in generale, gli adulti e la società ripongono su di loro”.

Le donne autistiche, infatti, sono note per il “mascheramento” della propria identità, che le porta ad apprendere e imitare gli atteggiamenti delle altre donne sin dall’adolescenza, pur non comprendendoli. Un atto apparentemente innocuo, ma con conseguenze spesso disastrose: depressione e ansia sono i disturbi che colpiscono gran parte delle autistiche, generate da una tale e continuata repressione del proprio vero sé: “Ci si aspetta che una ragazza abbia degli amici e sia più abituata ad avere relazioni, mentre un ragazzo viene lasciato da solo nella sua stanza a giocare ai videogame“.

Dopo la mia diagnosi, ho iniziato a fare ricerche sull’autismo, volevo sapere ogni cosa”, continua l’autrice, ricordando come si è approcciata alla preparazione di questo complesso lavoro, che affianca il racconto della sua esperienza personale, a interviste e a un compendio di storia: “L’autismo è diventato il mio nuovo interesse speciale”, chiosa facendo riferimento a uno dei tratti tipici dell’autismo, cioè le cosiddette fissazioni. “Dopo un po’ di tempo, mi sono convinta che dovessi scrivere un libro, perché esistono molti fatti interessanti sconosciuti al grande pubblico”, continua. Così in effetti, i fatti che Törnvall riesce a collegare tra loro sono numerosissimi e il pregio di questo saggio è proprio saper legare i dati con grande naturalezza, risultando in un testo estremamente fruibile dal pubblico.

“A farmi aprire gli occhi è stato apprendere che le donne autistiche esistono e sono sempre esistite. L’autismo può essere un termine relativamente recente come diagnosi, ma non come modo di esistere e funzionare nel mondo. Ha sempre fatto parte della condizione umana. E perciò è ragionevole credere che molte figure storiche fossero autistiche”. Prende in considerazione gli studi sulla vita di Simone Veil, Emily Dickinson e Patricia Highsmith, che le posizionano su quello che oggi chiamiamo lo spettro autistico: ciò per me costituisce un’ulteriore mezzo per comprendere il loro lavoro.”

Ma perché proprio questo taglio? “Ho lavorato come giornalista culturale per la radio e la tv svedese per oltre vent’anni, e la letteratura, l’arte, la musica, l’opera e il balletto sono sempre stati i miei interessi speciali, sin da quando ero una bambina”.

Cosa significa vedere il mondo attraverso gli occhi di una persona autistica e esplorare l’esperienza degli autistici nell’arte e nella cultura nel corso della storia? “Mi chiedo cosa possa significare rileggere queste opere attraverso una lente autistica e cosa potremmo scoprire se permettessimo delle prospettive che superano il neurotipico di prendere il centro dell’attenzione”.

Il libro non è soltanto un esame sulla storia e sulla cultura: “Volevo anche intervistare le ‘ordinarie’ donne autistiche di oggi. Mi piacciono i libri di non-fiction che possono incorporare l’esperienza personale a cultura, storia, politica e scienza”. A chi si è ispirata? “Sono una fan di Joan Didion, Susan Sontag e Ariel Levy”, ci risponde. 

Il merito di questi libri è di riuscire davvero ad aprire gli occhi a tutti i lettori, neurotipici o neurodivergenti: “Sono stata totalmente sommersa dalle risposte positive e ne sono grata”, è il commento di Törnvall sulla ricezione pubblica del suo libro. “Finora è stato venduto in oltre 12 paesi. Tantissimi lettori mi hanno contattato: genitori di bambini autistici, o anche adulti che hanno ricevuto da poco una diagnosi, come me. Il messaggio più toccante è arrivato da un’anziana signora di 80-90 anni che ha scoperto di essere autistica grazie al mio libro. Inizialmente avevo paura che potessero essere tristi o arrabbiati di aver trascorso quasi la loro intera vita senza sapere, ma la loro reazione era all’opposto. Erano così felici di riuscire finalmente a capire e mi hanno ringraziato. Era una sensazione meravigliosa, che supera tutto ciò che mi auguravo”.

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Fotografia header: Clara Törnvall foto di Sofia Runarsdotter

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