Non c’è felicità se non impariamo la difficile arte di amarci. E non ci può essere amore se non iniziamo da noi. Parola della psicologa Ameya Gabriella Canovi. Su ilLibraio.it un capitolo dal suo nuovo libro, “Dentro di me c’è un posto bellissimo – Imparare a volersi bene affinché l’amore accada”

Esperta nello studio delle relazioni familiari e della dipendenza affettiva, con una lunga esperienza di sostegno a persone imprigionate in relazioni disfunzionali, e già autrice, per Sperling & Kupfer, di Di troppo amore (2022) e Di troppa (o poca) famiglia (2023), Ameya Gabriella Canovi psicologa, PhD e autrice molto attiva sui social, firma per Vallardi il suo nuovo libro, Dentro di me c’è un posto bellissimo – Imparare a volersi bene affinché l’amore accada.

Canovi, protagonista spesso in radio, autrice del podcast Intrecci, TED speaker e conduttrice di corsi di crescita personale, parte da una domanda: perché abbiamo paura di essere felici?

Troppo spesso il presente ci sta stretto e aneliamo a modificarlo, ma ci sentiamo bloccati. Perché quello che diciamo di volere, in realtà, poi non lo facciamo? La verità è che il cambiamento spaventa perché ci mette di fronte alla paura di perdere qualcosa.

Dentro di me c’è un posto bellissimo, un libro di Ameya Gabriella Canovi

Un paradosso: in superficie desideriamo la beatitudine, nel profondo qualcosa ci dice che è più “sicuro” restare un po’ infelici, moderati, dimessi. Eppure uscire dal loop è possibile.

Nel libro Dentro di me c’è un posto bellissimo, Ameya Canovi accompagna a guardarsi dentro con onestà, a vedersi nudi e crudi, a sostare nello spazio scomodo delle proprie antiche ferite, per accettarle. Perché è proprio da quest’accettazione che nascerà una forza nuova, la paura del giudizio degli altri lascerà spazio all’autenticità che solo chi può permettersi di essere sé stesso fino in fondo conosce.

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Perché non c’è felicità se non impariamo la difficile arte di amarci. E non ci può essere amore se non iniziamo da noi, cambiando innanzitutto la nostra vita e scoprendo che dentro di noi c’è un posto sicuro e bellissimo. Troveremo la forza di intraprendere nuove avventure, sapremo essere sempre più spontanei e veri, prima con noi stessi e di conseguenza con gli altri.

Su ilLibraio.it, per gentile concessione della casa editrice, proponiamo un estratto:

Perché si ha paura di essere felici?

Quasi ogni mattina, quando leggo i messaggi di chi mi scrive, mi ritrovo questa domanda. Con varianti sul tema: «Perché è così difficile voler bene a se stessi?», «Da dove si inizia?» e così via.
È una domanda cruciale, che non conosce una risposta definitiva, ma che traccia la direzione del viaggio. Perché non c’è felicità, a mio avviso, senza amore. E non c’è amore nelle nostre esistenze se non iniziamo da noi. Se non iniziamo da noi non possiamo attuare alcun cambiamento significativo nelle nostre vite.

Affinché l’amore accada, per prima cosa dobbiamo capire perché non succede. Allora cominciamo proprio da qui, dalle domande ricorrenti che sembrano abitarci un po’ tutti.

Mentre inizio a scrivere questo libro, l’ultimo giorno dell’anno, chiedo alle persone con cui dialogo come si sentano rispetto all’anno che verrà, e cosa desiderino.

Ameya Gabriella Canovi nella foto di Irene Ferri

Ameya Gabriella Canovi nella foto di Irene Ferri

Ne emerge una buona dose di amarezza per una serie di cose incompiute, lasciate indietro, non realizzate. Il rammarico ricorrente riguarda il non prendersi abbastanza cura di sé, non concedersi di fare quello che si ama. Si evidenziano quindi diverse aspettative, travestite da «propositi». Intenti che puntano a migliorare la qualità della propria vita, cercando un po’ di felicità. C’è chi desidera tempo per sé, chi maggiori possibilità economiche, qualcun altro una relazione bella, appagante. Mi colpisce che nessuno desideri ringraziare e basta per ciò che ha già, su questo tema torneremo più avanti.

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Ma veniamo a noi.Perché ho scelto di iniziare un libro proprio quando un anno finisce? ti starai forse chiedendo, lettore. Perché mi piace ragionare al rovescio: invece di seguire sempre Zig, preferisco frequentare Zag.

Le persone in genere amano fare bilanci, e non solo a capodanno. È usanza comune tenere diari, scrivere liste di desideri, farsi promesse dopo l’estate, o in occasioni di ricorrenze importanti.

Intendiamoci, nutro un rispetto profondo per la ritualità. L’essere umano ne ha bisogno per rafforzare un gesto, per consolidare un’aspirazione, per celebrare un rito di passaggio. I rituali sono componenti culturali preziosi della vita, individuale e collettiva.

Di fronte ai fenomeni di tendenza, mi piace tuttavia restare sveglia e non addormentarmi sulle parole, evitando se posso il «così fan tutti». Allora, quando tanti si adoperano per dare o seguire indicazioni su come buttare via ciò che non serve più nel transito verso il nuovo anno, o verso un nuovo periodo, io invece preparo ciò che voglio portare in questo viaggio insieme a te, sotto forma di parole-chiave.

Proprio come faceva, nel racconto per bambini di Leo Lionni, Topo Federico, che raccoglieva raggi di sole per conservare provviste per l’inverno (se non conosci questo piccolo capolavoro, ti invito a cercarlo).

Così, mentre l’anno finisce, rifletto proprio sul peso delle parole. I vocaboli che usiamo più spesso nel nostro quotidiano determinano il nostro orizzonte di senso.

Uno dei più rilevanti è cambiamento, un concetto che ritroveremo spesso nel corso di questo libro.

Per esperienza e per mestiere, conosco quanto possa essere spaventosa tale parola. Ciò che è noto è usuale. Pertanto rassicurante. Magari non entusiasma, magari non è eccitante, ma ciò che ripetiamo, replichiamo, crea uno scenario comodo in cui muoverci. Il cosiddetto cambiamento è sì immaginato, pensato, sognato, ma, se rincorso, di rado accade sul serio. Resta nell’ambito di ciò che diciamo, ma poi non facciamo. E quindi, come si fa quando il presente ci sta stretto e aneliamo a modificarlo? Quando necessitiamo di amore e non riusciamo a scovarlo da nessuna parte?

Iniziamo a comprendere perché quello che diciamo di volere in realtà poi non lo realizziamo.

Un cambiamento accade se trovi una pietra su cui inciampi.

(continua in libreria…)

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