Giovanni Fasanella ci racconta “Colonia Italia”, il suo ultimo libro-inchiesta (scritto con Mario José Cereghino), che dimostra, prove (inedite) alla mano, la guerra senza quartiere condotta per tutto il Novecento dalla diplomazia britannica per controllare l’opinione pubblica italiana in funzione degli interessi economici e politici inglesi…

È in libreria Colonia Italia (Chiarelettere) di Mario José Cereghino (esperto di archivi anglosassoni) e Giovanni Fasanella (giornalista e documentarista) che dimostra, prove (inedite) alla mano, la guerra senza quartiere condotta per tutto il Novecento dalla diplomazia britannica per controllare l’opinione pubblica italiana in funzione degli interessi economici e politici inglesi. Secondo gli autori, infatti, l’Italia sarebbe una colonia dell’impero britannico, in una guerra segreta, perché combattuta con mezzi non convenzionali tra nazioni amiche e nella quale la stampa, la radio, la televisione, l’industria editoriale e dello spettacolo hanno avuto un ruolo preponderante.

La ricostruzione di Cereghino e Fasanella si basa su documenti del governo, della diplomazia e dell’intelligence del Regno Unito, rapporti confidential, secret e top secret declassificati in tempi recenti e a disposizione di giornalisti e studiosi. Come lo schedario annualmente aggiornato dei “clienti” italiani (almeno mille negli anni Settanta) utili alla causa inglese e che viene in parte presentato in Appendice. Ma, al di là dei nomi coinvolti, ciò che è importante è rileggere la storia recente italiana dalla parte degli inglesi, il cui ruolo è sempre stato considerato secondario rispetto agli americani. Un grosso sbaglio. Se questi ultimi agivano esclusivamente in funzione anticomunista, gli inglesi combattevano anche “contro” quegli italiani – i De Gasperi, i Mattei, i Moro, solo per citarne alcuni – che mal sopportavano il ruolo di “protettorato” britannico.

Ne abbiamo parlato con Fasanella, già autore di Segreto di stato (con Giovanni Pellegrino, Einaudi 2000), Che cosa sono le Br (con Alberto Franceschini, Bur-Rcs 2005).

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Fasanella, nel vostro libro ci sono molti documenti inediti degli archivi inglesi. Ma uno, in particolare, fa impressione. Quello del gennaio 1969, in cui un funzionario dell’ambasciata britannica invita il suo governo a «usare altri metodi» per contrastare la politica mediterranea dell’Italia. Quali metodi?
“È un documento agghiacciante. La massiccia propaganda occulta esercitata negli anni precedenti dalla macchina dei servizi britannici attraverso il controllo di gran parte della stampa italiana, non aveva ottenuto i risultati sperati. Anzi, la politica italiana si era fatta ancora più ‘aggressiva’ nelle aree che Londra considerava di esclusivo interesse britannico, come quelle petrolifere in Libia e in Medio Oriente. Troppo ‘aggressiva’. Tanto da meritare una risposta con ‘altri metodi’. Purtroppo non sappiamo quali, perché questa parte del documento è ancora oggi protetta dal segreto. Nel 1969 iniziò la stagione delle stragi e del terrorismo. E sa qual è la cosa più sconcertante?”.

Qual è?
“È che, salvo rarissime eccezioni, nessuno osa chiedere al governo di Sua Maestà di rendere pubblica quella parte del documento. Il nostro è uno strano paese. Ci si strappa i capelli chiedendo ogni giorno verità e giustizia, si piangono lacrime di coccodrillo a ogni commemorazione, si indaga all’infinito, si costituiscono commissioni parlamentari d’inchiesta a ogni piè sospinto, ma nessuno fa la cosa più giusta e naturale: chiedere a un governo, in teoria nostro amico e alleato, di confermare o smentire attraverso la desecretazione di un documento, se la sua intelligence ha avuto un ruolo oppure no nella strage di Piazza Fontana”.

È un problema dei media, del nostro ceto intellettuale, delle nostre classi dirigenti?
“Un problema? Altroché! È un problema grande quanto la catena dell’Himalaya. Le voglio citare un caso ancora più clamoroso. Come emerge dal nostro libro precedente, Il golpe inglese, e anche dai documenti pubblicati in Colonia Italia, nel 1976 la Gran Bretagna progettò un colpo di Stato per bloccare Aldo Moro, in quegli anni lo stratega della politica mediterranea e mediorientale dell’Italia. Il golpe non venne attuato perché si opposero Usa e Germania. Allora il governo inglese decise di fare da solo, appoggiando ‘una diversa azione sovversiva’, come si legge in un altro documento. Qual era la ‘diversa azione sovversiva’? Anche questa parte del documento è oscurata, e nessuno ha il coraggio di chiedere al governo inglese di desecretarla”.

Perché è un problema «grande quanto la catena dell’Himalaya», come lei dice?
“Perché gran parte dell’informazione italiana e del nostro ceto intellettuale ha partecipato alla guerra politica e propagandistica condotta con metodi non ortodossi contro l’Italia da un paese ‘amico’. Ne sono state le “quinte colonne” interne. E quindi non hanno alcun interesse a fare emergere questo aspetto imbarazzante. Quando si tratta di mettere l’Italia sul banco degli imputati, anche a ragione, ci vanno a nozze, con campagne martellanti che durano anni, a volte. Ma quando vai a toccare quel tasto delle azioni ‘sporche’ britanniche, scatta il silenzio, si girano dall’altra parte facendo finta di niente. Ecco il problema: una catena di complicità attiva ancora oggi. Che tristezza!”.

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