Paolo Lanaro torna in libreria con “Magazzino. Ricordi, note, frammenti, cianfrusaglie”, una raccolta di testi brevi o brevissimi in cui non mancano le sorprese, e che rievocano la sfaccettata avventura intellettuale dell’autore vicentino

Paolo Lanaro, classe ’48, è autore di raccolte di poesie (da L’anno del secco del 1981 a Le ore piccole del 2020, passando per Rubrica degli inverni del 2016 e ad altre raccolte) e di libri in prosa, tra cui Una tazza di polvere (2014), La città delle parole (2015), Contro i venti invisibili (2017) e Ogni cosa che passa (2019).

Lanaro è tornato in libreria per Cierre edizioni con Magazzino. Ricordi, note, frammenti, cianfrusaglie. Del resto, nel “retrobottega” di chi scrive nel corso degli anni si accumulano pensieri, note, aforismi, spezzoni di opere mai proseguite e altre carabattole. E, rovistando, si possono fare trouvailles curiose come da un rigattiere o come in un mercatino di anticaglie.

paolo lanaro

I brevi o brevissimi testi raccolti in questo volume, in cui non mancano le sorprese, rievocano l’avventura intellettuale dell’autore vicentino. Nella prefazione, il critico Goffredo Fofi parla di “uno strano libro di saggezza”, “di stimolo alla nostra intelligenza delle cose e dei rapporti, e alla nostra intelligenza dei modi in cui può aggire, oggi, la falsa coscienza, come si diceva una volta, dei nostri simili, degli ‘intellettuali’ come delle persone più comuni, dei nostri incontri quotidiani”, sottolineando inoltre la modestia e serietà dell’autore, dal cui rigore si dice attratto.

Nei pensieri di Lanaro trovano spazio, in effetti, temi e riferimenti diversi tra loro: dagli autori letti e amati a riflessioni più caustiche sul presente (anche letterario), dai ricordi personali e legati al mondo culturale, alle amicizie e le idee sui tempi in cui viviamo, per cui giungere alla conclusione con quattro testi dedicati agli incontri di Lanaro con i poeti Carlo Betocchi, Roberto Roversi, Vittorio Sereni e Andrea Zanzotto.

Così Lanaro chiude il ricordo dedicato a Zanzotto: “(…) L’ultima volta che l’ho visto, è stato a casa di un architetto vicentino, Flavio A. Era inquieto, non aveva voglia di fermarsi per la cena, dopo il convegno del pomeriggio. Non voleva far tardi. Diceva che le strade tra Treviso e Vicenza alla sera si riempivano di disgraziati che guidavano a velocità folle. Forse era vero, ma pensai che, a parte l’età, era un modo per esprimere il suo disaccordo col mondo, che vedeva frenetico, chiassoso, violento, sciagurato e immemore. Ricordai i versi di Vocativo: «la terra cieca ad ogni tentazione d’alba», gli «abissi di carbone», il «qui riversato dal nulla». Erano cose degli anni Cinquanta, ma lui auscultava già allora le pulsazioni scioccanti di un universo che sentiva essere senza pace”.

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