“Sono millenni che metafisici e scienziati, teologi e filosofi morali, provano a risolvere il problema del libero arbitrio, ma nessuno è mai riuscito a escogitare una proposta veramente soddisfacente…”. Una riflessione del filosofo Sossio Giametta a partire dal saggio “Realtà”, firmato da Mario De Caro

Per Hume il problema del libero arbitrio è la questione più controversa che filosofia e scienza si trovino ad affrontare e per Robert Nozick, filosofo di Harvard, è il problema più frustrante e ostinato.

Infatti, “sono millenni che metafisici e scienziati, teologi e filosofi morali provano a risolvere il problema del libero arbitrio, ma nessuno è mai riuscito a escogitare una proposta veramente soddisfacente”, afferma Mario De Caro in Realtà (Bollati Boringhieri).

È dunque, il problema del libero arbitrio, l’interrogativo filosofico per eccellenza? Ma per Franco Volpi l’interrogativo filosofico per eccellenza era invece la domanda di Heidegger (ripetuta da Leibniz e Schelling): Perché l’essere piuttosto che il nulla? Anche per Umberto Eco  questa era “la domanda filosofica più drammatica” (per gli heideggeriani il non plus ultra dell’interrogazione metafisica). Anche di qualche altro problema si sarà detto o si potrà dire che è il problema fondamentale della filosofia, per cui, se dovessi dire la mia, direi che, per la sua drammaticità e perduranza, il problema fondamentale della filosofia è invece quello del realismo e dell’idealismo. Esso fu infatti già agitato nell’antichità, poi rilanciato in forma grandiosa da Cartesio e dopo dibattuto per secoli, senza che se ne venisse mai a capo. E in effetti esso è ancora ben vivo, in forma profondamente rinnovata.

Di questo problema si tratta infatti in Realtà. Repetita che non iuvant? Tutt’altro! Questo libretto è una grande e preziosa novità, perché rilancia appunto il problema in forma strepitosamente innovativa, prospettando il problema e i tanti, problematici, tentativi di soluzione sullo sfondo non più e non solo o prevalentemente della filosofia moderna (Cartesio, Spinoza, Malebranche, Bacone, Berkeley, Hume e poi Kant ecc.), ma sullo sfondo soprattutto della scienza nell’epoca della scienza che è la nostra. Per questo, si può parlare di una sua completa rigenerazione.

L’impresa non era affatto facile, ai miei occhi sarebbe apparsa quasi impossibile, perché chi, non più solo in Europa, ma in tutto il mondo, conosce le posizioni degli scienziati e filosofi che se ne sono occupati ed è in grado di vagliare le loro posizioni? Eppure De Caro lo ha fatto, grazie alla sua grande preparazione e competenza in utraque philosophia, analitica e continentale oltre che nella scienza, con una chiarezza, completezza, misura è profondità senza pari. Dunque questo libro relativamente piccolo ha ai miei occhi un’importanza che non attribuirei oggi a nessun altro, perché nessun altro ci fornisce oggi, su questo problema capitale, profondamente drammatico, un quadro così completo, cristallino, profondo, con più equilibrati tentativi di soluzione.

Dico cristallino perché anche la lingua di questo libro è non meno di una performance dell’Autore, che macina e trasporta (legittima) nel nostro idioma espressioni e termini inusitati di scienziati e filosofi di tutto il mondo (per esempio la tedesca Zweckmässigkeit, conformità a legge, della natura come legalità della natura) . Ma soprattutto dell’autore e del libro è da lodare l’equilibrio e l’acribia, che dell’equilibrio fa parte. Accettare o respingere la tesi di un grande scienziato o filosofo odierno non è cosa da tutti: bisogna capire, avere la competenza per vagliare la validità e fornire le ragioni per la conclusione  negativa o positiva. Per questa ragione, l’Autore mi sembra uno che cammini con  sicurezza sul crinale di un monte, fiancheggiato da crepacci e pareti scoscese, giungendo ogni volta a una meta felicemente conclusiva.

La conclusioni di De Caro, infatti, in quanto sono le operazioni più difficili, sono la cosa più pregevole del libro. Richiedono infatti un complesso di doti, soprattutto un ingegno innato e nutrito per affrontare risolvere innumerevoli questioni, spesso secolari, di lana caprina. Particolarmente pregevole è nel libro la difesa della filosofia contro i troppi scienziati che ne decretano la morte o il superamento da parte della scienza. Senza togliere nulla alla scienza, che è ispirata e retta dallo stesso spirito di grandezza ed è sorella e base della filosofia, De Caro redarguisce addirittura gli scienziati spregiatori (Hawking, Dyson, ecc.) della filosofia i quali, aggiungo io, non sanno che, a causa della fatale inadeguatezza del finito all’infinito, quanto più avanzeranno nelle loro ricerche e scoperte, tanto più andranno a sbattere, da poveracci, contro la montagna dell’Essere e della Natura naturans, cioè contro la metafisica che è la più grande metafisica che c’è.

Per chi come me si affanna da decenni nello studio di questo problema, che tocca punti fondamentali della vita e della condotta della vita, questo libro è un dono e un aiuto così prezioso, che non ci si può esimere dal tributargli il più caldo elogio e un profondo attestato di gratitudine.

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