“Le lezioni all’aperto, in cortile, le lezioni in presenza di nuovo, finalmente, con qualcuno a rotazione a distanza, il pc con il microfono sulla cattedra per andare in onda per il pubblico in sala e il pubblico a casa. I recuperi all’ultimo minuto, gli scrutini, i tabelloni”… Non si può dire che l’anno scolastico appena concluso, tra banchi a rotelle e tanti disagi causati dalla pandemia, abbia fatto annoiare studenti e insegnanti. Su ilLibraio.it la riflessione, condita da un pizzico di amara ironia, della prof e scrittrice Valentina Petri

Pensavamo peggio, speravamo meglio.

Non si può dire che ci siamo annoiati, oddio, certe mattine in dad probabilmente sì. Ma, in generale, di cose a scuola ne sono successe anche troppe. Siamo partiti con i pallini per terra sotto i banchi, i banchi divisi, i banchi a rotelle, smettila di ondeggiare con quel banco!, i banchi da passare con le salviette intrise di gel. Le finestre aperte, i piumini addosso. Le barriere di plexiglass. Le testate sulle barriere di plexiglass, almeno vuol dire che è pulito se non lo si vede.

La classe 3A che deve fare il percorso 3, la classe 1B che deve fare il percorso 1, le classi che entrano alle 9 che devono entrare dal portone e le classi che entrano alle 8 che devono entrare dal tetto. Gli intervalli scaglionati, le campanelle ogni mezz’ora, tre quarti d’ora, sempre, pareva il paese dei campanelli. Le classi con il rientro al pomeriggio in presenza che rientrano a distanza, qualunque cosa voglia dire. La follia delle circolari da interpretare peggio delle terzine di Nostradamus.

E intanto il PAI dell’anno scorso da recuperare e la DDI da reimpostare. La visiera da saldatore per passare tra i banchi, con la tua voce che ci rimbomba dentro, i guanti di lattice, le verifiche lasciate nel cassetto a decantare. Le lezioni a distanza, con metà classe in presenza. Le aule piene, vuote, mezzo piene, come i bicchieri, quelli che buttavamo giù la sera per cercare di capire i DPCM.

Siamo rossi, stiamo a casa al 50%, al 75%. Siamo rossi, ma siamo in presenza, siamo gialli ma siamo in quarantena. Siamo arancioni ma il nostro comune è rosso rubino intenso con riflessi violacei. I tamponi, hai fatto il tampone, hai fatto il sierologico, l’esito quando arriva, l’asl cosa dice. L’aula Covid, tutti dentro al primo starnuto, non puoi telefonare a casa? e allora stai qui, devi aspettare, mettiti bene quella mascherina, fidati il naso ci entra tutto.

Le cose all’ultimo minuto, sapere la sera della domenica se il giorno dopo bisogna andare a scuola, se bisogna portarci i figli, capire dove mettere i figli se la scuola è chiusa, capire dove è finita la password di Classroom, mannaggia a me che non mi faccio un foglietto. Mamma non mi si apre il link. E intanto prof non la vedo. Mamma non mi va la telecamera. Prof non la sento.

Il vaccino. Il sito per prenotare il vaccino, non mi si apre la videata, mi sono prenotato ma non mi chiamano. Beati voi che l’avete fatto, nella mia regione ancora niente, io invece sono già alla seconda dose, gnegnegne. Le notifiche sul telefono alle due di notte, abbiamo di nuovo un caso, c’è una classe in quarantena, tipregotiprego fa’ che non sia la mia.

Le lezioni all’aperto, in cortile, le lezioni in presenza di nuovo, finalmente, con qualcuno a rotazione a distanza, il pc con il microfono sulla cattedra per andare in onda per il pubblico in sala e il pubblico a casa. I recuperi all’ultimo minuto, gli scrutini, i tabelloni.

È andato anche quest’anno.

Sinceramente avrei preferito annoiarmi. Magari l’anno prossimo.

portami il diario

L’AUTRICE  – Valentina Petri vive a Vercelli, dove insegna lettere all’istituto professionale Francis Lombardi. Dal 2017 condivide le sue storie di scuola sulla pagina Facebook Portami il diario, che dà anche il nome al suo primo romanzo, in libreria per Rizzoli. Un libro in cui racconta la scuola dal punto di vista (autoironico) di una prof di lettere in un istituto professionale.

Quando entra in aula per la prima volta, infatti, Valentina è Quella Nuova e ha davanti ventotto futuri meccanici: c’è uno che si rifiuta di togliere gli auricolari e un altro che messaggia con la tipa; c’è Amebo che fissa il vuoto con aria indifferente; Piallato steso sul banco per nascondersi; il Trucido che ingurgita un panino al tonno. Siamo a settembre, ma l’anno scolastico sembra già lunghissimo. Eppure i giorni passano: passano sempre. E, tra petardi esplosi in cortile e turbolente gite all’Expo, capitano momenti di inaspettata meraviglia, in cui gli studenti abbassano la guardia e scelgono di fidarsi. Sono i momenti raccontati in questo libro, che ci riporta tra i banchi e ci ricorda che i ragazzi, se tendi loro la mano, sanno stupirti come nessun altro.

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