Giada Sundas commenta con la sua consueta ironia uno studio scientifico secondo cui stare a casa con i figli è più stancante e stressante che andare a lavoro…

Ho recentemente letto un articolo secondo cui uno studio scientifico ha affermato che stare a casa con i figli è più stancante che andare a lavoro. Uno studio scientifico. Con gli scienziati. Le lavagnette. I diagrammi di flusso.

Ora, immaginate di aver studiato per anni, di aver pianto sangue su ogni libro. Immaginatevi mentre spiegate a zia Assunta, al pranzo di Natale, che anche quest’anno vi mancano cinque esami, come lo scorso. E quello prima. Poi, magari, immaginatevi a preparare un esame mentre percorrete sei chilometri in bicicletta per consegnare il sushi. O anche di peggio, se siete stati fortunati all’ufficio di collocamento…

Immaginate di riuscire a conseguire la laurea in meno di quindici anni e senza cadere nel tunnel dell’alcolismo; di trovare addirittura un lavoro che ha più o meno un legame con quello che avete studiato; di venire pagati in denaro dell’attuale conio e di poter pure indossare un camice. Riuscite a visualizzarvi in questo paradiso proletario? Bene, perché è proprio lì che qualcuno ha detto “ehi, che ne dite di fare una ricerca che dica che le donne col culo grosso sono più intelligenti?”.
“No”, ha risposto qualcun altro, “facciamone una che dica che fare l’albero di Natale a luglio è sinonimo di felicità”.
“Stronzate, proviamo al mondo che chi dice parolacce ha un quoziente intellettivo più alto”.
“E se facessimo uno studio che affermi come lavorare sia meno stancante che stare a casa con i figli?” .
“Grande”.
“Genio” .
“Vado a prendere il compasso”.

Non sono laureata, ho solo la qualifica di partecipazione ai corsi dell’accademia della vita, ma vi riassumo in cinque brevi punti perché andare a lavoro è meno stancante che occuparsi dei figli, e lo faccio indossando una felpa dell’idrosanitaria e senza assi cartesiani:

– A lavoro nessuno mi chiede di sbucciargli una palla di frutta per poi piantare un piagnisteo megagalattico perché era la palla sbagliata.
– A lavoro non devo scegliere tra un annaffiatoio, un caco mela e uno strumentopolo misterioso e motivare la mia scelta.
– Nessuno mi chiede di estrarre chiavi inglesi, farfalle e cacciaviti dal corpo di un uomo non anestetizzato col naso luminoso.
– A lavoro non sono costretta a vedere principi a cavallo che baciano cadaveri di donne mai viste prima trovate nei boschi.
– A lavoro nessuno vuole piantare una mozzarellina in un vaso e attendere che ne nasca una pianta. Attendere lì, seduti.

Se i ricercatori si fossero impegnati un po’ di più, poi, avrebbero scoperto che andare a lavoro ci dà la possibilità di sentire la mancanza dei nostri bambini e poterli abbracciare più forte una volta tornate a casa.

L’AUTRICE – Giada Sundas è una giovane madre molto seguita in rete. Sui social racconta la sua esperienza di “madre imperfetta ma imperterrita” con freschezza e ironia. Il suo romanzo d’esordio, edito da Garzanti nel 2017, si intitola Le mamme ribelli non hanno paura, e racconta la storia di Giada dal giorno in cui la piccola vita di Mya, sua figlia, ha cominciato a crescere dentro di lei. Nel 2018 è uscito il suo secondo, atteso libro, Mamme coraggiose per figli ribelli, in cui l’autrice torna a parlare del mestiere più difficile del mondo: fare la madre. Con la sua inconfondibile vena ironica…

Qui tutti gli articoli di Giada Sundas per ilLibraio.it.

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