Perché abbiamo bisogno di leggere? E perché a volte desideriamo rileggere un libro che ci è piaciuto? E se ci è piaciuto, possiamo dire che quell’opera è “oggettivamente” un testo di valore? Partendo dalle teorie della ricezione, un approfondimento sull’esperienza della lettura, sul ruolo del lettore e sulla nostra capacità di comprendere per davvero quello che leggiamo

Perché abbiamo bisogno di leggere? Da cosa nasce questa esigenza?

Sono diverse le ragioni per cui ci avviciniamo a un testo, ma se ci riflettiamo un po’ possiamo rintracciare due motivi principali: la necessità di conoscere informazioni e la ricerca di piacere estetico.

Ridotte all’osso, le due motivazioni che ci spingono verso la lettura sono quindi opposte: da un lato siamo mossi dall’utile, dall’altro dal dilettevole.

In ogni caso, qualsiasi sia il motore, la lettura è un’attività che richiede un dispendio di tempo e di energie, e per tanto ogni lettore, quando si approccia a un libro, si aspetta di essere ripagato dalla manzoniana fatica di leggere.

Si tratta perciò, per dirla con le parole del critico Vittorio Spinazzola, “di un raffronto tra costi e ricavi: quanto mi ha reso la lettura di quel testo, rispetto all’impegno che ho dovuto profondere per appropriarmene? Se si tratta di una lettura letteraria, l’interrogativo suona: quale ricchezza e intensità di godimento dell’immaginazione mi ha procurato?”.

Il ruolo del lettore

Da quando hanno iniziato a circolare le teorie della lettura e della ricezione, nel mondo del libro il lettore ha assunto un ruolo centrale, quasi più dello scrittore e dell’editore: senza di lui, l’opera letteraria in sé non esiste, se è vero che quest’ultima è una trottola che prende vita quando è in movimento, ovvero quando qualcuno la legge.

In Qu’est que la litterature? (1947) il filosofo esistenzialista Jean Paul Sartre sostiene che senza lettori non c’è letteratura: in pratica un libro, se non è letto da nessuno, è solo un oggetto materiale privo di senso. Un mucchio di fogli pieni di parole e inchiostro, senza alcun valore. C’è quindi un vincolo fortissimo tra chi legge e chi scrive, anche perché si scrive sempre per essere letti (per fino da se se stessi, visto che ogni scrittore è prima di tutto un lettore).

Il valore di un’opera

Dopo la rivoluzione del romanzo, leggere è diventato un fenomeno estremamente personale e individuale. Un gesto muto, solitario, intimo. Ogni lettore, quando entra in contatto con un testo, ha un suo bagaglio di conoscenze, un suo trascorso letterario, un suo gusto e una sua sensibilità. Si può dire quindi che ognuno formula dei giudizi diversi dagli altri e che, ognuno di questi giudizi, ha una suo senso di essere.

Ma allora non esiste oggettività nel valutare un testo?

Non proprio. Perché se è vero che il giudizio estetico cambia di soggetto in soggetto, è anche vero che il valore di un’opera letteraria può essere stabilito solo da lettori consapevoli, esperti, studiosi e letterati. E non da lettori di puro piacere, per intenderci.

Un esempio? Io posso dire che soggettivamente non mi piace I promessi sposi, ma oggettivamente non posso non riconoscerne il valore letterario. Bisogna quindi distinguere (almeno sul piano teorico) tra lettura di gusto e lettura di competenza, anche se, come ci ricorda sempre Spinazzola, è quasi impossibile separarle sul piano pratico: “Dal testo ci proviene un appello totale, che investe la globalità delle nostre attitudini: competenza e gusto sono due dimensioni di attività che si rafforzano a vicenda, nella concretezza del leggere”.

Le due letture risultano quindi strettamente collegate: più divento competente, più il mio gusto si affina. Dall’altra parte il mio desiderio di essere educato è frutto di una mia attitudine, di quanto mi piaccia o non mi piaccia leggere.

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Leggere e rileggere

Vi siete mai chiesti perché rileggete un libro? La risposta giusta, come spesso accade, è quella più immediata: rileggiamo un libro perché ci è piaciuto. Perché i nostri sforzi di lettura sono stati ben ripagati, e quindi siamo disposti a rinnovare quell’esperienza.

L’atto di rileggere possiede però una natura più profonda e consapevole, e può decretare effettivamente il valore di un testo. Da un lato perché decidere di tornare su un libro significa che quel libro è riuscito a soddisfare le nostre necessità e le nostre aspettative; dall’altro perché la seconda lettura sarà più diligente e critica della prima, nella quale non potevamo essere particolarmente attenti, perché eravamo mossi principalmente dalla curiosità (il letterato Karlheinz Stierle la definisce addirittura una “non lettura”).

Leggere una seconda volta è quindi un’azione più letteraria e formalizzata: è volta a cogliere le tecniche e le complessità di un’opera, a decifrarne i significati profondi, a non lasciarsi trascinare esclusivamente dagli eventi della trama. Non si sofferma esclusivamente sul contenuto e dunque può comprendere davvero l’essenza e il valore di quanto scritto.

È sempre Spinazzola a scrivere: “Secondo Gramsci il popolo legge ‘contenusticamente’, cercando nel melodrammatismo appendicistico una consolazione dei suoi guai e una rivalsa immaginosa delle ingiustizie che patisce. Solo il lettore educato letterariamente sa evitare i tranelli dei sogni a occhi aperti”.

Leggere consapevolmente

Si può quindi dedurre che se leggere è una pratica soggettiva che, come abbiamo detto all’inizio, deve soddisfare necessità o piaceri personali, rileggere invece è un’azione orientata in senso più oggettivistico, perché mira ad approfondire aspetti del testo – lo stile della prosa, la voce dell’autore, il ruolo e il significato sociale dell’opera – che prima erano passati in secondo piano.

Certo, non è detto che la rilettura si risolva sempre in una vittoria, anzi: è possibile che un libro che ci è piaciuto una volta, possa non piacerci rileggendolo. Viceversa, un libro che non ci era piaciuto in passato può stupirci positivamente e smentire il giudizio che avevamo elaborato in precedenza.

Quel che è certo è che per diventare un lettore consapevole bisogna leggere e rileggere: solo avendo molteplici termini di paragone si potranno raggiungere gli strumenti necessari per decifrare il valore del testo che abbiamo davanti agli occhi. E solo così potremo finalmente accostarci alla lettura in modo totale e completo.

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