Continuando a onorare un’iniziativa che prosegue da trent’anni, un comitato di sette autori affermati ha scelto tra migliaia di dattiloscritti sette esordienti che, con sensibilità, spessore ed equilibrio, rappresentino l’Italia in versi e i suoi “nuovi spazi” – I dettagli e alcuni componimenti delle poetesse e dei poeti selezionati, confluiti nel volume “Quindicesimo quaderno italiano di poesia contemporanea”

Nel 2020, un comitato di lettura formato da Franco Buffoni, Umberto Fiori, Massimo Gezzi, Fabio Pusterla, Claudia Tarolo e Marco Zapparoli ha selezionato la voce di sette giovani poeti italiani considerati meritevoli.

L’iniziativa, che prosegue da trent’anni, si svolge con cadenza biennale e consente a sette autori affermati di scegliere tra migliaia di dattiloscritti sette esordienti che, con sensibilità, spessore ed equilibrio, rappresentino l’Italia in versi e i suoi “nuovi spazi“.

Copertina del libro Quindicesimo quaderno italiano di poesia contemporanea

L’ultima selezione ha visto spiccare i nomi di Dario Bertini (Legnano), Simone Burratti (Padova), Linda Del Sarto (Lucca), Emanuele Franceschetti (Macerata), Matteo Meloni (Pinerolo), Francesco Ottonello (Cagliari) e Sara Sermini (Varese), i cui componimenti sono stati ora pubblicati da Marcos y Marcos in un volume a cura di Franco Buffoni, dal titolo Quindicesimo quaderno italiano di poesia contemporanea.

A impreziosire ulteriormente la pubblicazione, le prefazioni di Andrea De Alberti, Guido Mazzoni, Franca Mancinelli, Massimo Gezzi, Fabio Pusterla, Paolo Giovannetti e Antonella Anedda, che presentano di volta in volta le autrici e gli autori coinvolti, guidando alla lettura dei loro versi e suggerendo possibili chiavi di lettura della loro poetica.

Su ilLibraio.it, per gentile concessione della casa editrice, pubblichiamo una poesia per ogni esordiente:

 

Dario Bertini

da Il caffè della sala infermieri

N.1

La stanza numero uno era un acquario,
ma non c’erano pesci, nemmeno acqua,
alghe di plastica, sassolini sul fondale:
c’erano, invece, due donne nel letto,
ciascuna da sola, ognuna che nuotava per sé
e c’era un caldo che sembravano i tropici,
ma non c’erano palme, fiori esotici
e lunghe spiagge di sabbia bianca: non c’era
niente di tutto questo, soltanto il culo nudo
della vita, che ti prende alla gola, da un corridoio
bianco, che sembra non finire mai, ma appena
dietro la porta la paura divorava anche il buio,
gocciava lenta la flebo, c’era bisogno di pensare
a tutto, di non pensarci troppo, se fuori
fischiava ancora la felicità, un abbaiare di cani,
la stanza numero uno era un acquario,
due pesci facili a farsi pescare

 

Simone Burratti

da Nuovi modi per uscirne

Grisù che dorme

Alle mie spalle ci sei tu che dormi e mi aspetti. Riesci a fare le due cose insieme, come se il tuo cervello dormisse per aspettare meglio, oppure aspettasse per potersi addormentare.

Io sono qui, bravo ad essere quello che sono: una persona seduta al computer. Perpendicolare a te, due metri di abisso fino al letto in cui non voglio scivolare, leggo articoli sull’antispecismo per criticarti meglio domattina.

In un futuro prossimo, le idee che ci dividono non saranno più uno stimolo dialettico, una reazione chimica esplosiva, ma solo una muraglia su cui scrivere sopra con le unghie, senza parlarci più. Gli schemi sembreranno un labirinto, il mio braccio sarà seppellito dal tuo lato.

C’è tanto verde nel lato del letto in cui dormi tu. Anche tanto blu. Le zanzare ti inseguono come se fossi incinta. Se i cani del vicino abbaiassero, potrei sentirti girarti sul fianco per l’ultima volta nella mia vita.

Mi dispiace. Non ho avuto la forza per stare meglio entrambi. E adesso è così giorno, è così tardi. Minuti e millenni prima di alzarmi e stendermi accanto a te. L’alba che ha smesso di essere un’alba, esaurendo la sua simbologia nel suo contrario.

Aspetterò che tutto scada secondo i miei calcoli. Lascerò all’inerzia l’altalena della sopportazione. Nel frattempo, sognerai che una persona non è da un’altra parte, non sfugge al tuo controllo, non ti abbandona; eppure non è lì.

Linda Del Sarto

da Questi che siamo

Trenta volte mi siedo, trenta volte
mi alzo
: l’animale lento
che cammina scalzo è tempo
tolto al tempo di passare.
Ogni istante segue l’altro
e prova a fargli male.
Se il mondo è un panno zuppo
è un mare in piena di parole.
Mi sdraio a ripulire il suo fondale,
badando a non ripetere l’errore.
Aversi a male
è andare a male sempre.
Ma al rammendo visibile
sulle tue tempie
basta un cerotto d’acqua:
tutto l’oceano amaro
che riunisce i nostri fiumi.

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Emanuele Franceschetti

da Testimoni

Tutto questo che guardi sembra dirti che è notte fonda.
Che anche nelle case più sicure c’è un segreto di morte,
vetri sul pavimento, parole come scorie.
Domani altro dolore da schivare:
i notiziari, l’ora legale, la conta dei decessi.
E invece tu lo guardi come uno che non può
testimoniare un finale diverso per il corpo,
un’altra casa, un altro essere figlio
oppure padre senza figli,
sempre inchiodato alla frontiera, sempre
nel vivo dell’enigma.

 

Matteo Meloni

da La danza degli aironi

Matura sulla buccia della mela
la sua cancrena il tarlo
che dura oltre l’albero
covando in noi chissà quale terreno.

Dovremo – mi dicevi – imparare
a sciogliere i legami,
alternare di generazione
in generazione gli affetti, mancare
al tempo come le piante

imitare per gioco
la danza degli aironi.

 

Francesco Ottonello

da Futuro remoto

un tempo l’australopiteco
per ringraziare di una nuova cattura
alzava il piccolo suo verso il cielo
come me non ha memoria del nome

l’angoscia di pietre che si sfasciano
sentirsi soli, tremendamente in bilico
attende il nuovo e gli manca già tutto
l’abbraccio che stenta, non sapere morire

il vuoto è un’inutile pretesa di stare
malinconia e manicomio della specie
assenza di ritorni, espansa vita

finirà per ucciderlo e noi ancora
a un albero aggrappati
qui come a un sogno

 

Sara Sermini

da Diritto all’oblio

Catharanthus roseus

Sono soltanto fiori. Trabocchi
di fiori e fiorisci
nella sicurezza dei nomi.

Nome comune: pervinca del Madagascar.
Apocinacee. Famiglia delle Apocinacee:
piante dicotiledoni. Se ne
ricavano due alcaloidi

— dacci oggi
vincristina et vinblastina a
nucleo indolico monoterpenico.
Amen.

Sullo schermo, splendida,
l’immagine istopatologica:
rosa e viola
come i petali della pervinca.

 

(continua in libreria…)

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