“Il tatuatore di Auschwitz” di Heather Morris ha avuto successo in tutto il mondo. Ma ha anche suscitato polemiche legate alla veridicità dei fatti raccontati – Il caso

Pubblicato in Italia lo scorso anno, Il tatuatore di Auschwitz di Heather Morris (Garzanti, traduzione di Stefano Beretta) racconta la storia di Lale, un ebreo slovacco il cui compito era quello di tatuare la matricola numerica di riconoscimento sul braccio degli ebrei che arrivavano nel lager.

Un romanzo che ha avuto successo in tutto il mondo, ma che non ha mancato di ricevere critiche e suscitare polemiche. L’Auschwitz memorial Research Center, come ha raccontato anche Il Foglio, ha infatti sollevato critiche nei confronti dell’autrice, lamentando il fatto che “tanti degli eventi riportati nel libro sono poco coerenti e le informazioni incomplete, che il romanzo cede troppo all’interpretazione di fatti che a interpretazione non dovrebbero essere soggetti, in quanto storici”, accusandola, inoltre, “di aver fornito una sua lettura di eventi accaduti senza aver fatto una ricerca appropriata”.

Davanti a queste accuse la Morris si è difesa, affermando che “è stato lo stesso Lale a raccontare la sua storia”. L’uomo è poi morto nel 2006 e, in seguito, l’autrice ha deciso di scrivere il romanzo, aggiungendo quindi che proprio di questo si tratta, di “un’interpretazione nata da dei racconti”.

Nonostante le critiche, l’autrice ha annunciato che è al lavoro sull’uscita di un sequel, intitolato Cilka’s journey, sul quale l’Auschwitz memorial ha già espresso perplessità. Un altro romanzo sulla vita dei prigionieri del lager che vede protagonista Cilka, una ragazza di sedici anni, già conosciuta nel primo libro, che diventa schiava sessuale di una dei comandanti delle SS.

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