L’aspetto che conta di più nella nostra vita sono le relazioni con gli altri e la qualità di queste relazioni. Lo conferma la lettura del nuovo volume firmato dalla psicoterapeuta Philippa Perry, “Il libro che vorresti leggessero le persone che ami – Saggi consigli su come avere relazioni equilibrate con gli altri e con noi stessi” – Su ilLibraio.it un capitolo, dedicato alla gestione dell’ansia e dello stress

Ogni relazione è frutto di impegno e di fatica, perché nessun essere umano è identico a un altro. Sapere come impostare un sistema di relazioni sane, attraverso un lavoro consapevole su noi stessi, è il presupposto per una vita felice.

Questa la premessa a Il libro che vorresti leggessero le persone che ami – Saggi consigli su come avere relazioni equilibrate con gli altri e con noi stessi (Corbaccio, traduzione di Elisabetta De Medio), il nuovo libro di Philippa Perry.

L’autrice esercita come psicoterapeuta da più di vent’anni. Tiene inoltre una rubrica di posta dei lettori per la rivista Red, e ha lavorato per la BBC e Channel 4 in molti programmi e documentari. Oltre ai saggi Couch Fiction, a Graphic Tale of Psychotherapy e How to Stay Sane, è autrice del bestseller Il libro che vorresti i tuoi genitori avessero letto, pubblicato in Italia da Corbaccio.

Il libro che vorresti leggessero le persone che ami di Philippa Perry

Come spiega nel libro Philippa Perry, che vive a Londra con il marito, l’artista Grayson Perry, e la figlia Flo, l’aspetto che conta di più nella nostra vita sono le relazioni con gli altri e la qualità di queste relazioni. Con la famiglia, con il partner, con gli amici e, cosa fondamentale, con noi stessi. Se riusciamo a sintonizzarci con gli altri in modo funzionale ed equilibrato, allora tutte le sfide complesse che la vita ci presenta diventano più facili da gestire. Ma talora accade, inevitabilmente, di incontrare difficoltà grandi e piccole nei nostri rapporti. In questi momenti, troppo spesso ci arrovelliamo sul perché le cose non vanno come vogliamo: “perché il mio partner mi ha lasciato?”, “perché mio figlio si comporta male?”, “perché mi sento così infelice?”.

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Siamo concentrati sulla ricerca di una spiegazione, mentre in realtà quel che conta, come spiega Perry, è sempre il come: come amiamo, come litighiamo, come riusciamo a sentirci appagati e, soprattutto, come sappiamo cambiare, adattandoci agli alti e bassi della vita e alla mutevolezza dei rapporti umani. Perché, sebbene non siamo responsabili del comportamento degli altri, siamo responsabili di come noi reagiamo e quel che Philippa Perry ci insegna è proprio come prenderci cura delle relazioni con gli altri, lavorando su di noi, perché è sempre insieme agli altri che troviamo la serenità e la gioia di vivere.

Su ilLibraio.it, per gentile concessione della casa editrice, proponiamo un capitolo:

COME CI SENTIAMO APPAGATI
Trovare la pace interiore, la realizzazione e il significato

Una delle cose che ostacolano il nostro senso di appagamento è l’importanza che diamo come collettività all’essere felici. La felicità è uno stato di esaltazione. Pensatela come un guizzo di gioia mista a sorpresa quando ricevete il messaggio di un amico che vi fa piacere sentire, o quando riuscite a finire prima il lavoro e vi resta il tempo per una passeggiata all’aperto. La felicità è un sentimento di breve durata. Sarebbe impossibile essere felici tutto il tempo.

In quest’ultimo capitolo vorrei invece concentrarmi sull’appagamento e sul significato che ha per voi. Sentirsi appagati significa essere soddisfatti della propria vita; è uno stato d’animo di default a cui possiamo aspirare a lungo termine. Se riusciamo ad accettare tutte le nostre emozioni, anche quelle meno piacevoli, possiamo usarle per farci da guida. Questo capitolo si propone di aiutarvi a capire e a gestire tutte le diverse emozioni, per permettervi di costruire un solido senso di appagamento.

GESTIRE LO STRESS E L’ANSIA

Ogni età ha i suoi stress: superare gli esami, trovare un’occupazione che si ama, resistere a fare un lavoro che si odia, conflitti, desiderio di un compagno, desiderio di un figlio, isolamento materno, preoccupazioni finanziarie, preoccupazioni abitative, solitudine, divorzio, ricerca di successo, di più soldi, di un corpo più forte, di sesso migliore, di pelle più liscia; imparare quando si deve rallentare, pianificare gli ultimi anni della propria vita, gestire la stanchezza e la debolezza. È stressante fare cose che ci mettono alla prova, che non abbiamo mai fatto prima e che potremmo non riuscire a fare. E ancora più stressante è quando ci riusciamo, raggiungiamo l’obbiettivo che ci eravamo prefissati, ma non proviamo la soddisfazione che ci aspettavamo. Può capitare a qualsiasi età di trovarci di fronte alla sfida di dover conciliare l’immagine che abbiamo di noi stessi con la realtà esterna.

Proviamo stress e ansia per una miriade di ragioni e può sia essere uno stato d’animo momentaneo che perdurare nel tempo. Ma non tutto lo stress è negativo: stressarsi è anche un modo di mantenere in forma il cervello. Se non c’è stress la mente non lavora, è come se non si allenasse. Lo stress buono crea stimoli positivi, spingendoci a imparare cose nuove e a essere creativi. Imparare cose nuove a sua volta induce la formazione di nuove connessioni neurali, e più ne abbiamo meglio è. Se pure una parte del cervello dovesse spegnersi, avere più connessioni neurali significa che le altre parti possono collegarsi tra loro più rapidamente per sostituire quella danneggiata.

Anche lo stress buono, tuttavia, può essere troppo. Livelli elevati e continui di stress portano a stati di panico e dissociazione. La dissociazione è una disconnessione tra i pensieri, le sensazioni, i sentimenti e le azioni, e si manifesta come una sorta di vuoto mentale. Il panico e la dissociazione possono causare il burnout, quindi cosa si può fare per evitarli?

Ho ricevuto una lettera da un giovane a cui l’ansia e lo stress stavano creando così tanti problemi da minare la sua quotidianità.

Ho 32 anni, un lavoro di successo e un’adorabile fidanzata. Ho subito una buona dose di traumi durante l’infanzia e la vita adulta e ho alcuni problemi di salute. Il mio problema al momento è che i miei livelli di ansia sono così alti che ogni mattina mi ritrovo bloccato dalla paura. Faccio fatica a lavarmi e a vestirmi e non mi sento motivato a fare nulla. Ma non è solo questo. Mi sento fisicamente male al pensiero di lasciare la sicurezza delle quattro mura della mia camera da letto. Per non pensare, tendo a rivedere la stessa serie TV decine di volte. L’unico momento in cui mi sento veramente al sicuro è la notte, quando tutti dormono e sono solo: il mondo è silenzioso e ci sono solo io. Temo i fallimenti e le persone che si aspettano cose da me. Ho paura di rimanere prigioniero delle loro aspettative e di non essere in grado di soddisfarle. Sono così demotivato al lavoro che faccio fatica a rendere quanto dovrei. Il mio è un ruolo molto stressante e mi sento sempre profondamente insicuro. Cosa posso fare?

Stare solo per quest’uomo è un modo di ritrovare l’equilibrio. Vedere sempre la stessa serie TV gli dà l’illusione di poter controllare il futuro, perché sa già esattamente che cosa accadrà. È comprensibile che lo trovi rassicurante, avendo subito dei traumi in passato. Analizzeremo più a fondo il trauma più avanti in questo capitolo, ma spesso subirne uno implica aver avuto uno shock. Sembra che quest’uomo viva in un costante stato d’allerta, tenendosi sempre pronto. I muscoli tesi gli assicurano di essere preparato in modo da non subire un altro shock la prossima volta che «succede», di qualunque cosa si tratti. Anche noi possiamo cadere nella trappola di organizzare il nostro corpo e i nostri pensieri in relazione al passato invece che al presente, magari vivendo in un continuo stato di preoccupazione, che non è certo utile come inconsciamente pensiamo.

Per gestire lo stress, tutti noi sviluppiamo delle strategie adattive, anche dette di coping. Alcuni parlano apertamente di come si sentono, altri ricorrono alla meditazione, alla psicoterapia, alla religione o all’esercizio fisico.

Altre strategie di coping sono meno utili: l’alcolismo, il superlavoro, l’ossessione per l’impressione che si dà all’esterno a scapito di come ci si sente. Passare la notte in bianco, essere ossessionati dal lavoro, trascurare il proprio corpo, non avere una vita personale o sociale sono accettabili come soluzioni d’emergenza, a patto che la modalità di emergenza non diventi la norma. Le strategie di coping meno salutari possono diventare insostenibili quando il corpo si ribella a come lo usiamo. Una donna mi ha chiesto aiuto perché a seguito della pandemia e della morte del marito ha visto riemergere un vecchio disturbo alimentare da cui credeva di essere guarita da decenni. L’anoressia era stato un suo meccanismo di coping e non c’è da stupirsi che sia tornata in un momento di grande stress. Non è certo la sola: molti di noi sono caduti in comportamenti autodistruttivi durante la pandemia. Non c’è nulla di cui vergognarsi ad avere momenti in cui lo stress è semplicemente troppo. La forza non sta nella resilienza, ma nel riconoscere la propria vulnerabilità. L’ultima cosa di cui abbiamo bisogno quando ci troviamo in una posizione difficile è di vergognarci: ci occorrono invece aiuto e compassione, a partire da quella che proviamo per noi stessi

Se avete bisogno di fermare i pensieri che si rincorrono nella vostra testa, vi esorto di nuovo ad ascoltare il vostro respiro. Provate subito: smettete di leggere questo libro e prestate attenzione a come respirate. Ascoltate il suono di quando inspirate e quando espirate. In questo modo entrate in contatto con il presente. Prima di alzarvi al mattino, restate a letto e acquisite consapevolezza del vostro respiro per uno o due minuti. Vi capiterà di distrarvi, la vostra mente andrà altrove; riportatela sul vostro respiro.

Non so voi, ma io ho smesso di scrivere per un momento e ho fatto questo esercizio e mi sono sentita subito più calma. Cinque minuti al giorno di concentrazione sul respiro possono fare una grande differenza.

Un altro esercizio utile per quando vi sentite ansiosi è passare in rassegna il vostro corpo per capire quali muscoli sono tesi e quali rilassati. Amo usare l’esempio del trovatello. Immaginate di salvare un cane randagio. Quando alzate la mano per accarezzarlo, lui si tira indietro perché ha paura di essere percosso. Questa reazione si basa su esperienze passate, ma è diventato il suo modo di organizzare il suo corpo nel presente, una reazione istintiva. Funziona così anche per noi. Se in passato eravamo sempre ipervigili per qualsiasi motivo, lo restiamo anche nel presente e questo influisce su come ci sentiamo. Tratteniamo le emozioni nel nostro corpo. Quello che possiamo fare è osservarlo quando pensiamo o proviamo certe cose, e provare a correggerlo, rilassando i muscoli tesi poco per volta e facendo attenzione a come questo ci fa sentire. Più o meno ansiosi?

È più facile aumentare lo stato di tensione di quanto non lo sia rilassarsi, ma quando acquisiamo consapevolezza della nostra tensione possiamo imparare ad allentarla. Ci aiuterà a liberare anche la mente

Un’altra tecnica contro l’ansia che consiglio è quella di scrivere le vostre paure facendo una lista numerata. Cercate di essere più specifici che potete. Poi cambiate tutti i «ma se» in «e allora?» e fate caso a come cambia il vostro linguaggio. Tutti abbiamo bisogno di sviluppare e preservare il nostro osservatore interiore. Capire ciò che si prova quando si è stressati, ansiosi o super impegnati può non essere una priorità, ma deve esserlo perché i nostri sentimenti sono come le spie del cruscotto in un’auto. Nessuno penserebbe che spegnere la spia del carburante sia una buona strategia di guida, e per lo stesso principio è bene osservare i nostri sentimenti piuttosto che reprimerli, perché ci avvertono di quando abbiamo bisogno di riposare, di giocare, di cercare il contatto con gli altri. Quando ignoriamo i sentimenti, questi gridano più forte, che tradotto significa: ci fanno sentire peggio. Non tenere in conto i sentimenti significa rischiare un ammutinamento delle emozioni. Il mio consiglio è di ascoltarli, prenderli in considerazione quando prendete le vostre decisioni e trovare in essi un aiuto, senza lasciargli campo libero, naturalmente. Non dovete farvi dominare. La via di mezzo è sempre la migliore, il che significa prendere decisioni consultando sia la testa che il cuore.

(continua in libreria…)

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