La dieta mediterranea è stata dichiarata patrimonio culturale immateriale dell’umanità dell’UNESCO nel 2010. Nel suo nuovo libro, “La mia dieta mediterranea – La madre di tutte le diete, sana e sostenibile, con i cibi di tutto il mondo”, Nicola Sorrentino, celebre dietologo, la rielabora e racconta tutti i benefici per l’ambiente e per la nostra salute dell’uomo – Su ilLibraio.it il capitolo dal titolo “Dieta mediterranea 4.0: una visione integrata per il futuro”
La mia dieta mediterranea (Salani), il nuovo libro di Nicola Sorrentino, dietologo, autore bestseller e docente presso l’Università degli Studi di Pavia e Milano, rielabora la dieta mediterranea sottolineandone gli innumerevoli effetti benefici.
Questa dieta, non a caso, è stata dichiarata patrimonio culturale immateriale dell’umanità dell’UNESCO nel 2010, e Sorrentino, aggiungendo sapori e ingredienti da ogni angolo del mondo – i cereali del Maghreb e del Sud America, il bulgur e la quinoa tra gli altri – la esalta e definisce “la madre di tutte le diete“.
Dal 1985 Sorrentino, laureato in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Milano e specializzato in Scienza dell’alimentazione e dietetica, in Idrologia, climatologia e talassoterapia, si occupa di problemi legati all’alimentazione e in La mia dieta mediterranea non manca di evidenziare quanto una sana alimentazione possa migliorare la salute degli individui.
A questo tema, l’autore classe ’54 (che dirige la Iulm Food Academy e la Columbus Clinic Diet di Milano) affianca anche il tema della sostenibilità: mangiare cibi non solo sani ma locali e a basso impatto ambientale per il bene del pianeta.
Su ilLibraio.it, per gentile concessione della casa editrice, proponiamo un estratto:
Dieta mediterranea 4.0: una visione integrata per il futuro
La Dieta mediterranea, spesso celebrata per i suoi effetti benefici sulla salute, è oggi al centro di una nuova visione globale chiamata ‘Dieta mediterranea 4.0’. Questo approccio innovativo non si limita solo a considerare gli aspetti nutrizionali, ma include anche la sostenibilità ambientale, il valore socioculturale e i benefici economici. Un modello olistico che offre un percorso verso una società più sana, equa e rispettosa dell’ambiente. La crisi climatica e il suo impatto sulla salute umana e sulla povertà hanno spinto diversi Paesi e agenzie internazionali a riesaminare il proprio sistema alimentare all’interno dell’agenda per lo sviluppo sostenibile.
Una dieta realmente sostenibile non può ignorare la stretta relazione tra il sistema di produzione del cibo, il consumo alimentare, la salute umana e il rispetto degli ecosistemi. La FAO ha stimato che entro il 2050, per soddisfare le esigenze di una popolazione mondiale in crescita, con una domanda sempre più ingente di prodotti animali, la produzione alimentare dovrà aumentare di almeno il 60%. Una sfida incredibile per la sicurezza alimentare e la sostenibilità, considerando che le risorse naturali sono già molto sfruttate e degradate. Come potremmo conservare le risorse naturali per le generazioni future e allo stesso tempo fornire quantità e qualità sufficienti di cibo per soddisfare i requisiti nutrizionali di una popolazione globale in crescita?
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Nel 2010 presso la FAO, a Roma, è stata elaborata la prima definizione di ‘dieta sostenibile’: un modello alimentare caratterizzato da un basso impatto ambientale, rispettoso della biodiversità e degli ecosistemi, culturalmente accettabile, basato su prodotti accessibili, economicamente equi e convenienti, con effetti positivi sulle generazioni presenti e future, adeguato dal punto di vista nutrizionale e sicuro. A partire da questa definizione multidimensionale, un panel di esperti internazionali ha identificato quattro ambiti, che potremmo considerare i quattro ‘pilastri’ su cui si costruisce il valore di un modello alimentare, per poi analizzarli nel contesto della Dieta mediterranea.
Primo pilastro: effetti sulla salute umana. La Dieta mediterranea, grazie all’abbondanza di frutta, verdura, cereali integrali, olio di oliva, pesce, antiossidanti e fibre, favorisce la salute dell’intero organismo, mentre il consumo moderato di proteine animali limita l’accumulo di grassi saturi e colesterolo. A partire dallo studio pionieristico di Ancel Keys, considerato il padre della Dieta mediterranea, molte evidenze scientifiche ne hanno dimostrato l’effetto protettivo sulle malattie cardiovascolari, il miglioramento del microbiota, della salute riproduttiva, della qualità del sonno e la prevenzione di numerose malattie croniche e degenerative. Tra queste, ad esempio, la riduzione del rischio di sviluppare vari tipi di tumore, soprattutto quelli dell’apparato digerente, del pancreas, del fegato e dell’endometrio. Rispetto alla dieta occidentale, quella mediterranea soddisfa maggiormente il fabbisogno di sali minerali, antiossidanti e vitamine, favorisce il mantenimento di un peso corporeo più sano e riduce l’incidenza della sindrome metabolica e del diabete di tipo 2. Inoltre, la Dieta mediterranea influenza positivamente il processo di invecchiamento, ritardando il declino cognitivo legato al morbo di Alzheimer, riduce l’infiammazione, migliora la funzionalità del sistema immunitario e contrasta la depressione.
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Secondo pilastro: sostenibilità ambientale. Moltissimi studi hanno dimostrato che la Dieta mediterranea ha un impatto ambientale inferiore rispetto ad altri modelli alimentari. Una dieta a base vegetale, in cui i prodotti animali hanno un ruolo marginale, riduce lo spreco di risorse idriche e di emissioni di gas serra. La Dieta mediterranea favorisce il consumo di prodotti locali e stagionali, che hanno un impatto ecologico di gran lunga inferiore rispetto a quelli importati o fuori stagione. Comparata ad altri modelli alimentari, la Dieta mediterranea sostiene sistemi agricoli rispettosi della biodiversità, incoraggia l’uso di un’ampia gamma di cereali, frutta e verdura non solo coltivati ma anche di tipo selvatico, promuove l’agricoltura biologica e la pesca responsabile e contribuisce così a proteggere gli ecosistemi naturali.
Terzo pilastro: valore socioculturale. Nel 2010, l’UNESCO ha riconosciuto la Dieta mediterranea come patrimonio culturale immateriale dell’umanità, descrivendola così: «un insieme di competenze, conoscenze, rituali, simboli e tradizioni, che vanno dal paesaggio alla tavola. Mangiare insieme è il fondamento dell’identità culturale e della continuità delle comunità in tutto il bacino del Mediterraneo. La Dieta mediterranea enfatizza i valori dell’ospitalità, del vicinato, del dialogo interculturale e della creatività e uno stile di vita guidato dal rispetto per la diversità». La frugalità, intesa come moderazione, limitazione dagli eccessi, è il principio fondamentale della Dieta mediterranea e si esprime nella cura della preparazione del cibo, nella moderazione delle porzioni e nell’evitare gli sprechi. È legata all’alto valore culturale, sociale ed economico che il cibo ha per tutti i popoli del Mediterraneo. Nelle culture mediterranee, infatti, il cibo ha un valore che va ben al di là del suo contenuto di nutrienti. I pasti in famiglia e in comunità rafforzano i legami tra le persone, sono un momento di convivialità, di divertimento e piacere e rappresentano un’opportunità quotidiana di scambio sociale e comunicazione. La Dieta mediterranea, però, è anche espressione della diversità delle culture alimentari mediterranee: è un patrimonio storico socioculturale intimamente legato agli stili di vita dei popoli del Mediterraneo nel corso della loro storia, con una miriade di tradizioni alimentari, differenze religiose e culturali.
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Quarto pilastro: benefici economici. La valorizzazione delle specificità locali e la promozione della conservazione di attività e mestieri tradizionali favoriscono l’equilibrio tra territorio e popolazione, rappresentando così un beneficio anche per le economie locali. L’agricoltura, la pesca e l’artigianato possono trarre grande vantaggio da un sistema alimentare che premia la qualità, la stagionalità e la sostenibilità. Un modello che può contribuire alla creazione di nuovi posti di lavoro e allo sviluppo di imprese sostenibili, soprattutto nelle aree rurali.
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