Pietro Belfiore, Davide Bonacina, Davide Rossi, Andrea Fadenti e Andrea Mazzarella, ideatori del collettivo Il Terzo Segreto di Satira, arrivano in libreria con “La paranza dei buonisti. Manuale di sopravvivenza al ventennio sovranista”: utilizzando stereotipi e slogan politici degli ultimi anni, costruiscono una sorta di manuale che scimmiotta gli atteggiamenti associati all’elettorato sovranista e, nel farlo, strappa al lettore risate amare. Chi conosce il collettivo grazie a YouTube saprà bene cosa aspettarsi: da Greta Thunberg al movimento femminista, dalla comunità LGBTQ+ alla crisi migranti, dalla satira non si salva nessuno… – L’approfondimento

Si scrive La paranza dei buonisti, ma si legge Sovranismo, istruzioni per l’uso e no, non è una trovata pubblicitaria dei comunisti col rolex: è il libro de Il Terzo Segreto di Satira, La paranza dei buonisti. Manuale di sopravvivenza per il ventennio sovranista (Longanesi).

Troppa polemica per un solo paragrafo? Eppure è inevitabile, un libro del genere, che suscita, e vuole suscitare, sentimenti forti e contrastanti fin dal titolo, non può nascondersi dietro sorrisi cortesi e placidi compromessi; niente falsi buonismi, per l’appunto. Pietro Belfiore, Davide Bonacina, Davide Rossi, Andrea Fadenti e Andrea Mazzarella parlano (e scrivono) senza peli sulla lingua.

Chi già li conosce dovrebbe sapere cosa aspettarsi: sono loro, Il terzo Segreto di Satira, collettivo nato nel 2011 che riunisce cinque ex studenti delle Scuole Civiche di Cinema, Televisione e Nuovi Media di Milano; sono noti su Youtube, con circa 100mila iscritti, dove il loro canale accoglie a braccia aperte l’infinito potenziale satirico della politica di questi anni e della sua deriva mediatica, lasciando spazio alle dinamiche sociali e umane che ne conseguono; com’è che si dice? Si ride per non piangere.

“Scopo dichiarato di questo manuale – scrivono gli autori nell’Introduzione – è aiutare il lettore buonista, desideroso di integrarsi nella società sovranista, a conoscere, capire e immedesimarsi nel ‘nemico’ e nel suo modo di pensare e agire. Per farlo adotteremo una sorta di ‘metodo Stanislavskij’: il linguaggio che useremo sarà realmente scurrile e aggressivo, le argomentazioni davvero elementari e semplificate”.

Il “tu” a cui Il Terzo Segreto di Satira si rivolge è un ideale lettore “buonista”, nell’accezione stereotipata che il termine ha recentemente acquisito, andando a designare quella parte di elettori che non si riconoscono nelle percentuali del centrodestra, della destra, né del Movimento Cinque Stelle. Dall’altro lato, il “nemico” è il prototipo dell’elettore di Salvini, più volte citato nel testo, nella sua forma più caricaturale. Non solo, il libro si rivela un attento calco del linguaggio e degli atteggiamenti associati a entrambe le fazioni, di cui imita le posizioni e scimmiotta le voci, sfruttando stereotipi e luoghi comuni che il lettore non può non riconoscere: secondo questo stile vengono snocciolati i consigli del manuale che, bisogna ricordarlo, hanno il solo scopo di aiutare il lettore buonista a nascondersi in mezzo ai sovranisti senza venire sopraffatto; l’intenzione, sia detto, non è quella di indottrinare al sovranismo.

Gli autori scandiscono il volume in quattro capitoli tematici: Sopravvivi al lavoro, Sopravvivi al buonsenso, Sopravvivi all’amore, Sopravvivi ai social, tutti e quattro corredati di una parte teorica e di un test di autovalutazione conclusivo; inoltre, ogni capitolo presenta una Storia di Vita Vissuta, un racconto breve, una narrazione esemplare degli insegnamenti impartiti. Un po’ come gli exempla dell’oratoria latina, se vogliamo. In fondo, “Ci piacerebbe che questo fosse un libro utile, un self help di quelli che fanno fare cose: riordinare casa, dimagrire in sette giorni o smettere di fumare”. Eppure, riconoscono, “questo libro potrebbe farvi innervosire e quindi indurvi a fumare di più”.

La formula manualistica si rivela efficace: fornisce la giustificazione perfetta per imitare, esporre e ridicolizzare, spesso portando alle estreme conseguenze delle retoriche ormai arcinote; vale per Greta Thunberg come per il decalogo di consigli sulla formulazione di un CVI, Curriculum Vitae Italiano, rigorosamente sovranista, dove si legge: “Se non è strettamente necessario elimina ogni titolo di studio. Il titolo di studio spesso corrisponde a un rompicoglioni che conosce i suoi diritti, meglio evitare. Tanto, dato che non sei zingaro (in caso di nominativo ambiguo vedi punto 2), le scuole dell’obbligo le hai fatte”. Ricorda qualcuno?

Così procede, strappando sorrisi e qualche amara risata: La paranza dei buonisti si fa beffe degli slogan politici che hanno martellato le orecchie degli italiani negli ultimi anni, frasi sentite così spesso da aver perso qualsiasi significato.

“Il buonsenso è come il prezzemolo, sta bene su tutto, ma attenzione perché si incastra tra i denti. […]
«Tutta l’Africa in Italia non ci sta, è buonsenso!». «Se non riesco a pagare le tasse è giusto evaderle, è buonsenso»”.

Si scherza, è chiaro, ma la risata ha un retrogusto amaro: nel predire tutte le imposizioni del sovranismo non si può non notare quanto le cose siano già cambiate, quanto il processo abbia già raggiunto uno stadio molto più che avanzato; il che è evidente, soprattutto sui social: “un vero e proprio campo minato. L’universo social è senz’altro il terreno più insidioso su cui muoversi e questa discesa agli inferi necessita di estrema concentrazione”.

Come negarlo? Negli ultimi anni i social network sono entrati prepotentemente nella comunicazione politica, stabilendo nuovi registri linguistici, diverse formule comunicative, cambiando le regole e le carte in tavola; per chi volesse omologarsi ai tempi che corrono, Il Terzo Segreto di Satira suggerisce tre parole chiave della comunicazione social media sovranista: Aggressività, Normalità, Italianità. Inoltre, “Facebook, Twitter e compagnia bella sono il regno dell’approssimazione e da questa considerazione nasce la nostra Sesta Regola:

Non è importante quello che si dice, ma è fondamentale dire la propria su ogni argomento: bisogna dare l’impressione di essere sempre attivi, sul pezzo e di avere un’idea nitida su tutto”.

Un manuale vero e proprio, con tanto di test di autovalutazione, sulla scia di Istruzioni per diventare fascisti (Einaudi) di Michela Murgia, uscito nel 2018 e corredato da Fascistometro; non solo, è in arrivo un altro libro che tocca questi temi, Buonisti un cazzo (Feltrinelli), di Luca Bottura, che si presenta come una ribellione all’etichetta di “buonista” e agli stereotipi cui è associata. La sensazione è che si senta il bisogno di libri che rendano anche solo vagamente tollerabile il clima attuale, in cui non è facile barcamenarsi: “Se dai del fascista a un fascista ti sentirai subito meglio, è vero. Ma se fai così con Salvini, per esempio, avrai ottenuto l’unico risultato di offrire al tuo interlocutore l’occasione di gridare indignato all’insulto, deviando così l’attenzione da questioni più concrete”.

Quindi che fare? La soluzione potrebbe essere la resistenza discreta del buonista, che spera di sopravvivere al sovranismo e lentamente minarne le basi. Che sia possibile? Non è ancora dato saperlo, ma gli autori sembrano confidare molto nelle future generazioni, nei politici e negli elettori di domani, cui è indirizzata la Lettera al futuro Leader che conclude La paranza dei buonisti.

Nel frattempo, tra la “Pasta al ragù d’anatra e Ribolla gialla” e la “Pasta al ragù pronto scondita e Morettone da 66 cl” bisogna sempre scegliere la seconda.

 

Nota: la foto in alto è © Michele Iacobini. Da sinistra: Davide Rossi, Pietro Belfiore, Andrea Fadenti, Andrea Mazzarella e Davide Bonacina.

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