“Non si tratta di ‘sportivizzare’ oggi la filosofia per renderla più accattivante, ma di farla rivivere nella sua originaria dimensione atletica che nessun serio studioso dell’antichità può negare”. Su ilLibraio.it la riflessione del filosofo Simone Regazzoni in occasione del festival “Rocksophia”, che nell’anno delle Olimpiadi è dedicato al tema “muoversi”. E che ricorda: “Come ha scritto la filosofa americana Avital Ronell, i Platonici organizzano tornei di lotta, olimpiadi. All’epoca lo sport, l’atletismo non erano distinti dalla filosofia…”.
Consideriamo scontato che la filosofia pensi attraverso il dispositivo dell’alfabetizzazione e che i libri siano lo spazio privilegiato del pensiero filosofico. L’atto stesso del filosofare e dell’apprendere la filosofia sembra essere contenuto nella bidimensionalità della pagina scritta attorno a cui ruotano i due gesti propri della filosofia che sono due precise tecniche del corpo: scrivere e leggere.
Gesti che non sono essenzialmente mutati con l’evolvere delle tecniche e delle tecnologie di scrittura e lettura, e a cui è connaturata una postura che abbiamo incorporato a fatica, dopo anni e anni di addestramento, come postura della formazione dei soggetti al sapere: l’essere-seduti fermi, in un luogo chiuso, il più silenzioso possibile.
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Ecco la filosofia imprigionata in un dispositivo potentissimo che nemmeno i critici più acuti e raffinati dei dispositivi hanno mai messo in discussione. La filosofia non ha mai avuto il coraggio dell’arte: uscire dalla bidimensionalità della superficie bianca, dalla pagina come dalla tela per mettere in gioco il corpo vivo del filosofo al di là del dispositivo alfabetico. Almeno a partire dal momento in cui vi è rimasta imprigionata, anima e corpo.
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Perché non è stato sempre così. All’origine della filosofia ci sono un uomo che non scrive, Socrate, e il suo allievo Platone, il filosofo-atleta che insegna in una palestra mescolando insieme allenamento nella lotta e dialogo filosofico, che critica duramente libri e scrittura e ci offre un’immagine mitica dell’origine della filosofia come movimento del corpo e cambio di postura.
Non si tratta di “sportivizzare” oggi la filosofia per renderla più accattivante, ma di farla rivivere nella sua originaria dimensione atletica che nessun serio studioso dell’antichità può negare. Come ha scritto la filosofa americana Avital Ronell: “I Platonici organizzano tornei di lotta, olimpiadi. All’epoca lo sport, l’atletismo non erano distinti dalla filosofia”.
Ma già nei Prolegomena Philosphiae Platonicae del VI secolo d.C. leggiamo a proposito di Platone: “Prestò grande attenzione allo sport e fu vittorioso in due competizioni, a Olimpia e a Nemea”. Non è un caso allora che Platone, filosofo campione a Olimpia nella lotta o nel pancrazio, quando descrive, attraverso un mito, la nascita stessa della filosofia metta in scena un gesto semplice e potentissimo: alzarsi in piedi.
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Questo gesto è al cuore del famoso mito della caverna attraverso cui Platone ci descrive la condizione dei viventi umani e la rottura operata dal filosofo. Gli uomini, per Platone, vivono imprigionati, seduti con delle catene al collo, nel fondo di una caverna. Davanti a loro, sul fondo della caverna, scorrono delle ombre che gli uomini, che non possono girare il collo, scambiano per la realtà. Dietro di loro, a metà della strada in salita che porta verso l’uscita della caverna, c’è un muretto con dietro un fuoco. Tra il fuoco e il muretto si muovono altri uomini che portano sulle spalle sagome di oggetti e di altri viventi la cui ombra si proietta sul fondo della caverna come in un proto-cinema. Ecco come vivono gli uomini, secondo Platone: seduti immobili davanti a uno schermo su cui scorrono immagini. Una vita che, nella sua immobilità e passività, è quasi una morte e che assomiglia incredibilmente alla nostra attuale condizione esistenziale.
Che cosa fa il filosofo? Il filosofo non scrive e nemmeno parla. Il filosofo è colui che è costretto a un’azione: alzarsi in piedi. La filosofia è alzarsi in piedi, è la vita che si alza in piedi, la vita che torna alla vita, che risuscita, rompendo le catene che inchiodano i viventi a terra davanti allo schermo. Il verbo greco usato da Platone è anistamai che significa anche “alzarsi dal letto”, “riaversi dopo una malattia”, “risuscitare”.
Ora, per una singolare coincidenza, la parola che dice il movimento primo della filosofia è la parola che apre la canzone sportiva più famosa di tutti i tempi, con cui milioni di atleti si sono allenati: Eye of the tiger dei “Survivor”, colonna sonora di Rocky III, che inizia come tutti sanno con rising up, un verbo che significa “alzarsi in piedi”.
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Ma di cosa parla questa canzone del 1982? Parla dell’alzarsi come cambio di postura esistenziale. Parla dello stare in piedi e dell’andare dritti fino alla cima. Parla, precisamente, del movimento al cuore della caverna di Platone. Il testo e il ritmo della canzone sono scritti a partire da un primo montaggio del film Rocky III di cui Eye of the tiger diventerà la colonna sonora, e i cambi di accordi sono sincronizzati con i pugni sul ring. Allenamento e musica non hanno nulla a che fare con la filosofia? Parlando della formazione dei filosofi nella Repubblica, il padre della filosofia afferma che i filosofi devono essere educati “con la ginnastica e la musica”. Se un giorno qualcuno realizzasse il film su Platone sognato dal filosofo Alain Badiou non potrebbe mancare una scena in cui il padre della filosofia, preparandosi per le olimpiadi, si allena sulle note di Eye of the Tiger.
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L’AUTORE – Simone Regazzoni, allievo di Jacques Derrida, ha conseguito un dottorato in Filosofia in cotutela presso le Università di Parigi VIII e Genova. Ha insegnato presso l’Università Cattolica di Milano e l’Università di Pavia. Attualmente è docente presso l’IRPA (Istituto di Ricerca di Psicoanalisi Applicata) di Milano e collabora con la Scuola Holden di Torino. È autore di una quindicina di volumi, tra cui ricordiamo: La filosofia del Dr. House (co-autore con lo pseudonimo Blitris), Ponte alle Grazie, 2007; La filosofia di Lost, Ponte alle Grazie, 2009; La filosofia di Harry Potter, Ponte alle Grazie, 2017; Derrida, Feltrinelli, 2018; La palestra di Platone, Ponte alle Grazie, 2020; Oceano, Ponte alle Grazie, 2022. È autore di tre romanzi: Abyss, Longanesi, 2014; Foresta di tenebra, Longanesi, 2017; I segni del male, Rizzoli, 2020. Nell’aprile del 2023 ha vinto il premio Parmenide. Sempre nel 2023 è uscito per Ponte alle Grazie Mia figlia, la filosofia – La forza dell’infanzia e della paternità.
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IL FESTIVAL – La riflessione di Simone Regazzoni che pubblichiamo è tratta dall’intervento del filosofo e autore in occasione dell’edizione 2024 di Rocksophia, terza tappa del festival Popsophia, che si tiene a Civitanova Marche fino al 28 luglio. Nell’anno delle Olimpiadi, in particolare, Rocksophia dedica questa edizione al tema “muoversi”. Dalla passione per lo sport, all’atteggiamento dinamico verso il futuro e verso il mondo, una celebrazione del movimento che parte dalla cura del corpo come cura dell’anima. Regazzoni è intervenuto venerdì 26 luglio celebrando sport, motori e Olimpiadi. Sul sito ospiti e programma. La direzione artistica del Festival è di Lucrezia Ercoli.