Il romanzo di formazione – che ha fatto conquistare a Nicolas Mathieu il Goncourt nel 2018 – racconta la storia di tre ragazzini di una sperduta provincia francese, i cui destini si intrecciano nel corso di una lunga e torrida estate. A fare da sfondo, uno scenario di criminalità e crisi, fabbriche dismesse e droghe sempre più difficili da trovare: arido al punto da inglobare qualsiasi forma di affetto, gravando su questi ragazzi con tutto il peso del fallimento delle loro famiglie e tracciando i solchi di un destino annunciato che genera desiderio di fuga… – L’approfondimento

Heillange, Loira francese: provincia sperduta che, nel corso di una lunga e torrida estate, vede intrecciarsi i destini di tre ragazzini diversissimi tra loro per origini e vissuto. Anthony, quattordicenne cui un difetto alla palpebra conferisce un’aria torva, cresce all’ombra della crisi coniugale dei genitori dovuta alla disoccupazione e all’alcolismo del padre, e alla frustrazione di una madre che ha svenduto la sua bellezza alle false promesse di una periferia che non paga; Hacine, adolescente che sconta ancora l’integrazione non riuscita del padre emigrato dal Marocco; Stephanie, bella e viziata, “inarrivabile” preda di passioni e capricci che tardano a definire la sua identità.

Come in ogni adolescenza degna di questo nome, il loro incontro avviene all’insegna di sentimenti esacerbati: l’amore, l’attrazione sessuale, il rifiuto, il rancore, la violenza.

A fare da sfondo, lo scenario privo di romanticismo di criminalità e crisi, fabbriche dismesse e droghe sempre più difficili da trovare: arido al punto da inglobare qualsiasi forma di affetto, gravando su questi ragazzi con tutto il peso del fallimento delle loro famiglie e tracciando i solchi di un destino annunciato che genera desiderio di fuga.

marsilio E i figli dopo di loro

“A casa erano licenziati, divorziati, cornuti o malati di cancro. Erano normali, insomma, e tutto quello che esisteva al di fuori passava per relativamente inammissibile. Le famiglie crescevano così, su grandi gettate di rabbia, su sotterranei di dolori agglomerati che, sotto l’effetto del Pastis, potevano tornare su di colpo, nel bel mezzo di un pranzo festivo. Sempre più Anthony si immaginava superiore. Sognava di squagliarsela“. 

Nelle prime pagine di questo romanzo vincitore del prix Goncourt 2018, Nicolas Mathieu sembra voler filtrare il ritratto di una società allo sbaraglio attraverso lo sguardo non più innocente e in qualche modo già vecchio di giovani protagonisti ai quali appare precluso qualsiasi percorso formativo a lieto fine: le pagine tuttavia si susseguono fluide, e sulla chiusa di una moto rubata e incendiata li fanno ritrovare a distanza di anni, alle prese con la maturità, la consapevolezza sessuale raggiunta, gli obiettivi più nitidi.

L’abilità di Mathieu e la potenza della sua scrittura consistono proprio in questo: senza che ci si renda conto del processo in atto, il lettore passa dal suo ruolo di semplice spettatore di quello che sembra presentarsi come il solito racconto di gioventù bruciate a essere totalmente imbrigliato in un intrico di relazioni complicate che generano empatia. 

La fissa di Anthony per Stephanie, il desiderio di riscatto di lei e l’esistenza sempre più ai limiti della legalità di Hacine, risvegliano tutti gli echi di un’adolescenza che, come esperienza di vita, sembra solo un lontano ricordo. Complici, ovviamente, i drammi di un’età adulta che avanza senza pietà piegando le sue vittime in una sorte che non lascia spazio a speranze e sogni – di cui Helene e Patrick, genitori di Anthony, sono l’emblema.

Nicolas Mathieu

E i figli dopo di loro (Marsilio, traduzione di Margherita Botto), titolo che riassume in sé la fatalistica condanna che grava sulla provincia ignorata dal progresso, è un romanzo corale orchestrato come la più impervia delle montagne russe: la tensione dell’ascesa, il fiato sospeso sul momento in cui le tre vite si incroceranno ancora, il climax costruito intorno all’inevitabile esplosione che si innesterà. Una parabola che raggiunge il culmine nell’evento per eccellenza più rappresentativo della vita di periferia: il falò estivo, preludio a tante bramate partenze, tappa di momentanei ritorni, detonatore dell’inevitabile fine. Da qui, la discesa, con la dolorosa e spiazzante consapevolezza del miraggio di quelle vette solo apparentemente sfiorate, ma irraggiungibili.

Alcuni riescono a fuggire, a evadere dai confini soffocanti della provincia. Altri, invece, rimangono: e, sotto la cappa asfissiante di una comune condanna, si riconciliano. Il comune denominatore di queste esistenze rimane uno e uno solo: “Quell’impronta che la valle gli aveva lasciato nella carne. La terribile dolcezza dell’appartenenza”.

Nel delineare la delicatezza di questi rapporti nati nel tormento delle passioni e loro malgrado smorzati dalla violenza della vita sta la forza di un romanzo di formazione che guarda alla tradizione di genere con grande originalità.  

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