Lutto per la morte a 84 anni del linguista Tullio De Mauro, che si è sempre battuto per la difesa dell’istruzione e la promozione della lettura: “Serve un governo che metta al primo posto la scuola”

Come abbiamo raccontato, è morto a Roma a 84 anni Tullio De Mauro, ex ministro dell’Istruzione, grande linguista, docente universitario, presidente della Fondazione Bellonci (che promuove l’ambito Premio Strega) e autore di molti libri.


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Come testimoniano queste dichiarazioni tratte da sue recenti interviste, De Mauro si è molto speso per la promozione della lettura e la difesa della scuola:

“Serve un governo che metta al primo posto la scuola. Non solo in termini di danaro – il danaro alla fine conta poco – ma in termini di cura, di attenzione. E poi serve un gran lavoro degli insegnanti, che senza essere santi ed eroi come Mario Lodi o Don Milani, devono fare in modo che gli alunni più bravi servano da sostegno e indirizzo ai meno fortunati” (da un’intervista a Linkiesta, 2016);

“Da molti anni, perlomeno dalla Storia linguistica dell’Italia unita del 1963, ho cercato di raccogliere dati sull’analfabetismo strumentale (totale incapacità di decifrare uno scritto) e funzionale (incapacità di passare dalla decifrazione e faticosa lettura alla comprensione di un testo anche semplice) e ho cercato di richiamare l’attenzione dei miei illustri colleghi sul peso che l’analfabetismo ha sulle vicende linguistiche e, ovviamente, sociali in Italia” (da un’intervista a La voce di New York, 2016);

“L’italiano ha un congegno più complicato dell’inglese o del francese, richiede un controllo che la scuola può offrire. Ancora oggi una consapevolezza piena la si acquisisce alle superiori, quando queste funzionano bene. Il che non è sempre vero: soprattutto il triennio finale è rimasto molto indietro. I programmi non sono stati aggiornati e l’impianto è troppo segmentato in discipline e poco attento alle competenze trasversali” (da un’intervista a La Repubblica del 2016);

“Il confronto internazionale si fa più aspro e stringente: siamo indietro. E la cosa peggiora. Sembra che riguardi solo chi spulcia statistiche o si occupa di scuola, università, ricerca. Io confesso tutto il senso della mia impotenza. Dovremmo riuscire a scuoterci da questo letargo, e se letargo è parola difficile, aggiungo che dovremmo scuoterci da questo sonno di fronte ai problemi della nostra cultura diffusa e della nostra acquisizione di strumenti minimi per l’orientamento nella vita sociale. L’ Ocse è buona e generosa quando parla del 28% degli italiani: i dati a cui Ocse attinge ci dicono di fronte che di fronte a un testo scritto o parlato complesso il 70% degli italiani si trova in difficoltà e si ripiega su se stesso, nella vita privata, e non riesce a vivere la vita di una società complessa come quella italiana. Se fossimo un paese contadino potremmo accontentarci: ma non lo siamo. In molti, da Marchionne al politico, dovrebbero svegliarsi. Come alcuni cercano di essere svegli”. (da un’intervista a Fahrenheit, Radio3, del 2016)

“Continuo a sperare che l’interesse di accedere alla rete, a tutto ciò che la rete offre di buono o meno buono, spinga nella direzione del riabituarsi, dell’abituarsi a leggere molto. Nei bambini questo sembra abbastanza evidente, ma non abbiamo al momento indagini che ci permettano di affermare con sicurezza che questa mia opinione è giusta. Credo che la rete spinga nella direzione di poter capire un testo scritto, spinga nella direzione della promozione della lettura” (da un’intervista a Wired del 2016);

“I testi italiani più comprensibili? Lettera a una professoressa di don Milani è da questo punto di vista eccezionale. Usa praticamente solo parole del vocabolario di base e i periodi sono molto brevi. Lo stesso discorso vale per Teta veleta dell’attrice e regista Laura Betti. La Regola di san Francesco è un altro illustre e insuperabile esempio. Buoni anche i testi di Pavese, del primo Sciascia, di Calvino, di Sandro Veronesi, della Mazzantini, della Ginzburg. E, un po’ più indietro nel tempo, in maniera diversa fra loro, sono stati importanti su questa strada Artusi, Collodi e il De Amicis di Cuore” (da un’intervista a l’Avvenire del 2014);

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