In “Dimmi come va a finire” la messicana Valeria Luiselli racconta le storie dei minori che arrivano negli Usa dall’America Latina e riflette sull’identità e i diritti, soprattutto in questi anni che stanno vedendo l’irrigidimento delle leggi nazionali sull’immigrazione promosse dal governo Trump. Nel suo libro, a metà tra il pamphlet e il memoir, tuttavia l’autrice propone una riflessione globale, capace di toccare tutti nel profondo…

Nonresident alien: sembra un termine preso in prestito da un romanzo di fantascienza, invece è la definizione usata in America per etichettare gli stranieri residenti nel paese in attesa della green card. La scrittrice messicana Valeria Luiselli – conosciuta per i suoi romanzi La storia dei miei denti, Volti nella folla e Carte false, tutti pubblicati in Italia da La Nuova Frontiera nella traduzione di Elisa Tramontin – è stata recentemente una di loro. E ha deciso di scriverne nel suo Dimmi come va a finire (La Nuova Frontiera, traduzione di Monica Pareschi).

Nell’opera l’autrice ripercorre un periodo in cui, insieme alla nipote, prestava servizio come traduttrice volontaria per il Tribunale Federale per l’Immigrazione di New York, dove ha lavorato a stretto contatto con giovani migranti. Minori non accompagnati che hanno compiuto viaggi lunghissimi dal Centro e dal Sud America verso gli Stati Uniti, con la speranza di una vita migliore.

Il compito di Luiselli è porre una serie di domande, in spagnolo, ai ragazzini, spesso perfino a bambini molto piccoli, raccoglierne le risposte e tradurle in inglese. Dai resoconti dei giovani sulle loro condizioni di vita nella madrepatria dipende il loro futuro. Solo chi è in grado di dimostrare di essere scappato da violenze inaudite è in grado di restare negli USA, a tutti gli altri spetta il rimpatrio forzato. Ma è una missione quasi impossibile, perché, come scrive Luiselli, “le storie che i bambini raccontano sono sempre frammentarie, balbettanti, inconciliabili con l’ordine imposto dalla narrazione. Il problema quando si prova a raccontarle è che non hanno inizio, né centro né fine”.

Valeria Luiselli

Con il suo memoir-pamphlet Valeria Luiselli ci racconta queste storie, vicende di bambini e ragazzi cresciuti nella violenza e nella precarietà, che non vedono l’ora di ricongiungersi a genitori e parenti emigrati negli Stati Uniti, ma a cui non sempre la bandiera a stelle e strisce offre la protezione sperata. Tra queste spiccano le vicissitudini di Manu – sedicenne che è partito dall’Honduras per raggiungere la zia a New York dopo che il suo migliore amico è stato ucciso davanti ai suoi occhi da una gang – con cui Luiselli mantiene i contatti.

Una storia più attuale che mai quella descritta in Dimmi come va a finire, soprattutto visto il clima che si respira negli Usa dall’inizio della presidenza Trump. Un capo di stato che recentemente avrebbe definito le nazioni da cui provengono i migranti “cessi” e che fin dalla sua campagna elettorale ha sottolineato il suo desiderio di chiudere le frontiere nazionali, perfino erigendo un muro lungo il confine con il Messico.

Luiselli, tuttavia, si spinge anche oltre all’attualità e alla politica e, attraverso le domande che pone ai bambini e ai ragazzi che incontra quasi ogni giorno, si mette in gioco in prima persona, sottoponendosi a un continuo processo di introspezione in cui riflette a fondo sul valore di concetti come l’identità e l’appartenenza, in cerca di una risposta alla domanda che le ha posto la figlia riguardo alle storie dei giovani migranti, e da cui prende il titolo l’opera. Anche se, come andrà a finire, ancora non lo sappiamo.

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