In Irlanda è stato introdotto in alcune scuole elementari, in via sperimentale, l’insegnamento della Filosofia, e la novità sembra piacere anche a molti pedagogisti italiani. Su ilLibraio.it l’analisi dell’insegnante e scrittrice Simonetta Tassinari, che fa una serie di proposte su come si potrebbe parlare di filosofia ai bambini

In Irlanda e nel Regno Unito è stato introdotto in alcune scuole elementari, in via sperimentale, l’insegnamento della Filosofia, e la novità sembra piacere anche a molti pedagogisti italiani. La finalità generale di questa rivoluzione è di potenziare il pensiero critico in un mondo sempre più invaso, e forse anche dominato, dalle macchine, dalla tecnologia e dalla massificazione nei comportamenti.  Lo spunto non è recentissimo, benché le motivazioni non siano le stesse;  anche in passato qualcuno  ha affermato che un’analisi delle proprie sensazioni e delle proprie idee, con una  guida adeguata, proposta fin dall’infanzia, avrebbe favorito, in senso lato, tutte le facoltà dello spirito. Nell’Ottocento Jules Lequier scriveva addirittura che avrebbe anteposto il bambino perfino a un contadino che non avesse letto niente (che considerava adattissimo per affrontare la  metafisica), perché dai bambini ci si può attendere che pongano domande sorprendenti, semplici e profonde, e abbiano la giusta pazienza per ascoltare le risposte.


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Ma che tipo di Filosofia si potrebbe insegnare a bambini, diciamo, dai sette anni in su? Secondo il principio di Comenio dell’”insegnare tutto a tutti”, ma in modo graduato a seconda dell’età, un’educazione  di questo tipo per le Elementari dovrebbe essere modulata in maniera totalmente diversa dal modello che da noi è in uso nei Licei, dove la disciplina è essenzialmente una storia della filosofia che segue, di fatto, uno sviluppo cronologico, e, tutt’al più, viene svolta  per tematiche.

Si potrebbe iniziare suscitando la curiosità dei bambini proprio su questo strumento, il pensiero, e le sue diramazioni anche nella vita pratica, le sue caratteristiche, le sue potenzialità, il suo buon uso. Quindi, dopo una serie di lezioni dialogate, o dialogiche, meglio ancora, magari anche drammatizzate,  porgere  una serie di contenuti determinati quali il linguaggio, la morale, l’arte, il vivere insieme, i legami tra gli uomini, l’amicizia, il senso del dovere e del rispetto, l’uso corretto della tecnologia, i compiti della scienza, insomma argomenti che andrebbero affrontati in una maniera che, di per sé, dovrebbe risultare immediatamente “empatica” e mai dottrinale o cattedratica, per spingere, o anche costringere, magari con dolcezza,  a una riflessione verso gli altri e se stessi. E, poiché il “segreto” della filosofia in generale consiste nell’essere, in sostanza, una successione di domande alle quali si risponde con altre domande, il che, in fondo, segue il processo stesso del pensiero e spinge a ragionare per proprio conto, la filosofia potrebbe davvero esercitare una multiforme influenza nello sviluppo cognitivo e personale, in una società avanzata che non deve perdere di vista l’”umano”.

Insegnare a pensare, usando i mezzi di cui ciascuno, a ogni età, è dotato, significherebbe  svelare gli inganni del linguaggio, della moda, di verità date per certe senza alcun esame, a paragonare le varie ipotesi, a esercitare il dubbio e a esaminare  un problema sotto diversi e magari contrastanti punti di vista, per risolverlo o superarlo. Si potrà obiettare che il famoso brain storming che la didattica contemporanea raccomanda non è molto diverso da questo teorico corso di Filosofia per bambini,  perlomeno  nei modi, eppure le lezioni di Filosofia avrebbero qualcosa in più: un oggetto determinato, costringerebbero a soffermarsi su un principio e un’idea, a evidenziarne  la causa e l’effetto.

Ci sarebbe inoltre qualcosa che il brain storming generalmente non concede, l’esame dello stesso dialogo, i cui meccanismi si danno per scontati e invece non lo sono affatto. Quante volte ascoltiamo e non capiamo? (Tutti). Quante volte badiamo non tanto a quel che viene detto, bensì a chi lo dice, e questo impedisce un giudizio sereno? Anche ad ascoltare si impara, si impara a darsi la parola reciprocamente, a moderare gli interventi, a valutare; a soppesare; a costruire, tutti insieme, un concetto, una definizione, che sarebbe sempre bene considerare provvisoria nell’attesa che il tempo, o le esperienze singole o comuni, la facciano considerare superata.


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Un esercizio filosofico che propongo spesso alle mie classi iniziali (intendo il terzo anno del Liceo), è quello di  scegliere una questione, un soggetto, tutti insieme; può trattarsi dell’amicizia, dell’amore, della costituzione più giusta, del senso del dovere. Ognuno è chiamato a darne una propria versione; si trascrivono i vari giudizi; li si sfronda delle ripetizioni; si elaborano una pagina o due su quella base, le si data e le si infila  in una busta sigillata, in un  cassetto, come se si trattasse di una piccola capsula del tempo.  Alla fine dell’anno scolastico ripropongo alla stessa classe la stessa questione, e poi, insieme, confrontiamo il frutto del nuovo lavoro col precedente,  per rimarcarne le differenze, sottili o macroscopiche (personalmente mi è sempre capitato di rinvenirne di sostanziali, addirittura).

Adattare questo esercizio (solo un esempio tra i tanti possibili) ai bambini dai sette agli undici anni, ci consentirebbe anche di mostrare loro  che la verità è sempre in cammino, sempre in continua crescita, anzi, che, più che di una “verità” dovremmo costantemente parlare di una “ ricerca della verità”, magari sotto la forma di gioco. Interessante sarebbe esaminare alcuni particolari e comuni  comportamenti calati nella realtà: domandare ai bambini “che cosa farei io, e perché, in una determinata situazione, al cospetto di una determinata scelta”. Il  luogo di queste lezioni, o anche micro lezioni con  cadenza bisettimanale, ad esempio, con la calendarizzazione  di due giorni destinati a ospitare l’ intermezzo dedicato al pensiero di per sé, sarebbe la normale aula (se qualcuno sentisse il bisogno di sconvolgere l’ordine dei banchi, perché no?).

Ma le tematiche filosofiche a largo raggio non abbiamo bisogno di cercarle, ci piovono, per così dire, nel piatto, ci inciampiamo di continuo. Esiste una Filosofia inconsapevole anche nelle decisioni familiari, personali, professionali. Potrebbe perfino essere divertente elaborare una filosofia di classe, e comprendere tutto il lavorio mentale che è stato necessario per stabilire che, per buona educazione, bisogna salutare la maestra e i compagni la mattina, quando si arriva in classe; e come mai ci sono i cestini del riciclo? Quale filosofia è sottointesa al raccogliere da una parte la plastica, dall’altra la carta e il vetro? Che cosa vuol dire  un “no”, e che cosa  si porta dietro? Come si fa a  capire che in ogni persona non si nasconde solo un “tu”, ma anche un “io”? Che cos’è il tempo, e qual è la sua funzione su di noi dal punto di vista dello sviluppo intellettuale e psichico? (e mi verrebbe subito da inserire un aggancio con le scienze). E le paure, così presenti nel mondo infantile? Magnifico oggetto di un mini corso di Filosofia per bambini! Perché esistono, come affrontarle e vincerle oppure, più probabilmente, padroneggiarle e dare a esse il giusto peso? E le angosce? E i distacchi? Sull’onda dell’entusiasmo di una possibile dimensione adattata all’infanzia della disciplina che insegno mi rendo solo adesso conto che per le proposte che sto affastellando sarebbero necessarie ben più di due lezioni alla settimana, che potrebbero benissimo, senza bisogno di ulteriori “esperti”, impartire i docenti elementari stessi, essendo la Filosofia, assieme alla Psicologia, molto presente negli studi che hanno affrontato e che, di sicuro (chi insegna studia sempre…) affrontano.

Allora parlerei direttamente di una filosofia perenne, dialogata, sotto la forma di gioco ed empatica,  che dimostri le infinite attrattive del mondo interiore.

L’AUTRICE * – Nel 2015 Simonetta Tassinari ha pubblicato La casa di tutte le guerre, romanzo ambientato in Romagna nell’estate 1967.
È da poco tornata in libreria, sempre per Corbaccio, con La sorella di Schopenhauer era una escort, un libro per i genitori, per i ragazzi, per chi non è genitore e non è neanche un ragazzo, per i curiosi, per chi vuole sorridere, e leggere, della scuola italiana. Un ritratto divertente della generazione smartphone-munita.
L’autrice è nata a Cattolica ed è cresciuta tra la costa romagnola e Rocca San Casciano, sull’Appennino. Vive da molti anni a Campobasso, in Molise, dove insegna Storia e Filosofia in un liceo scientifico. Ha scritto sceneggiature radiofoniche, libri di saggistica storico- filosofica e romanzi storici.

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