Reportage – Su ilLibraio.it Simonetta Tassinari, scrittrice e insegnante, ci porta in Svezia, a conoscere da vicino un modello scolastico molto diverso dal nostro, in cui tutte le scuole sono gratuite (gratis anche libri e mensa), i fondi per l’istruzione sono elevatissimi, e dove si dà grande spazio al gioco e alle attività all’aperto, anche se fuori nevica…

Per ragioni familiari frequento con una certa assiduità la Svezia, in particolare la città di Lund, situata nella Contea della Scania, prossima alla Danimarca (difatti l’aeroporto più comodo per raggiungerla è Copenhagen). Lund è una città di medie dimensioni: 82mila abitanti ai quali vanno aggiunti i 40mila studenti della locale università, dalla lunga tradizione e dall’ottima fama, classificata tra le prime cento università del mondo.

Anche la cosiddetta “offerta formativa” rivolta ai bambini e ai ragazzi delle scuole superiori è particolarmente ricca, considerando che in Svezia non esiste la differenza tra scuola pubblica e privata. Sono difatti tutte completamente gratuite, di competenza in genere comunale (anche l’università è gratuita, senza tasse di iscrizione e di frequenza).

I gradi della scuola svedese comprendono la scuola dell’infanzia, da uno a cinque anni (o Főrskola); un anno di pre-elementare non obbligatoria a 5 anni (Forskoleclass); dai 7 ai 16 quella di base, o elementare (Grundskola), quindi, dai 16 ai 19, la scuola superiore o Gymnasieskola.


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TUTTO È GRATUITO

Una parte sostanziosa delle entrante tributarie della nazione è destinata all’istruzione, e questo permette di fornire gratuitamente agli scolari anche il materiale didattico, compresi i tablet; agli insegnanti svedesi sembra inconcepibile che altrove si debbano comprare libri e quaderni.

Per i propri figli c’è la possibilità di scegliere tra un istituto in cui la lingua d’insegnamento è lo svedese, uno in cui l’insegnamento è al 50 per cento in svedese e il restante in inglese, e infine esiste l’opzione “scuola internazionale”, in cui tutte le lezioni si tengono in inglese. Va specificato che i due terzi degli svedesi sono bilingui e che, comunque, parlando inglese si è compresi ovunque: al supermercato e al mercatino rionale, alle poste, nelle banche e perfino ai giardini pubblici, se si desidera scambiare due chiacchiere con persone di qualunque età. Mi è stato detto, proprio allo “Stadtpark” di Lund, da parte di un ultra ottantenne dai capelli candidi e dai penetranti occhi azzurri: “Noi svedesi siamo meno di dieci milioni, la nostra è una lingua difficile. Se vogliamo comunicare con gli altri europei, dominare una seconda lingua è assolutamente indispensabile”.

In questo breve viaggio all’interno dell’istruzione svedese, cominciando con “la Főrskola”, o scuola dell’infanzia, le sorprese già non mancano. Innanzitutto anche la mensa è gratuita: i bambini, anche quelli piuttosto piccoli, si servono da soli, apparecchiano e sparecchiano, e poi gli insegnanti (molti dei quali di sesso maschile) subito li conducono all’aperto, per una delle numerose pause della giornata.


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TANTO SPAZIO AL GIOCO

Le attività didattiche hanno una lunghezza variabile dai venti ai trenta minuti, e sono sempre intervallate da pause di gioco (i giochi sono forniti dalla struttura scolastica) o da uscite all’esterno. Ogni scuola ha un giardino quasi sempre attrezzato, ma i bambini spesso sono condotti anche allo Stadtpark per uscite più lunghe, specie se il tempo è buono (eventualità non frequentissima in una città dove la neve ha fatto abbondantemente la sua comparsa già in questo mese di novembre). I giochi e le attività all’aria aperta sono considerati essenziali per potenziare le difese immunitarie dei bambini, far loro usufruire al massimo delle non molte ore di luce della cattiva stagione, abituarli al rigido clima e insegnare loro ad amare la natura.

Si richiede alle famiglie l’acquisto di due tute, diremmo noi, “integrali”, comprensive di stivali, guanti e berretti, l’una da pioggia, l’altra da neve: e li si porta fuori, più volte durante la giornata, con qualunque tempo. Ho visto i bambini rincorrersi e divertirsi sotto un’autentica bufera di neve; e altrettanto sotto una pioggia diluviante. “Se non facessimo così”, mi ha detto l’insegnante di scuola materna Sally Nordlund, 51 anni, di origine inglese ma naturalizzata svedese, in servizio presso “ISLK”, International School of Lund – Katedralskolan, “i nostri bambini non potrebbero uscire quasi mai”.

Al rientro nelle aule gli inservienti aiutano i bambini a liberarsi delle tute che grondano acqua o neve, e le infilano in potenti ed enormi macchine essiccatrici, in modo che, al termine delle lezioni, siano perfettamente asciutte. L’orario prevede l’ingresso alle ore 8.10 e l’uscita alle 14.30, ma, per chi lo desidera, c’è il “Fritids”, o “tempo pieno”, con il quale gli orari si allungano: dalle 7.30 alle 17.30. Hanno diritto al “Fritids” i bambini con genitori che lavorano o studiano; non poche madri casalinghe sono iscritte all’università per conseguire la seconda o la terza laurea (per ottenere il diritto al “Fritids” non conta se si stanno collezionando titoli accademici uno dopo l’altro). Il pomeriggio del tempo pieno ha un costo, ma si tratta di cifre modeste: nel caso della Katedralskolan, per ogni bambino si spendono 437 corone al mese, circa 45 euro.

AULE SPAZIOSE E CLASSI CON POCHI STUDENTI

Le aule delle scuole materne sono ambienti molto spaziosi che consentono di muoversi agevolmente attorno ai banchi, e non manca mai un “tappetone” sul quale sedersi, senza scarpe e a gambe incrociate, per ascoltare una storia o guardare un filmato alla lavagna luminosa, sempre presente.

Il rapporto maestri-bambini è di uno a dodici; talvolta si svolgono attività in gruppi più numerosi, talvolta i gruppi si separano. Gli argomenti trattati sono scelti all’interno di programmi stabiliti, con una certa larghezza, dalle competenti autorità comunali e dai singoli istituti. Un esempio? Bambini di quattro anni sviluppano da tutti i punti di vista il ciclo dell’acqua e organizzano mostre con i loro lavori (le abilità manuali sono molto curate, tagliano, incollano, cuciono, sezionano, ricompongono).

È molto ben accetta la collaborazione delle mamme e dei papà competenti in un certo campo (anche la cucina): i genitori tengono lezioni in classe, dalle quali, successivamente, altre saranno sviluppate. Si cerca di favorire il più possibile la partecipazione dei genitori anche attraverso competizioni sportive con gli insegnanti, in modo che si conoscano meglio e instaurino rapporti di fiducia reciproca, evitando lo stress (per indole, gli svedesi detestano lo stress in tutte le sue forme).

Alla Katedralskolan è in calendario una partita di basket tra i papà e le maestre: “E noi maestre siamo molto agguerrite”, ci tiene a specificare Sally Nordlund. Le chiedo quale aspetto del suo lavoro preferisca, e lei risponde: “Il fatto che non ci sia mai un giorno uguale all’altro”. Ma, alla mia domanda, “considera l’insegnamento nella scuola materna più adatto alle donne?”, la replica è stupita: “Mi scusi, non ho ben capito il senso della domanda”. Sicché mi accorgo di aver fatto una gaffe: ho dimenticato che la Svezia è una delle nazioni in cui l’emancipazione femminile è una realtà, e le differenze di genere sono sicuramente assai più lievi che altrove.

L’AUTRICE * – Nel 2015 Simonetta Tassinari ha pubblicato La casa di tutte le guerre, romanzo ambientato in Romagna nell’estate 1967.
È da poco tornata in libreria, sempre per Corbaccio, con La sorella di Schopenhauer era una escort, un libro per i genitori, per i ragazzi, per chi non è genitore e non è neanche un ragazzo, per i curiosi, per chi vuole sorridere, e leggere, della scuola italiana. Un ritratto divertente della generazione smartphone-munita.
L’autrice è nata a Cattolica ed è cresciuta tra la costa romagnola e Rocca San Casciano, sull’Appennino. Vive da molti anni a Campobasso, in Molise, dove insegna Storia e Filosofia in un liceo scientifico. Ha scritto sceneggiature radiofoniche, libri di saggistica storico- filosofica e romanzi storici.

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