“Puoi uomini” di Mohamed Mbougar Sarr è un romanzo contro l’omofobia e, al tempo stesso, la storia di un cambiamento interiore. Un uomo, un intellettuale che non si considerava omofobo scopre il marcio del pregiudizio dentro e fuori di sé, nel suo paese, nel suo lavoro, nei suoi affetti, e si interroga sulla fragilità e l’esposizione degli esseri umani. Alla scoperta del nuovo libro dello scrittore senegalese (Premio Goncourt nel 2021)

Comincia tutto con un video, la ripresa di un rito macabro e crudele. Un omosessuale disseppellito dal cimitero, trascinato via dalla sua sepoltura da una folla violenta che non accetta che possa riposare in terra sconsacrata, perché la sua impurità è considerata inaccettabile e il suo corpo è un’erba velenosa da sradicare.

Siamo in Senegal, ai giorni nostri, è in fin dei conti quell’uomo è solo un góor-jigéen, un uomo-donna. Che importa se è stato torturato in vita e dopo anche in morte, che importa il suo dolore o quello di sua madre, che importa, in definitiva, la sua umanità?

Puri uomini di Mohamed Mbougar Sarr

Questo è, in fondo, quello che all’inizio pensa anche Ndéné Gueye, il protagonista di Puri uomini, romanzo di Mohamed Mbougar Sarr edito da e/o con la traduzione di Alberto Bracci Testasecca.

Ndéné è un uomo colto, un giovane professore universitario di letteratura francese, un po’ rassegnato al grigiore della vita accademica, ma di certo ancora pieno di talento e di passioni.

Forse è anche credente, Ndéné, anche se la sua fede subisce i colpi dello scetticismo. Ma resta un uomo impregnato dei pregiudizi e dei modi di pensare che ha sempre respirato intorno a sé.

Omofobo nei fatti senza essersi mai considerato tale, insomma, come spesso accade. Eppure quel video lo scuote, non foss’altro che per la violenza terribile che trasmette. Ma lui non è omosessuale, anzi, ama le donne, di un amore carnale e travolgente. E saranno proprio delle donne, prima Rama e dopo Angela, a metterlo di fronte alla sua moralità distorta, a costringerlo a confrontarsi coi suoi preconcetti.

Ma che cosa c’entra lui con quelle che di fatto sono persecuzioni?

Moahemed Mbougar Sarr scrive un romanzo contro l’omofobia mettendo in scena un personaggio che scopre lentamente, intorno e dentro di sé, quanto di marcio, di violento ha sempre portato avanti o tollerato senza rendersene conto.

La storia di Ndéné è un percorso che lo porta a vedere con occhi diversi le persone che ha di fianco, i suoi studenti, il suo paese, persino i suoi affetti. E a scoprire che di segni di una realtà malsana, a volerli vedere, ce ne sono tanti. Una circolare del ministero dell’istruzione che proibisce di insegnare poeti omosessuali come Paul Verlaine, perché potrebbero traviare i giovani, le aggressioni continue, e persino il rapporto con il padre. Un padre cui Ndéné è affezionato, che è un uomo retto e devoto, potrebbe persino diventare Imam. Ma che non potrebbe reggere nemmeno l’idea di un figlio omosessuale, che non accetta minimamente nemmeno di poterne parlare. Perché non considera nemmeno l’omosessualità una malattia ma una vera e propria bestemmia, un atto malvagio contro dio. 

Il silenzio del Coro di Mohamed Mbougar Sarr

E il padre di Ndéné trova il suo riflesso opposto nella madre di Amadou, il ragazzo il cui corpo è stato così orrendamente oltraggiato.

Lei è una delle figure che il protagonista incontra in una sorta di viaggio, nella necessità sempre più impellente di capire, capire quale sia il sentimento nuovo che sta nascendo in lui, il disgusto per questa forma di odio che tutti sembrano dare per scontata. Una donna in cui Ndéné vedrà un dolore indescrivibile e una sorta di persistente fierezza. Anche lei è credente, anche lei prega e chiederà a quest’uomo, che le fa visita senza sapersene spiegare il motivo, di tornare a pregare sulla nuova tomba del figlio seppellito adesso nel cortile di casa. E sarà incontrando questa madre che ha dovuto subire sulla propria pelle l’orrore, un orrore che non ha cancellato le tracce di un amore immenso, che Ndéné comincerà le sue peregrinazioni, mentre la sua insistenza nel chiedere, nel voler capire è sempre più malvista e comincia ad attirare brutte voci.

Puri uomini non è solo un romanzo che descrive e denuncia un’ingiustizia, ma anche il racconto di un uomo che sente la necessità di scoprire dentro e fuori di sé il mistero degli esseri umani. Tutti i personaggi che si muovono sulla scena sono pieni di contraddizioni, incrostazioni e retaggi del passato, istinti alla fratellanza.

Nella scrittura di Sarr, violenta e ironica, tenera e spietata, si agita una passione incontenibile, un’attrazione continua per l’enigma che ognuno di noi si porta dentro. Una volta iniziato Ndéné non riuscirà più a smettere con la sua ricerca, la porterà avanti in modo quasi ossessivo, incurante dei pericoli cui si espone in una società piena di tabù e pronta alle persecuzioni. Verrà sospeso dall’insegnamento per essersi rifiutato di abiurare Verlaine, e se inizialmente lo giustificherà, a se stesso e agli altri, con l’amore per la letteratura indipendentemente dalla biografia degli autori, piano piano si accorgerà che forse è in nome di qualcos’altro che sta spingendosi così a fondo. Qualcosa che ha a che fare con l’essere “nudo e debole come ogni uomo davanti ai suoi simili”. 

Mohamed Mbougar Sarr - GettyEditorial 01-07-2022

Mohamed Mbougar Sarr, foto GettyEditorial

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E così per questa sua volontà di guardare finalmente davvero dentro di sé e degli altri, per scoprire i lati nascosti e in ombra delle cose e arrivare a fissare negli occhi i soprusi di cui lui stesso fino a poco prima è stato parte, Ndéné dovrà pagare un prezzo alto, molto alto.

“Troppo spesso lo dimentichiamo o non vogliamo ricordarcene: siamo legati alla violenza e la violenza ci lega gli uni agli altri, in qualunque momento siamo capaci di commetterla e di subirla. È anche grazie a questo patto con la violenza metafisica che ognuno porta in sé, grazie a questo patto come a ogni altro, che siamo vicini, che siamo simili, che siamo uomini. Credo alla fratellanza attraverso l’amore. Credo anche alla fratellanza attraverso la violenza”.

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Fotografia header: Mohamed Mbougar Sarr (foto di Antoine Tempé)

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