“Di solito una prevedibile pantomima, talvolta non sgradevole, non spregevole, talvolta spiritosa, in qualche caso persino brillante, sempre colta, sempre rigorosamente liceale, sempre con un quid di non detto, di non dicibile, quasi mai contenente qualche nota di inquadramento critico, un’informazione in più rispetto ai risvolti di copertina, quasi mai preparata…” (e il riferimento è alle presentazioni…) – Su IlLibraio.it un dissacrante intervento dello scrittore Francesco Pecoraro

Quando vedi un tavolino Ikea bianco, di quelli bassi, quadrato oppure rettangolare, con due o tre sedie, o poltroncine, sempre Ikea, con sopra un microfono e un paio di bottigliette d’acqua minerale naturale, un leggio con un libro chiuso, un certo numero di copie dello stesso libro impilate lì accanto, qualche fila di sedie pieghevoli, talvolta un altro tavolo, più alto del primo, con una tovaglia di carta, bottiglie di prosecco, di rosso, di bianco, pizzette, vol au vent, tramezzini, quando vedi tutto questo e lo vedi in libreria, sei di fronte a un evento imminente: la presentazione. Presto arriveranno l’autore e uno o più presentatori: il numero massimo di presentatori è in genere di tre, anche se si è arrivati, in casi estremi, fino a quattro o a cinque.
Dato che la maggior parte dei libri si tira in poche copie, che molto presto scompariranno dai banchi delle librerie, e che molti titoli nemmeno si vedranno comparire – piazzati di costa in scaffale fin dal primo giorno che nemmeno il libraio sa bene dove sono e spesso non li trova e ti dice che non ce l’ha e ti domanda Ma è sicuro che è uscito? – e dato che a leggerlo indipendentemente dalla qualità, nella maggior parte dei casi saranno in pochissimi, in genere lettori forti, molti tra i quali amici dell’autore/trice, allora la presentazione, se non è proprio il momento apicale della vita di un libro (che consiste ormai nella recensione su uno o più giornali nazionali), ne è comunque un momento importante. In pratica è la prova che quel libro esiste, in primis in quanto oggetto e in effetti come testo: cioè che è stato scritto, redazionato, copertinato, stampato e, nei casi più fortunati, distribuito.
Senza presentazione un libro di autore magari stimato da critica e colleghi, ma non famoso, venduto poco, fatto circolare male, seminascosto nelle librerie, praticamente non esiste. Non che la presentazione sia garanzia di esistenza, è solo un momento, un istante, un attimo di emersione locale, segnalato come evento su facebook dieci giorni prima, ribadito, segnalato ancora un paio di volte, con un certo numero di sicuri partecipanti, che poi solo in minima parte effettivamente si fanno vivi. Alla fine sono presenti i parenti, gli intimi e quelli che non possono non-venire. Più qualche lettore, più spesso lettrice, sovente in età, probabilmente professoressa di liceo, che misteriosamente ha scovato il libro, se l’è letto, l’ha apprezzato e vuole conoscere l’autore/trice, farsi dedicare la copia.
A una certa ora – ma solo dopo almeno 30 minuti rispetto all’orario indicato sull’invito – inizia l’evento, di solito una prevedibile pantomima, talvolta non sgradevole, non spregevole, talvolta spiritosa, in qualche caso persino brillante, sempre colta, sempre rigorosamente liceale, sempre con un quid di non detto, di non dicibile, quasi mai contenente qualche nota di inquadramento critico, un’informazione in più rispetto ai risvolti di copertina, quasi mai preparata. Talvolta il presentatore è un critico, ma più spesso è uno scrittore, più o meno amico, che volentieri si presta e arriva coi suoi appunti, due o tre cose buttate giù velocemente in metropolitana, su foglietti sparsi o sulle pagine bianche a fine libro.
Due o tre domande volevo farti, la prima è Quanto c’è di auto-biografico nel tuo libro? Rispondere che tutti i libri sono “in qualche modo” autobiografici, che il tuo non fa eccezione, ma certo c’è anche molta invenzione, che il rapporto realtà-invenzione è complesso… Ti verrà probabilmente chiesto se nella realtà desolata da te descritta possiamo ancora continuare a sperare. Rispondere di sì, che è solo fiction. Alla domanda sul pessimismo rispondere che non dobbiamo mai rinunciare alla, ehm, lucidità dello sguardo… A questo punto, se la presentazione si svolge nell’ambito di un evento culturale specifico e il presentatore è, per così dire, fornito dalla casa, il discorso dello scrittore sarà puntualmente interrotto, sovente con una battuta, cui si deve rispondere con una contro-battuta, cui il pubblico reagirà con un battimani. Molto quotata è una domanda sul futuro del libro: si deve rispondere in modo aggiornato, ma senza tralasciare un cenno sull’odore della carta.
L’approfondimento, qualora questa parola abbia un senso, è implicitamente vietato dal ritmo che il discorso deve avere per l’intrattenimento del Pubblico Da Presentazione (PDP). Il PDP è lì essenzialmente per assentire, per svagarsi e sostenere l’amico autore («hai scritto un libro bellissimo»), ma soprattutto sentirsi tra simili, tra eletti, cioè tra colti, tra amanti della lettura in un mondo di bruti & analfabeti. Prima dell’evento le professoresse di liceo si sono fatte un giretto per la libreria, hanno preso l’ultimo Adelphi, in piena coerenza con una vita Adelphi, consumata nella più rigorosa correttezza politica e trascinata verso i lidi di una contemporaneità incomprensibile da una deriva storica prima non-immaginabile. La presentazione diventa un rifugio, un fuoco acceso nella notte del non-libro. Teniamoci stretti, il futuro, con i suoi misteri, sta arrivando.

 

*L’autore ha pubblicato con Ponte alle Grazie il romanzo La vita in tempo di pace, finalista al premio Strega 2014. Su IlLibraio.it dello stesso autore leggi anche “In quanto scrittore sono un prodotto (e una vittima) del web… E ora devo difendermi”

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