Essere single nel 2017: è ancora il peggiore incubo per una donna? Quanti di tutti gli storici preconcetti (e le paure) si porta ancora dietro? Due brillanti saggi ne parlano e smantellano un pregiudizio dopo l’altro, a suon di statistiche e modelli femminili…

Nell’anno 2017 è ancora possibile incappare in alcuni cliché e vecchi pregiudizi sulla vita delle donne: provate a chiedere a una donna se sarebbe felice di passare la sua vita da single. Non si parla di solitudine, ma di evitare appositamente il matrimonio come scelta di vita. Per gli uomini l’alternativa non avrebbe di certo lo stesso peso: per loro non esiste un termine equivalente a zitella.

Ma cos’è una single (o una zitella) oggi? È qualcosa a metà tra Carrie Bradshaw (prima dei lungometraggi e del matrimonio in abito di Vivienne Westwood) e una Bridget Jones (prima del figlio), tra una donna in carriera e una gattara, tra una donna emancipata che ama uscire con amici e amiche, riempire il proprio tempo libero coltivando le proprie passioni e la sua autonomia, magari trascorrendo intere giornate da sola, oppure passando da una relazione occasionale all’altra. Questo prima che il tempo passi una pesante scure di preoccupazioni e biasimo sociale con l’approssimarsi dell’età matura. Ma se è vero che i tempi moderni permettono a donne e uomini di non preoccuparsi di maturare anche con un certo ritardo, la temuta età potrebbe anche non arrivare mai.

All the single ladies. Il potere delle donne single

Se c’è una cosa di cui parlano, entrambi questi libri, ebbene, non sono le donne nubili, ma le eroine. Entrambi si basano sull’assunto che per le donne sia fondamentale avere un modello alternativo, ovvero delle altre donne che, magari rifiutando il matrimonio o semplicemente accettando il fatto di essere sole, hanno saputo costruire delle imprese, delle opere letterarie o semplicemente delle vite esemplari. Il tutto senza minimamente far riferimento a uomini (in termini romantici). “Odiavo quando le mie eroine si sposavano” è l’affermazione con cui si apre il libro di Rebecca Treister, All the single ladies. Il potere delle donne single (Fandango 2016).

L’autrice ricorda quanto dispiacere la colse, da bambina ma anche da ragazza, nell’apprendere che le sue eroine letterarie, esempi di ribellione e indipendenza, compivano il grande passo verso l’altare: accade a Laura di La casa nella Prateria, a Anne Shirley in Anna dai Capelli rossi, accade persino a Jo March di Piccole Donne, per non parlare di Jane Eyre.


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Viene definita insoddisfazione, ma è probabile che si tratti di una chiara sensazione di ingiustizia, quella che capita di provare a tante donne che si riconoscono nella categoria di nubili, single, zitelle, sole che però sono felicemente tali, nel confrontarsi con le pressioni e le aspettative sociali. Come nota Treister, nei classici romanzi di formazione, ai protagonisti maschi viene concessa un ventaglio di possibilità pressoché infinite, mentre per le contraltari femminili, la maturità coincide sempre con il matrimonio. Per questo è importante non solo che le cose cambino nella società, ma che esistano nuovi modelli e nuove narrazioni che non prevedano per forza il matrimonio o l’unione romantica per la protagonista femminile, senza che ciò ne sminuisca la femminilità o la ponga in una dimensione di inferiorità.

Treister illustra dei dati lampanti di una tendenza sociale inarrestabile: nel 2009, per la prima volta nella storia, le donne sposate sono scese sotto il 50%, e andando nel dettaglio, le donne sotto i 34 anni che non sono mai state sposate è arrivato al 46%. Oggi, solo il 20% delle donne americane è sposato a 29, contro il 60% del 1960. Questi dati demografici sono però anche segno di trend variabili nel tempo. è sbagliato infatti pensare che le donne sono sempre state spinte a matrimoni precoci. Tra gli anni ‘20 e ‘30 c’è stato un incremento di donne nubili, che invece è diminuito notevolmente con il boom economico degli anni ‘50. Il “mostro” della zitella, la donna nubile non sposata prima dei 25 anni, infatti si è andato creando in quegli anni insieme alla pressione sociale del matrimonio.

zitelle

Se infatti questa riflessione per Treister è solo la motivazione che genera la necessità della ricerca contenuta nel libro, che consiste in interviste effettuate dal 2012 a decine e decine di donne americane su temi come il matrimonio, il nubilato, la maternità e la condizione femminile in generale, Zitelle di Kate Bolick invece ha individuato proprio nel fatto che trovare dei modelli personali sia la salvezza e l’autostima di tutte le donne (single ma non per forza).

Il libro infatti è una sorta di memoir, un saggio di non-fiction, in cui l’autrice racconta la relazione più importante della sua vita, quella con sé stessa, del perché si definisca felicemente single, e come sia arrivata a concepire la propria definizione di nubilato. Partendo innanzitutto da una sorta di educazione sentimentale/letteraria, dal momento in cui appena ventenne perde la madre per il cancro, Bolick costruisce la propria carriera di giornalista e scrittrice attorno a delle figure femminili in cui si identifica totalmente, riversando il proprio amore e proiettando sé stessa. Caso oppure no, queste divinità, questi numi tutelari, sono tutte donne sole: zitelle, divorziate o vedove, nessuna di loro ha vissuto all’ombra di una relazione (perché si tratta in tutti i casi di donne eterosessuali) con uomini per più di qualche anno nel complesso della loro vita. La saggista Maeve Brennan, l’opinionista Neith Boyce, la romanziera Edith Wharton e l’utopista sociale Charlotte Perkins Gilman: queste sono le “ispiratrici” di  Kate Bolick fino al compimento dei 40 anni, che è il traguardo che si trova a festeggiare all’inizio della narrazione.

Il termine spinster, zitella, che dà il titolo originale al libro, viene attentamente esaminato e paragonato ad altri termini utilizzati nella lingua inglese per definire le varie sfumature delle donne nubili: spinster, se usato ancora senza ironia, ha una connotazione decisamente negativa e offensiva, niente a che vedere con single o nubile. E comunque, ricorda Bolick, non esiste un termine lusinghiero come bachelor, scapolo, per le donne, e non serve specificare le accezioni sessiste del fatto. Non è forse un caso se ancora si sprecano gli articoli di giovani autrici in prossimità di san Valentino per “giustificare” il fatto di essere single, per scelta o per sbaglio, di rivendicare la libertà che deriva dal non avere un compagno fisso, o di non averlo affatto: come l’antica tradizione vuole, la vita sentimentale delle donne è costantemente sotto esame, anche nel 2017.


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