I cadaveri di due prostitute, gli interessi di una multinazionale occidentale in Africa, indagini che si incrociano: tra Parigi e la Nigeria, “Free Queens”, thriller di Marin Ledun, racconta un mondo dove non esiste capitalismo etico, dove tutto è merce e ancora di più il corpo femminile, soprattutto se povero e nero…

È il gennaio del 2020, siamo a Parigi.

Jasmine Dooyum, quindicenne nigeriana, cerca con una fuga rocambolesca di scappare dai suoi due protettori, che la inseguono fin quasi dentro un autobus di linea. Su questo autobus incontra Serena Monnier, giornalista di Le Monde, disposta a raccogliere il testimone della sua storia.

È il gennaio del 2020, ci spostiamo a Kaduna, Nigeria.

I poliziotti della Special Anti-Robbery Squad, Ira Gowon e Vitalis Udo, sono impegnati in un’operazione speciale. Devono far sparire i cadaveri di due prostitute, che hanno frettolosamente ammassato nel bagagliaio del loro pick-up.

«Facciamo le brave, niente più storie, te lo prometto», le ultime parole che Ira Gowon si era sentito rivolgere da una delle due ragazze, prima. Ma prima di cosa?

Inizia così il romanzo di Marin Ledun, Free Queens, in libreria per la neonata casa editrice Ubagu Press, con la traduzione di Marco Lapenna.

E viene subito da chiedersi dove è stato questo scrittore fino a oggi. Sì, perché Marin Ledun non è un semplice maestro del thriller. Dentro Free Queens c’è molto di più.

Free Queens Marin Ledun

La vicenda è intricatissima e si lega, probabilmente, a precedenti inchieste giornalistiche, in cui si raccontava, seguendo la pista del denaro, del ruolo particolare che occupa l’Africa nell’economia di marketing di note multinazionali della birra.

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Nel romanzo gioca un ruolo rilevante un’immaginaria birra First, di proprietà di un colosso internazionale che ha in Africa particolari interessi di crescita, in primo luogo perché la comunicazione può lanciare messaggi totalmente deregolamentati, che in Occidente verrebbero gravemente sanzionati. A Lagos, ad esempio, vengono spesso organizzati convegni, con la connivenza di autorità statali, in cui si sostiene il rapporto tra il consumo della bevanda e la salute delle persone, un rapporto diretto tra approvvigionamento quotidiano di birra e longevità, prestazioni sessuali più durature e vigorose, aumento della libido e anche prevenzione di alcune malattie. Una comunicazione rivolta quasi unicamente al consumatore maschile.

Ma è soprattutto il ruolo delle “ambasciatrici del brand” quello a cui Marin Ledun dedica più attenzione.

Il romanzo ruota intorno a protagonisti diversi, e alle loro indagini, sul medesimo piano temporale.

Serena Monnier, giornalista di Le Monde, spinta dalla rabbia che prova dopo aver conosciuto la quindicenne Jasmine Dooyum, decide di partire per la Nigeria per testimoniare il ruolo chiave nella lotta al racket della prostituzione di associazioni tutte al femminile come Free Queens. Donne che in poco tempo hanno messo in piedi una rete di aiuti gigantesca, fornendo protezione e assistenza a tutte coloro che sono cadute nella rete della prostituzione.

Poi ci sono Gowon e Udo, i due poliziotti della SARS, coinvolti nell’occultamento dei cadaveri di due giovani prostitute e nel depistaggio delle successive indagini. E in cose indicibili che si scoprono nel corso della lettura.

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E infine Oni Goje, ex poliziotto ora passato alla stradale, che ha avuto la sventura di imbattersi nel cadavere delle due donne. E ora vuole sapere chi le ha ammazzate, e perché.

Minimo comune denominatore: la birra First. Che ingaggia giovani donne (e giovanissime, spesso minorenni) come promoter nei bar e nei pub sparsi in tutto il continente. Molte, la quasi totalità, subiscono molestie sessuali sul luogo di lavoro, sia dai clienti sia dai superiori e troppe finiscono, iniziando con questo tipo di lavoro, per essere adescate da intermediari che le rivendono sul mercato occidentale, facendole arrivare in Europa dopo traversie e sofferenze di cui ci arriva un’eco appannata (45.000 donne ogni anno solo dalla Nigeria). Altre decidono di prostituirsi in Nigeria, dietro la maschera di un lavoro apparentemente innocuo.

Il meccanismo è sempre lo stesso, sono ragazze indigenti che accettano di vendersi per pagarsi gli studi, o perché semplicemente le famiglie le hanno cedute in cambio di pochi naira. Connivenza e corruzione sono dappertutto, e coinvolgono anche le forze dell’ordine. La birra First ricatta il governo con investimenti ingenti anche nel settore agricolo.

Marin Ledun, con voce sicura e competente, e con uno stile burrascoso e allo stesso tempo riflessivo, che vi farà bere il pur cospicuo numero di pagine, ci porta dentro un puzzle che alla fine, in un modo che non ci salva, si dipanerà.

Ma il messaggio è chiaro. Questo rimane un mondo dove non esiste capitalismo etico, dove tutto è merce e ancora di più il corpo femminile, e tanto più se povero e nero.

Sappiate, tra l’altro, che in Africa la favola del capitalismo etico non è nemmeno mai stata raccontata. E questo ci dice che fino a che non apriamo gli occhi su quello che accade alle donne in un mondo che per sfruttarle oltrepassa barriere e nazionalismi, non assegneremo mai un vero significato alle parole femminismo e intersezionale.

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