“Il trauma è, in un certo senso, l’opposto della letteratura. È fatto di frammenti disorganizzati, discontinui, impossibili da narrare. Si nasconde nella memoria corporea e produce risposte automatiche, inconsapevoli: ciò che non può essere raccontato ci fa agire”. Su ilLibraio.it la riflessione dello psicoanalista Luca Bonini, in libreria con il romanzo “Le geometrie variabili”, che cita numerosi saggi che affrontano, da angolazioni diverse, il tema del trauma. Ma anche grandi nomi della letteratura, come Marguerite Duras e Marcel Proust. Per l’autore, “leggere è entrare in un dialogo silenzioso con ciò che non si può dire ad alta voce”. E scrivere, a volte, “è il primo gesto per uscire dalla ripetizione”

“Eccolo che torna e malgrado lo aspettasse da anni lei è sorpresa, torna come se non fosse mai andato via, come se lei non fosse stata neanche un giorno senza di lui, neanche un mese, un anno, anche se da allora ne sono passati dieci”.

Zeruya Shalev, Dolore

Così Zeruya Shalev racconta il dolore che ritorna. Non annuncia il suo arrivo, non chiede il permesso: rientra nella vita come se non se ne fosse mai andato. Il trauma è una ferita silenziosa che si riapre di continuo, deposita nel corpo ciò che la mente non riesce a contenere. Non è solo la storia di qualcosa accaduto nel passato, ma – come ci insegna Bessel van der Kolk – è l’impronta attuale di ciò che quel terrore ha prodotto: una prigione invisibile per il corpo, per la mente e per le parole.

Il corpo accusa il colpo

Il trauma è, in un certo senso, l’opposto della letteratura. È fatto di frammenti disorganizzati, discontinui, impossibili da narrare. Si nasconde nella memoria corporea e produce risposte automatiche, inconsapevoli: ciò che non può essere raccontato ci fa agire. Il trauma lega a sé, diventa parte fondante dell’identità, influenzando profondamente la capacità di costruire relazioni. Si manifesta nella difficoltà a fidarsi, nel timore dell’intimità pur desiderandola intensamente, tra la fobia della vicinanza e quella dell’abbandono. A volte ci riconduce al dolore originario, spingendoci – inconsapevolmente – a ricercare proprio quelle dinamiche violente di cui siamo stati vittime.

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Ma questa ripetizione non è un capriccio dell’inconscio: è una richiesta di senso. Un tentativo disperato di rivivere ciò che ha fatto male per capirlo e magari dominarlo, nella speranza che questa volta possa accadere qualcosa di diverso. Una ripetizione obbligata che inganna e imprigiona.

Trauma e perdono

In ambito letterario molti autori hanno rappresentato questa dinamica. Si pensi alla Recherche di Proust, dove il tempo non è lineare ma circolare, fatto di ritorni e rivelazioni tardive. O alle opere di Marguerite Duras, dove il trauma della guerra e dell’infanzia violata riaffiora in figure sfuggenti e memorie interrotte. In questo senso, la letteratura diventa uno spazio di elaborazione simbolica: ciò che la mente non riesce a dire, la finzione può rappresentarlo. La narrazione è, in molti casi, la prima forma di cura.

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Come nella letteratura, anche nella vita serve un testimone. Qualcuno che creda a ciò che ci è accaduto, lo ricostruisca con noi, come farebbe un buon editor. “Sollecito e soccorrevole”, lo definisce lo psicoanalista Sandor Ferenczi. Qualcuno che favorisca un legame sicuro: ciò che un umano ha spezzato con un’esperienza di male, solo un altro umano può riparare con un’esperienza di bene.

Sandor Ferenczi, Diario Clinico

Come possiamo allora permettere al dolore di non condannarci all’infelicità, ma di renderci persone migliori?

Clara Mucci Riparare il futuro. Come creare resilienza tra le generazioni

Una delle aree più fertili nell’elaborazione contemporanea del trauma, come sottolinea Clara Mucci, riguarda la genitorialità. Essere genitori non significa essere perfetti, ma essere sufficientemente buoni da offrire un’esperienza diversa da quella ricevuta, quando è stata dannosa, interrompendone la trasmissione intergenerazionale. Ma anche le forme affettive di genitorialità non biologica possono essere profondamente riparative: genitori adottivi, affidatari, terapeuti, insegnanti. Chiunque offra tempo e ascolto a un bambino in difficoltà, anche solo per una merenda, compie un gesto di cura. Il dolore di uno è responsabilità di tutti.

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Aldo Carotenuto, Lettera a un apprendista stregone

Occorre prenderci cura di noi, trasformando le ferite in feritoie, perché smettano di sanguinare e diventino luoghi di accesso alla nostra profondità. La letteratura, da sempre, è uno di questi spazi. Leggere è entrare in un dialogo silenzioso con ciò che non si può dire ad alta voce. Scrivere, a volte, è il primo gesto per uscire dalla ripetizione.

Le geometrie variabili di Luca Bonini

L’AUTORE – Luca Bonini, psicoanalista specializzato in counseling di coppia e familiare e in psicoterapia a orientamento psicodinamico, lavora tra Brescia e Trento (sia nel proprio studio, sia in consultorio), occupandosi di adulti, adolescenti e coppie. Insegna all’Università Cattolica del Sacro Cuore e all’Università di Bergamo. Analista ordinario della Società Italiana di Psicoanalisi e Psicoterapia Sf e membro dell’International Sándor Ferenczi Network (Isfn), ha esordito con il romanzo Il lato opposto della pelle (Historica, 2018), e ora è tornato in libreria, per Edizioni LOW, con Le geometrie variabili: un romanzo che racconta di come, ognuno di noi, anche dentro a profonde sofferenze, prova a interrompere le maledizioni familiari e a spezzarne l’eredità, anche a costo di allontanarsi per salvare i figli.

Luca Bonini nella foto di Eros Mauroner

Luca Bonini nella foto di Eros Mauroner

IL NUOVO ROMANZO – Laura e Piergiulio, i protagonisti, si incontrano in una Torino piena di luce. Lui è un bravo psicoanalista, ma come uomo è irrisolto. Lei è stata una bambina abusata, mentre oggi è una giovane donna inquieta e ambivalente verso la figlia. Laura trova in Piergiulio l’occasione per dare un padre alla sua bambina e per riabilitarsi agli occhi dei servizi sociali, che hanno preferito mandare Agata in comunità. Prova così a salvarsi da un’esistenza di solitudine in cui fa il pendolo tra un padre anziano reso buono dall’Alzheimer, con tanto di premurosa badante, e un amico di famiglia. Con cui, nonostante sia l’artefice del suo dolore, intrattiene una relazione sessuale patologica. Allo stesso tempo, l’incontro con Laura e soprattutto con Agata stravolge la vita di Piergiulio, in una tensione continua che spinge l’uomo a prendersi ogni responsabilità. Ne nasce una relazione forte e sicura tra lui e la bambina, mentre la donna cerca con tutte le forze di sentirsi parte di questa nuova famiglia a geometria variabile. Senza però riuscirci, vittima di una malattia che la porta ad auto sabotarsi. Ma nonostante tutto, Le geometrie variabili è una storia di speranza…

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