Sherwood Anderson (1876-1941) fu uno scrittore di spicco negli Stati Uniti che si stavano affacciando alla modernità, tanto apprezzato da Cesare Pavese, che lo considerava uno dei tre innovatori della letteratura americana insieme a Theodore Dreiser e Sinclair Lewis. “Winesburg, Ohio” (composto da racconti interconnessi tra loro) è un ritratto vivo e nostalgico del Midwest americano prima che la modernità prenda il sopravvento, è un palcoscenico universale di desideri repressi o inespressi, di successi e fallimenti. Dopo l’età dell’oro di Mark Twain, l’Ohio di Anderson è insieme l’ultimo baluardo dell’innocenza morale dell’America di provincia e il punto di inizio delle nevrosi che prima o poi verranno a galla: una tradizione, quella della letteratura del Midwest, che arriva fino ai giorni nostri con i romanzi di Jonathan Franzen, l’Ohio di Stephen Markley e l’Elegia americana di J.D. Vance…

Sherwood Anderson (1876-1941) fu uno scrittore di spicco negli Stati Uniti che si stavano affacciando alla modernità. Tanto apprezzato in Italia da Cesare Pavese, che lo considerava uno dei tre innovatori della letteratura americana tra gli anni Venti e Trenta insieme a Theodore Dreiser e Sinclair Lewis, ebbe una grande influenza sulla generazione successiva di scrittori come Hemingway e Faulkner, tanto che le loro rispettive opere giovanili Torrenti di primavera e Zanzare sono delle vere e proprie parodie dello scrivere di Anderson. 

Ripubblicato da Feltrinelli nella collana “Le comete”, a cura di Enrico Postiglione e con un testo di Amos Oz, Winesburg, Ohio di Sherwood Anderson è un’immersione nelle atmosfere del Midwest delle origini nella fase in cui l’industrializzazione spinse molti americani a emigrare dalla campagna alle città, verso metropoli come Chicago.

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L’ammirazione di Pavese

La portata del momento storico è avvalorata dallo stesso Pavese, che in La letteratura americana e altri saggi (Einaudi, 1951), dedicato alla personalissima “scoperta dell’America”, spiega bene come Anderson e gli altri furono i primi a trasfigurare la provincia americana in letteratura, facendo conoscere non solo agli americani ma anche agli europei la realtà degli Stati del Middle West (Ohio, Illinois, Michigan, Minnesota, Iowa, Indiana) nel momento in cui furono segnati per sempre da una inevitabile trasformazione. Al contrario in Italia, lamenta Pavese, non abbiamo avuto nessuno scrittore, nessun’opera sulla provincia italiana che raggiungessero davvero “quell’universalità e quella freschezza che si fanno comprendere a tutti gli uomini e non solo ai conterranei”.

Winesburg, Ohio di Sherwood Anderson

La lingua di Anderson è una lingua ricreata e poetica e riesce a catturare un’immagine fresca e autentica della città immaginaria che è Winesburg.

Anderson stesso proveniva dalla piccola città di Camden, Ohio, visse a pieno la durezza della vita di provincia, perse la madre da giovane e con un padre alcolizzato fu costretto ai lavori più disparati.

Fu a Chicago che trovò lavoro in un’agenzia pubblicitaria e conobbe i suoi simili: giovani scrittori che provenivano dai villaggi come Edgar Lee Master, l’autore dell’Antologia di Spoon River, di cui Winesburg, Ohio è considerato il corrispettivo in prosa.

Racconti tutti interconnessi tra loro

I racconti dell’Ohio sono tutti interconnessi tra loro: il filo conduttore è George Willard, il giovane cronista che lavora alla redazione del “Winesburg Eagle”, punto di riferimento della comunità. George, alter ego dell’autore, a volte protagonista, a volte testimone degli eventi, funge da catalizzatore per tutti i drammi interiori che coinvolgono i personaggi, tutti umili: un falegname, un banchiera e sua figlia, una maestra, un dottore e sua moglie, il padre di George, Tom Willard, membro attivo della vita politica di Winesburg, qualche amico di George, e poi altri commercianti e agricoltori.

George è così cronista del campionario umano di verità che è Winesburg, Ohio, portavoce e cantore della sua comunità, ma con uno slancio inevitabile per il mondo esterno. Dopo aver dato sfogo e conosciuto le emozioni represse dei suoi concittadini nell’ultimo dei racconti si assiste a una fuga del giovane, un treno direzione Chicago.

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La lente di osservazione di Anderson è quella del realismo ma con un sottile scavo psicologico dentro la mente dei personaggi, che Pavese descrive in questo modo: “i suoi meravigliosi provinciali che sembran così buffi e sono invece tanto seri”.

Tra grottesco e personaggi tormentati

La chiave di lettura è quella del grottesco, come si legge nel preludio ai racconti “Il libro del grottesco”. In sintesi, l’idea è che nel mondo ci siano tante verità e nel momento in cui ogni personaggio ne rincorre una e cerca di farsela propria, diventa un personaggio grottesco. Inseguendo una verità e cercando di vivere la vita di conseguenza, la verità diventa una menzogna.

I personaggi sono tormentati dal desiderio di essere amati e riconosciuti. Molte delle storie sono infatti delle storie d’amore tragiche che accentuano la condizione di solitudine di alcuni personaggi. Colpisce il senso di oppressione e di alienazione che riguarda chi non riesce a integrarsi nella comunità. Anderson evidenzia in alcuni racconti come “Il filosofo”, “Un uomo di idee”, “Il pensatore”, “Eccentrico” e “Solitudine” la desolazione provocata dal senso di non appartenenza e insieme la volontà di scappare da Winesburg per ricostruirsi una vita anonima in mezzo alla folla delle grandi metropoli dove tutti sono indaffarati nelle mansioni lavorative. 

Eppure la vita metropolitana non viene mai esaltata, lo stesso Anderson quando si trasferì a Chicago soffrì il fracasso e il fumo della grande città, fantasticava con e sui libri, usciva per strada tra le fabbriche ripensando alla vita povera ma tranquilla dei villaggi della sua infanzia che era stata scossa dalla gran febbre della modernità: l’industrialismo, la ricerca del profitto a tutti i costi, il culto delle macchine e del lavoro come unica realizzazione personale.

Sherwood Anderson (Edward Steichen/Condé Nast via Getty Images)

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L’ultimo baluardo dell’innocenza morale dell’America di provincia

Per Anderson la scrittura e la letteratura erano come un sogno, delle fantasticherie per trasfigurare la realtà opprimente, erano il senso della vita stessa. Secondo Pavese la lotta che Sherwood Anderson combatte dentro di sé “ogni lettore la ripercorre come una propria esperienza di liberazione e comprensione storica”. Per questo leggere Winesburg, Ohio significa comprendere il valore umano di uno scrittore che vuole essere se stesso e il mestiere di scrivere non sarà più visto come divertimento, ma una necessità interiore.

Winesburg, Ohio è in conclusione un ritratto vivo e nostalgico del Midwest americano prima che la modernità prenda il sopravvento, è un palcoscenico universale di desideri repressi o inespressi, di successi e fallimenti. Dopo l’età dell’oro di Mark Twain, l’Ohio di Anderson è insieme l’ultimo baluardo dell’innocenza morale dell’America di provincia e il punto di inizio delle nevrosi che prima o poi verranno a galla: una tradizione quella della letteratura del Midwest che arriva fino ai giorni nostri con i romanzi di Jonathan Franzen, l’Ohio di Stephen Markley e l’Elegia americana di J.D. Vance, attuale vicepresidente degli Stati Uniti ed ex senatore dello Stato dell’Ohio.

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Fotografia header: Sherwood Anderson (Edward Steichen/Condé Nast via Getty Images)

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