Night club sessisti, pornografia non consensuale e droghe dello stupro: “L’oscura follia” di Dawn Kurtagich, rivisitazione letteraria del “Dracula” di Bram Stoker, ribalta gli stilemi narrativi e affida alla vittima femminile il compito (sinora maschile) di vendicarsi del famigerato Conte…

E se fosse il patriarcato il vero mostro? Night club sessisti, pornografia non consensuale e droghe dello stupro; nel nuovo romanzo di Dawn Kurtagich L’oscura follia (Nord, traduzione di Elisa Banfi), il villain è un maschio alpha nella sua accezione gothic horror (quella del leggendario Sugnwr Gwaed, il corrispettivo gallese del più famoso vampiro).

Un termine di paragone che, davvero, non vorremmo mai evidenziare; eppure a sfogliare quest’ultimo retelling di Dracula, capolavoro di Bram Stoker, sembra di leggere uno dei fatti di cronaca che di recente hanno scosso l’opinione pubblica mondiale (dal processo Epstein al gruppo “Mia moglie”, solo per citarne alcuni). E che ci sollecitano a una vera e propria rivoluzione culturale – perché la violenza di genere è una piaga contagiosa da estirpare alla radice –; quale occasione migliore, dunque, se non quella di una rivisitazione letteraria per ribaltare gli stilemi narrativi e affidare alla vittima “femminile il compito, sinora “maschile”, di vendicarsi del famigerato Conte?

Copertina del romanzo L'oscura follia di Dawn Kurtagich

Protagonista del romanzo è infatti la già ben nota Mina Murray – che nella versione del 1897 veniva contagiata da Dracula permettendo a Van Helsing di stanarlo nel suo covo in Transilvania –; qui consulente psichiatrica per donne con traumi profondi, la dottoressa (che soffre di attacchi di panico) viene contattata dall’amica di infanzia Lucy Westenra per ricevere un parere circa i sintomi che da tempo l’affliggono: inappetenza, stanchezza, e uno strano eritema che le pervade tutto il corpo.

Un’anamnesi che non le risulta affatto nuova; in precedenza riscontrata nella sua paziente Renée (una donna sotto costante osservazione, ossessionata dal sangue umano e dalla voce di un fantomatico “padrone”), Mina riconosce il quadro clinico in tutta una serie di donne scomparse (femminicidi?) che sempre riconducono alla sperduta Tylluan, il paesino del Galles da cui ella stessa è fuggita e a cui infine tornerà dopo dieci anni di permanenza a Londra.

Qui trova una situazione a dir poco sconcertante: il suo ex fidanzato – Jonathan Harker, un tempo il leader della scuola – porta i segni sul volto di una devastante cicatrice; sua madre –“la strega svitata che abita in cima alla collina” – sembra ancora più fissata con le superstizioni di carattere pagano; la sua amica Lucy – ora sposa del barone Arthur Holmswood – continua a peggiorare sino al punto da diventare irriconoscibile.

Circostanze che Mina non potrà certo sottovalutare: aiutata dal sergente investigativo Quincey Morris e raggiunta via mail dall’hacker Songbird, l’impavida eroina finirà per indagare circa un anonimo club d’élite che adesca giovani donne, per poi dirottarle verso il Castello di Cysgod, un’antica dimora che pare ospitare un misterioso proprietario…

Riuscirà dunque Mina Murray a scoprire l’identità di chi si cela dietro questa possibile tratta di esseri umani? E, soprattutto, sarà in grado lei sola (e senza Van Helsing a proteggerla) di salvare Seren Evans, l’ennesima ragazza scomparsa di cui seguiamo il percorso sin dall’inizio del romanzo?

Sono pagine che davvero ci sorprendono – specie quella fotografica dell’y Llyfr Gwaed, il “libro del sangue” con la tecnica rituale di annientamento del vampiro –; nonostante le sequenze principali siano sovrapponibili all’opera che già conosciamo, questa bella intuizione di sovvertire le dinamiche di fondo (e con esse il sesso di alcuni personaggi, tipo Quincey Morris), davvero ci spalanca a un’esperienza del tutto nuova, capace di dare i brividi – e di far battere il cuore – ma senza trascurare la componente di denuncia (“Gli uomini si eccitano della loro bellezza, si eccitano sessualmente e si soddisfano consumandole (…) uomini che sono mostri e mostri che sono uomini. Ecco il motivo”).

E se sul finale di narrazione un minimo di dignità maschile in qualche modo si recupera – ma non anticipiamo oltre – merita allora concludere con le parole della stessa autrice che, in un’intervista al Writer’s Digest, restituisce un punto di vista inedito della sua avvincente narrazione: “Una delle cose che amo di più del Galles è come un prete e una strega possano parlare la stessa lingua. Dove l’immaginario cristiano e il simbolismo pagano convivono fianco a fianco, dove puoi vedere un Green Man e una croce nella stessa chiesa, uno accanto all’altra (…) i lettori vivranno una storia avvincente, in cui un gruppo insolito di donne – una psicologa ossessivo-compulsiva, una strega svitata, una hacker stramba e una poliziotta saffica, ciascuna con i propri demoni interiori – si allea per combattere le forze oscure e labirintiche di predatori potenti, società segrete e antichi miti e leggende. Una Scooby gang tutta al femminile”. Perché, dietro una grande donna, come Mina Murray, c’è sempre una grande donna, come Dawn Kurtagich…

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