Carmen Pellegrino, autrice con la passione per i luoghi abbandonati, tema a cui ha dedicato un romanzo finalista al premio Campiello, torna in libreria con “Se mi tornassi questa sera accanto” e racconta a ilLibraio.it una sua abitudine, che è “una carezza per lo sconosciuto”, e implica il lasciare bigliettini “per le città”. Nell’intervista parla anche dell’ossessione per “i distacchi”, che evita e cerca allo stesso tempo. E si esprime sul tema del maschilismo nel mondo letterario (e non solo), ammettendo la mancanza, spesso, di “un’alleanza tra donne”

Carmen Pellegrino, autrice campana tra i finalisti al premio Campiello 2015 con Cade la terra (Giunti), torna in libreria con Se mi tornassi questa sera accanto (Giunti), la storia di un padre che scrive lettere alla una figlia scomparsa. Il distacco, tema comune dei due romanzi, è “un’ossessione” per l’autrice, come ammette lei stessa intervistata da ilLibraio.it: “Li temo, ma forse li cerco (i distacchi, ndr). A ogni modo mi sembra che vivere sia anche un continuo separarsi da qualcosa. Da una casa, da un luogo: paesi e poi città e città, raggiunte l’una dietro l’altra, come se cambiare residenza potesse dare un’altra forma al presente e renderlo meno somigliante al passato. E ancora distaccarsi da qualcuno. Da quelli che abbiamo amato o che ci hanno amato e poi, d’un tratto, più niente e ci si chiede come ha potuto un bene grande e solido rivelarsi così breve”, continua la scrittrice, che sottolinea come questo processo avvenga “nelle relazioni, in quelle per così dire di coppia e nelle amicizie che assumono, talvolta, la forma di un amore meno capriccioso, ma ugualmente lancinante”.
Carmen Pellegrino
E capita anche “alle famiglie, come è accaduto ai Pindari del romanzo: un giorno Lulù, la figlia, decide di partire, con l’animo in subbuglio e l’intenzione di non tornare indietro“. Un distaccamento mai accettato dal padre che scrive lettere nella speranza che possano raggiungere la figlia.
Una caratteristica che lo accomuna all’autrice, che scrive “lettere” e lascia “bigliettini a casaccio, in giro per le città, con sopra riportati i versi di qualche poesia amata.  Un gesto che è come una piccola carezza per lo sconosciuto che li troverà. Abbiamo così bisogno di gesti gentili e inutili“.
Carmen Pellegrino
Una peculiarità di Carmen Pellegrino che va ad aggiungersi alla sua abitudine a prendere parte ai funerali di sconosciuti e alla passione per i luoghi abbandonati, da cui è nato il suo primo romanzo. Un interesse che “viene da lontano”, dai posti da cui proviene l’autrice: “Abbandono da tutte le parti. Le zone rurali e montane sono a rischio spopolamento, specie al Sud, è ben noto. Vivere nei paesi può essere davvero faticoso, se per esempio non si ha nemmeno la possibilità di accedere alle cure mediche urgenti perché il più vicino ospedale è a cinquanta chilometri e le strade per arrivarci sono franate, dissestate, piene di buche e mutilazioni dovute a lavori cominciati e mai finiti”.
Una passione che si è ben presto trasformata in qualcosa di più, tanto che Carmen Pellegrino è spesso definita “abbandonologa“. Tuttavia, quello per i luoghi dimenticati, non è l’unico interesse della scrittrice, che in passato si è dedicata a saggi sul razzismo, i migranti e personaggi femminili.
E, proprio sul tema del maschilismo in letteratura, ha ammesso: “Nel mio lavoro, come negli altri ambiti del quotidiano, mi sembra di camminare, ma a volte mi pare di farlo all’indietro. Le disparità esistono, eccome”. Tuttavia ha aggiunto che “spesso manca una forma spontanea di sostegno, di alleanza fra donne: in questo abbiamo le nostre belle colpe”.

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