A cent’anni dalla nascita e venti dalla morte, un libro racconta il genio di un protagonista (dimenticato) del Novecento italiano che portò al successo il “giornalismo popolare” rendendo Oggi una corazzata e lanciando Gente e Rakam. Poi da editore pubblicò “Il Signore degli Anelli” di Tolkien

Quando si trovò di fronte Angelo Rizzoli nella redazione di piazza Erba a Milano in quel 1945 di ritrovate speranze  dopo la guerra gli fece, più o meno, un discorso così: lei ha bisogno di uno che sappia vendere sogni, io di qualcuno che me lo lasci fare. Edilio Rusconi aveva solo 29 anni e un grande fiuto per le emozioni. Il settimanale Oggi nasce così: editore Rizzoli, il cumenda, direttore Rusconi, el biundin. Il motto: «Il giornalismo, come la letteratura, è lo sfruttamento dei sentimenti». E ancora: «Altro che notizie, la gente vuole sognare». Edilio Rusconi lo sapeva, ci credeva, e ci costruì sopra un impero che a metà anni Novanta fatturava 420 miliardi di lire, dava lavoro a oltre mille dipendenti e pubblicava una ventina di testate, da Gente a Gioia, da Rakam a Eva fino a mensili vari di turismo, economia, motori.

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L’anno scorso il centenario della sua nascita (1916) e il ventesimo anniversario della morte (1996) sono passati in sordina. Quasi una damnatio memoriae per quell’intellettuale di grandi ambizioni che sapeva parlare alla gente, faceva vita quasi monacale, stacanovista incallito e un pignolo che disseminava le scrivanie dei suoi giornalisti di bigliettini con idee, progetti, servizi ma soprattutto errori: «Voglio che questo servizio faccia piangere tutte le donne!», scrisse una volta rimandando indietro un articolo. E un giorno ordinò a Giancarlo Vigorelli di cominciare così una recensione: «Pier Antonio Quarantotti Gambini, lo scrittore col nome più lungo della letteratura italiana…».

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Su Edilio Rusconi si sprecano aneddoti, racconti dei suoi collaboratori, persino leggende. Ma della sua biografia che intreccia frequentazioni culturali di livello, letteratura, editoria e giornalismo poco si sa. A colmare il vuoto ci hanno pensato gli allievi del Laboratorio di editoria dell’Università Cattolica di Milano guidati da Roberto Cicala con la bella biografia Come un don Chisciotte: Edilio Rusconi tra letteratura, editoria e rotocalchi (Educatt) curato da Velania La Mendola che ripercorre tra documenti inediti, immagini e testimonianze la vita di quel «putto d’acciaio» (copyright Giampaolo Pansa) che comparve sulla scena editoriale italiana come un ciclone.

Di origini toscane (si chiamava Edilio come il nonno, pistoiese), Rusconi nasce a Milano nel 1916, trascorre l’infanzia a Bruxelles, dove i suoi erano emigrati, poi torna a Milano dove segue gli studi classici, si laurea alla Cattolica con una tesi su Alfredo Panzini, inizia a frequentare il bel mondo degli intellettuali: Carlo Bo, Quasimodo, Montale, Sereni.

Di Milano dirà: «non ha fiumi, non ha mare. È un luogo di incontro, un antico crocevia perpetuato nei secoli. Un posto dove tutti hanno doppia cittadinanza: quella d’origine, mai umiliata, e quella milanese, concessa con semplicità». Fiero anticomunista, cattolico rigoroso («Non guardo a destra o a sinistra, ma avanti, con l’aiuto di Dio», dirà in un’intervista del 1984), sicuramente anticonformista e fantasioso. Nelle Lettere al direttore, per esempio, s’inventa la figura dell’Angelo custode dall’anima anticomunista.

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Da ragazzo Rusconi sogna di fare lo scrittore. Esordisce su Frontespizio di Bargellini. Collabora a Lettere d’oggi di Giambattista Vicari. Diventa il critico letterario di Settegiorni, rotocalco diretto da Giovanni Mosca e pubblicato da un editore, Angelo Rizzoli, che sarà decisivo nella sua vita. Collabora con La Stampa e il Corriere d’Informazione. Poi arriva la guerra, nella primavera del 1944 i tedeschi lo deportano in Germania. Scriverà poi su Mercurio: «Ci portarono via intontiti dal caldo e dalla pena. Alle stazioni gridavamo: “Morte ai fascisti, morte a Mussolini”». Mentre è prigioniero, Rizzoli gli pubblica due suoi libri: Casamento 84, un romanzo, e Comune solitudine, ritratti letterari. Riesce a fuggire dal lager di Dresda e rientra finalmente in Italia. È il gennaio 1945. Alla pace mancano tre mesi. Il 21 luglio in edicola debutta Oggi: 16 pagine, 15 lire. L’inizio non è dei migliori, l’obiettivo è 60 mila copie ma ci vuole del tempo per ingranare.

Rizzoli cerca un direttore non compromesso col fascismo per dirigere il nuovo settimanale e Indro Montanelli gli fa il nome di Rusconi. Il cumenda crede di fregare el biundin proponendogli uno stipendio basso con l’accordo di pagargli mezza lira per ogni copia venduta in più del concorrente diretto, L’Europeo di Arrigo Benedetti ma è Rusconi a fregare Rizzoli portando in meno di dieci anni Oggi a un milione di copie e poi abbandonando la corazzata per mettersi in proprio: diventare editore e fondare uno dei rotocalchi popolari più venduti: Gente che debutterà in edicola il 2 ottobre 1957 con in copertina, manco a dirlo, Maria Gabriella di Savoia. La formula? Sempre la stessa: emozioni e sogni, principi e principesse. Al referendum del ’46 la monarchia è sconfitta di poco e l’Italia si rivela per metà monarchica. Rusconi ci si butta a capofitto e su Oggi pubblica un servizio fotografico con la famiglia reale in copertina immortalata in esilio a Cascais: Maria José col vestito a fiori, le principessine con le scarpette bianche e infine il re Umberto con l’aria da impiegato che ha perso il posto. È l’inizio del boom: 100 mila copie, 200 mila, 300 mila. Rusconi la spiega così: «Abbiamo scoperto che gli italiani dopo la seconda guerra mondiale non erano una razza completamente diversa dagli italiani di dopo la prima guerra e persino da quelli di prima».

Cavalca tutte le nostalgie, studia Time e Life, mette in pagina foto grandi, capisce che cosa raccontare e con quali toni farlo, inventa le didascalie lunghissime con tutte le informazioni che vogliono i lettori, a cominciare dall’età dei divi. «Ai miei giornalisti dicevo: dovete scrivere pensando a vostra moglie», è il diktat. Arrivano i servizi sulle famiglie reali d’Europa, il memoriale di Edda Ciano, la figlia del Duce, i divi del cinema, i personaggi della Tv. Sono gli anni d’oro della carta stampata, e Rusconi si staglia con piglio da condottiero.

Non è solo il re del giornalismo popolare, Rusconi. Nel 1968 nasce la Rusconi libri ed è un altro sasso nello stagno nel panorama editoriale italiano. Chiama accanto a sé il giovane intellettuale anticonformista Alfredo Cattabiani come direttore editoriale, segna un nuovo modo di fare letteratura, collabora con Rafele Crovi, Vanni Scheiwiller, pubblica autori “maledetti” come Eliade, Coomaraswamy, Guénon, Cristina Campo, Giovanni Arpino, esplora altri territori dando voce ad autori fuori dal coro che incarnano libertà e genialità di idee. Nella collana “Narrativa Rusconi” – siamo nel 1973 – compaiono nomi come Berto, Ceronetti, Patrick Modiano (Nobel per la letteratura 2014) e Saviane. Poi c’è Il quinto evangelio di Mario Pomilio, scartato dalla Rizzoli e divenuto il titolo di punta della collana. Ma forse il caso editoriale più conosciuto è quello che riguarda un oscuro professore di Oxford, John Ronald Reuel Tolkien, e la sua trilogia del Signore degli  Anelli, una saga di curiosi personaggi, gli hobbit, che si rifanno al mondo medievale. In Italia non lo vuole pubblicare nessuno, Mondadori con Vittorio Sereni ed Elio Vittorini lo boccia. Rusconi invece lo manda in libreria con la curatela di Quirino Principe e l’introduzione di Elémire Zolla. Sappiamo come è andata a finire. Nasce poi la collana “Biblioteca Rusconi” con prezzi inferiori per catturare la fascia popolare sul modello degli Struzzi einaudiani. Poi la saggistica con collezioni come Dimensione religiosa, Classici del pensiero e Cultura nuova che si avvale di consulenti del calibro di Augusto Del Noce e degli storici della filosofia Giovanni Reale e Nicola Abbagnano.

All’alba degli Ottanta Rusconi tenta infine l’avventura televisiva. Il 1° gennaio 1982 da Antenna Nord e altre cinque emittenti regionali nasce il network Italia 1 che vende subito per 32 miliardi di lire a Silvio Berlusconi. Dirà: «Con scelte da fare sull’ordine dei 10 miliardi al colpo, non era più rischiare ma giocare alla roulette. È vero, la tivù è l’editoria del futuro. Ma al futuro bisogna arrivarci vivi!». Ancora una volta, ci aveva visto giusto. «Quando penso a mio padre», confidò una volta il figlio Alberto che nel ’99 ha venduto tutti ai francesi di Hachette, «mi rendo conto che ha avuto successo perché sapeva sempre esattamente cosa voleva la gente e cosa lui poteva darle. Poi veniva tutto il resto: la sensibilità, la generosità, l’energia». Edilio Rusconi morirà il 10 luglio 1996. I re e le regine non tirano più, la Prima Repubblica è finita e l’anziano editore-scrittore-giornalista non è più in sintonia con quel mondo che ha raccontato in libri e periodici che hanno fatto grandi numeri restituendo l’anima di un’epoca.

nota: nella foto Rusconi con Fiorella Pierobon e Gabriella Golia

 

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