La scrittrice Ling Ma è al suo esordio con “Febbre”, un romanzo che parla di capitalismo, immigrazione, integrazione, lotta per la sopravvivenza… e “zombie”. Una storia che, allo stesso tempo, critica l’alienazione contemporanea e si pone come tributo ai rapporti umani

“No, non li uccidiamo: li liberiamo» lo corresse Bob. «E perché lo facciamo?”

“Perché è la cosa più umana da fare» rispose Geneviève. “Invece di lasciarli a ripetere all’infinito le stesse routine, durante le quali peggiorano, li liberiamo subito dalla loro sofferenza”.

Bob sfilò il braccio sofferente dalla fascia, che portava in modo discontinuo. 

Gli servivano entrambe le mani per azionare la carabina M1. 

E poi sparò alla signora Gower, al signor Gower e a Gower junior, uno dopo l’altro, tutti in la. A ciascuno destinò un colpo secco e pietoso alla testa. Come orsi addormentati in una favola, crollarono uno alla volta sul proprio piatto. Bob si girò verso di me. “Ora tocca a te. Ti ho lasciato l’ultimo bersaglio. La ragazza dietro le tende, che a quanto pare ti era sfuggita”.

Qual è la giusta cosa da fare, quando un’epidemia diffusa in tutto il mondo decima pian piano le città, e ben presto ci si ritrova soli in una metropoli abbandonata?

Febbre di Ling Ma

È quello che è successo a Candace, protagonista del libro Febbre (Codice Edizioni, tradotto da Anna Mioni), esordio della scrittrice americana (e insegnate dell’Università di Chicago) Ling Ma.

Figlia di immigrati cinesi morti prematuramente, Candace Chen cerca una stabilità e una forma di sicurezza per poter sopravvivere: è così autoreclusa nella sua rigorosa routine casa-lavoro, da non accorgersi di nulla.

Gli “zombie” – presentati attraverso la voce del personaggio principale, narratrice in prima persona – vengono studiati, osservati passivamente dalla ragazza. Ci si poteva perdere a guardare le attività più banali che venivano ripetute ciclicamente in un loop infinito. È una febbre della ripetizione, della routine. Ma, stranamente, le routine non si ripetevano per forza nella stessa identica maniera. Se si stava un po’ attenti, si notavano delle variazioni. (…) Erano le variazioni a colpirmi.

Candace inizia a rendersi conto del problema solo quando ormai New York è spacciata, e così decide di unirsi a un piccolo gruppo guidato da Bob. I sopravvissuti non si sforzano di imparare tecniche che gli permettano di andare avanti e di pensare al mondo del futuro. Il loro obiettivo è solo arrivare alla Struttura, il luogo in cui potranno dare vita a una nuova società.

Organizzano raid di recupero di beni di “prima necessità”, secondo regole e ritualità precise: incontrano i morti, che si limitano a spostare o seppellire, ma soprattutto i “vivi”, quelli che si sono ammalati, quelli che hanno perso ogni coscienza e che replicano ossessivamente gestualità prive di qualsiasi senso. Un confronto che segue le regole imposte da Bob, basate su una logica, non sempre di facile comprensione.

Un’ambientazione apocalittica da The Walking Dead e L’alba dei morti viventi, degli “zombie” che vanno oltre a qualsiasi tipo di stereotipo (non interagiscono con gli altri, non aggrediscono, ma rivivono passivamente e senza sosta azioni quotidiane): Ling Ma racconta una storia distopica allo stesso tempo critica dell’alienazione della società contemporanea e tributo ai rapporti umani che ci spingono a fare qualcosa di più della semplice sopravvivenza.

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