Nato da poco e già molto seguito, “Freeda Media” è il progetto editoriale che si propone di diventare il “punto di riferimento per le donne tra i 18 e i 34 anni”. Il suo sito è solo una “landing page” che rimanda a Facebook e Instagram, perché si tratta di una realtà “100% social” e i contenuti multimediali e gli articoli “sono progettati per essere fruiti direttamente come Instant Articles”. ilLibraio.it ha intervistato l’Editor in chief Daria Bernardoni per discutere di questa realtà emergente, ma anche di femminismo di quarta generazione, stereotipi e nuovi modelli editoriali…

Freeda è un progetto editoriale nuovo, ma già ben conosciuto dalle giovani donne che ne seguono i contenuti su Facebook e Instagram. Fondato dal 29enne Andrea Scotti Calderini, che ha lasciato Publitalia dove era direttore della divisione crossmedia e branded entertainment, e dal socio Gianluigi Casole (che arriva da Holding Italiana Quattordicesima), il progetto è stato sviluppato attraverso la società Ag Digital Media.

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Daria Bernardoni

L’editor in chief di Freeda è Daria Bernardoni, con un passato in Bookrepublic e, a seguire, da content manager per i “verticali” di Microsoft e Yahoo. Proprio con Bernardoni ilLibraio.it ha parlato del progetto Freeda, oltre che di femminismo e di comunicazione nell’era dei social.

Intervistati da Prima Comunicazione, Andrea Scotti Calderini e Gianluigi Casole hanno spiegato che l’obiettivo di Freeda è “diventare la voce più forte e indipendente delle donne tra i 18 e i 34 anni”: per raggiungere questo ambizioso traguardo, che tipo di “linea editoriale” state seguendo?
“I millennial sono una generazione con abitudini, obiettivi e valori molto diversi dalle generazioni precedenti. La globalizzazione, la tecnologia, la crisi, sono solo alcuni fattori che hanno rivoluzionato il modo di pensare e gli stili di vita delle persone. Se poi parliamo di donne millennial, questa differenza è ancora più importante: sono donne che per la prima volta nella storia si sentono davvero libere – Freeda per noi significa freedom al femminile – di fare, di essere, di pensare, in una prospettiva di piena auto-determinazione”.

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In che modo stanno cambiando le cose?
“Solo per fare un esempio, fino al 1981 in Italia esisteva il matrimonio riparatore: 36 anni fa. Quello che sta succedendo alla condizione femminile è un cambiamento epocale, che Freeda coglie, interpreta e traduce affrontando qualsiasi argomento a 360° e raccontando storie di donne che hanno rotto barriere e migliorato la società grazie alla loro forza – per stare sull’esempio del matrimonio riparatore, la storia di Franca Viola. Lo facciamo attraverso contenuti autentici, rilevanti e dal tono di voce ironico, mixando questioni molto importanti e attuali a contenuti più leggeri e divertenti, perché ci rivolgiamo a una generazione che ama approfondire, informarsi e divertirsi, ma che non vuole evadere dalla realtà, anzi si impegna per dare il proprio contributo positivo al cambiamento. Questo passaggio non è banale, spesso i millennial sono ritratti come una generazione di inetti, ma la realtà è ben diversa”.

Quali sono i “valori” in cui credete e che cercate di raccontare con i vostri contenuti multimediali?
“Innanzitutto, la realizzazione femminile, intesa come la libertà di decidere qual è il proprio obiettivo nella vita e raggiungerlo. Qualsiasi sia questo obiettivo: non vogliamo di certo sostituire lo stereotipo della donna madre con quello della donna manager, anzi, il punto è proprio la libertà di decidere chi e cosa diventare nella propria vita, quindi lavorare perché le condizioni di questa libertà si verifichino. Il secondo valore è lo stile personale, che per noi significa celebrare l’individualità…”

E cosa significa?
Freeda non dice alle donne come devono essere, come devono vestirsi, come devono comportarsi, ma le aiuta a tirare fuori il meglio di sé. Il terzo valore è la collaborazione tra donne”.

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Su cui spesso emergono dubbi…
“Sì, si dice che le donne non votino le donne, o che un ambiente lavorativo con troppe donne diventi difficile e competitivo. Noi invece crediamo che le donne insieme siano una grande forza, e Freeda è un’azienda in cui il 75% dei dipendenti sono giovani donne che ogni giorno lavorano insieme per dimostrarlo”.

Quali sono i modelli a cui vi ispirate, anche a livello di linguaggio?
“Come reference internazionali, ci siamo ispirati a R29, Manrepeller, The Skimm, Bustle, Into the Gloss e tanti altri. Ma lavoriamo molto per sviluppare un nostro linguaggio autentico e originale, in sintonia con la sensibilità del pubblico italiano. A giudicare dai risultati di questi primi quattro mesi di pubblicazione stiamo riuscendo a costruire una voce unica, ma è davvero solo l’inizio”.

Freeda “esiste” solo sui social (al momento Facebook e Instagram, e presto probabilmente anche su YouTube e Snapchat), dove puntate molto su card, video e gif, e tendete a sperimentare. Quando invece proponete degli articoli, che tipo di approccio alla scrittura cercate?
“Freeda a oggi è un editore 100% social, quindi anche i nostri articoli sono progettati per essere fruiti direttamente da Facebook come Instant Articles, considerando anche che la nostra audience trascorre la maggior parte del tempo online da mobile e su piattaforme social. Gli Instant Articles hanno una velocità di caricamento perfetta anche per chi naviga da 3G. Dal punto di vista editoriale invece ci siamo concentrati principalmente su tre formati: profili biografici di storie di grandi donne, divulgazione di ricerche scientifiche su tematiche rilevanti per la nostra audience e approfondimenti culturali. Copriamo anche l’attualità, ma ovviamente con il filtro dei nostri valori”.

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In pochi mesi avete superato i 500mila fan su Facebook e i 70mila follower su Instagram: da chi è composto, oggi, il vostro pubblico? 
“Il nostro pubblico è composto per il 90% da donne di età compresa tra i 18 e i 34 anni, è quindi piuttosto specifico. I nostri articoli sono letti principalmente dalla nostra fanbase di Facebook, mentre i video, il nostro formato di punta, tipicamente escono dalla cerchia dei fan. Il mese scorso, per esempio, abbiamo raggiunto 17 milioni di persone nonostante la nostra fan base sia di 500.000 fan, grazie alle condivisioni, ma come dicevo sono soprattutto i video a diventare “virali”, per usare una buzzword”.

Ad oggi il team di Freeda è composto da 31 persone, che non sono poche. Quali sono i vostri modelli di business? Presto inizierete a fornire contenuti multimediali anche ad altre realtà?
Freeda offre alle aziende la possibilità di entrare in contatto con il target donne 18-34 attraverso attività di marketing e comunicazione a 360°. Crediamo infatti che qualunque brand desideri far parte delle conversazioni delle donne di questa generazione lo possa fare in modo autentico e rilevante soltanto tramite Freeda, perché Freeda è già il motore delle loro conversazioni”.

Quali sono i tabù legati all’essere donna di cui dobbiamo ancora liberarci?
“Che esistano lavori maschili e lavori femminili, che una donna se non è madre non si sente realizzata, che il comportamento di una donna che vive la propria sessualità in maniera libera sia giudicata in maniera diversa da un uomo, che una donna che fa lo stesso lavoro di uomo non abbia la stessa retribuzione, che una donna sia bella solo se fisicamente corrispondete a certi canoni, che le donne odiano le donne… Ma le cose stanno cambiando”.

In che modo il web e i social hanno cambiato il modo in cui si parla di femminismo?
“Personalmente ho una visione positiva ma non idealizzata della rete, credo che sia in parte uno strumento che abilita e amplifica dinamiche pre-esistenti e in parte un nuovo ambiente di interazione per l’uomo, in cui l’uomo può evolversi in modo nuovo. Detto questo, Kira Cochrane ha definito il femminismo contemporaneo, che si è evoluto anche grazie alla rete, come ‘la quarta ondata’. Si tratta di un femminismo più aperto e inclusivo, che promuove la parità e non la guerra dei sessi. Non mancano donne leader e icone pop che hanno aderito a questo filone, da Sheryl Sandberg a Lena Dunham passando per Emma Watson ma, soprattutto, è importante segnalare che di questa quarta ondata fanno parte anche gli uomini, come Barack Obama o Justin Trudeau, a rimarcare che non si sostiene né l’inferiorità né la superiorità di un genere sull’altro, ma appunto la parità”.

Chi sono le influencer e i modelli positivi a cui le ragazze si possono ispirare e che voi di Freeda raccontate?
“Le grandi donne che Freeda racconta spaziano in tutti i settori – scienza, arte, letteratura, ingegneria, musica, cinema… – e in tutte le epoche: Maryam Mirzakhani che ha messo una pietra sopra agli stereotipi sulle donne e le materie scientifiche vincendo la Medaglia Fields nel 2014, il più prestigioso premio mondiale per la matematica; Margaret Bulkey, che si finse un uomo per 56 anni pur di fare il medico nell’esercito inglese nel 1865, quando alle donne non era concesso; Rupi Kaur, giovane e brillante Instapoet di origini indiana, o Ildegarda di Bingen, la santa che per prima parlò di sessualità femminile nel Medioevo…”

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