È un pomeriggio caldo e assolato di luglio quando una donna cade dal quarto piano di una palazzina e si schianta al suolo. La donna ha trentadue anni, ed è la mamma di una bambina di quattro mesi. “Svegliami a mezzanotte” di Fuani Marino è un racconto onesto e necessario – L’approfondimento

E poi sono caduta, ma non sono morta.

È un pomeriggio caldo e assolato di luglio quando una donna cade dal quarto piano di una palazzina e si schianta al suolo. La donna si chiama Fuani, ha trentadue anni, ed è la mamma di una bambina di quattro mesi: quel giorno, dopo averlo a lungo progettato, studiando altezze e possibilità, è andata nel balcone di sua zia, ha preso coraggio, e si è buttata di sotto. È sopravvissuta, alla caduta e a se stessa, alle tante operazioni, al corpo pieno di dolori e di cicatrici, all’ospedale, alla fisioterapia, agli sguardi di chi non ha capito, alla vergogna.

Fuani Marino - Svegliami a mezzanotte

Svegliami a mezzanotte di Fuani Marino (Einaudi – nella foto di Danilo Donzelli, ndr) è un racconto onesto di quanto è successo quel giorno in cui tutto si è distaccato e la vita si è come interrotta. La paura di quello che poteva accadere non ha potuto superare quello che era già accaduto, lo scollamento dalla realtà, dalle emozioni. Il malessere che sicuramente già esisteva, forse una predisposizione alla nascita, ha incontrato la stanchezza, la pressione delle convenzioni, la necessità di dare sempre di più, di non rifiutare il lavoro, di fare tutto, ha poi incontrato la depressione post partum fino al punto di rottura.

Dedicato a quanti hanno attraversato la notte, il libro è un’analisi lucida della sua perdita di senso, della mancanza di entusiasmi, dove non ci si riesce a rassegnare a vedersi diversi da quello che si desiderava, ad accettare la vita così come viene, con le sue difficoltà e le sue delusioni.

Mi sembrava che per gli altri fosse tutto più semplice.

Fuani Marino1_ Danilo Donzelli Photography

Fauni Marino nella foto di Danilo Donzelli

C’è un prima e un dopo in questo racconto, nel quale Fuani Marino riesce a prendere le distanze da se stessa, non è mai retorica, ma a tratti risulta quasi fredda, come sono le analisi “post”: e attraversa la letteratura, personaggi e autori che hanno dato voce al male oscuro, in alcuni casi loro stessi vittime, “ferite viventi”. Philip Roth, Amos Oz, Sylvia Plath, Denis Johnson, David Foster Wallace, J.D Salinger, Lev Tolstoj, Susanna Kaysen che scrive: La gente ti chiede: come ci sei finita? In realtà, quello che vogliono sapere è se c’è qualche probabilità che capiti anche a loro. Non posso rispondere alla domanda sottintesa. Posso solo dire che è facile.

Raccontare la propria storia come dovere e responsabilità, atto politico, di pride, un’opportunità perché la malattia mentale venga riconosciuta, perché se ne possa parlare senza pregiudizi, senza meschinità.

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Lo sanno quelli che soffrono, lo sapeva Cesare Pavese che nel suo biglietto di addio scrisse non fate troppi pettegolezzi.

Perché essere malati, di depressione, di disturbo bipolare, di ansia, è qualcosa di cui non avere colpa, che si deve affrontare con la terapia, e troppo spesso si vive nel silenzio, con il timore di essere additati come pazzi, lettere scarlatte su di sé.

La depressione ha già vinto in partenza, se negata: è il modo in cui gli altri, familiari, medici, amici guardano i pazienti, a fare la differenza, a creare una lontananza che condiziona totalmente chi sta male, e che è tanto più fasulla e dannosa, quanto più la sofferenza psichica riguarda tutti, chi più chi meno.

Insomma, siamo tutti potenzialmente matti, perché tutti potenzialmente indisponibili ad accettare le circostanze storiche in cui viviamo, tutti potenzialmente e intimamente disperati. (Piero Cipriano, psichiatra e psicoterapeuta)

In Svegliami a mezzanotte Fuani Marino parla della sua caduta e della sua rinascita: di uno stato invalidante per sé, per il proprio lavoro, per i parenti, per gli orari di una vita tutta capovolta. Il mio lutto ero io.

Ma, soprattutto, parla di consapevolezza, perché anche il malato, quando si rialza, ha una nuova percezione di sé, giudice reso severo da un eccesso di pensiero e, al tempo stesso, spaventato che succeda di nuovo: ritrovarsi fuori di sé.

Ho proceduto a tentoni, procedo ancora. Sperando a ogni passo, di non cadere più.

 

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