Spesso si immagina che dietro un negozio di libri digitale ci siano spietati algoritmi e non (anche) persone. Invece anche nel mondo ebook esistono i librai (digitali). Ne abbiamo intervistato uno: Stefano Tura, che gestisce il sito italiano di Kobo (e che è prima di tutto un appassionato lettore, anche di testi cartacei): “Gli algoritmi sono fondamentali, è ovvio, ma fanno solo una parte del lavoro. Dare spazio a libri meritevoli, costruire delle promozioni interessanti, reagire a eventi esterni, capire come spingere libri a cui tieni e che sai che potrebbero dare dei bei risultati se promossi adeguatamente, è qualcosa che gli algoritmi (ancora?) non possono fare”

Ogni giorno raccontiamo storie di librai e librerie fisiche. Storie di coraggio e passione per la lettura e la sua promozione, come pure storie di cui non ci fa piacere scrivere, di negozi in crisi, costretti a chiudere. Questa volta abbiamo voluto dar voce a una figura quasi mai al centro dei riflettori, visto che spesso si immagina che dietro un negozio di libri digitale ci siano spietati algoritmi e non (anche) persone, tantomeno librai. Invece anche nel mondo ebook esistono: si tratta di librai digitali, certo, ma non per questo meno appassionati dei loro colleghi. Stefano Tura è uno di questi. È “Merchandiser Italia” per Kobo, tra i principali concorrenti di Amazon nel mercato ebook internazionale.

Tura, cominciamo dalla sua giornata tipo. Lei non ha serrande da alzare: quali sono le sue prime attività mattutine, e quali sono i suoi principali impegni nel corso della giornata? Insomma, cosa fa un libraio digitale? È sempre davanti allo schermo di un pc o di un tablet?
“Non sempre, ma quasi. I primi impegni sono in realtà abbastanza banali: si tratta principalmente di controllare che la libreria sia in ordine, che l’offerta del giorno abbia il prezzo corretto, che tutte le liste siano aggiornate e al posto giusto. Poi si passa a rispondere alle mail – avendo Kobo sede in Canada, la mattina la mia posta è già piena di mail provenienti dai miei colleghi di Toronto. In generale, mi divido tra il lavoro sulla libreria e con gli editori italiani, per tanti versi più creativo, e quello con i colleghi europei e di Toronto, più operativo”.

Andiamo avanti con la sua giornata tipo.
“Il lavoro segue vari binari: dal preparare le prossime newsletter o banner all’analizzare i dati di vendita, dal discutere con gli editori sulle prossime uscite all’organizzare il proprio calendario di lavoro – promozioni in arrivo, libri da mettere in evidenza, test da fare sull’homepage. Ma è difficile riassumere in poche righe tutte le attività, non foss’altro perché, se è vero che sono l’unico dipendente italiano (cosa che fa sì che mi ritrovi anche a correggere traduzioni), è anche vero che c’è una squadra molto vasta di persone con cui coordinare moltissime attività che difficilmente vengono in mente quando si pensa a un libraio, come dare suggerimenti e richieste sullo sviluppo degli strumenti di lavoro e sulle novità da implementare nel sito per renderlo più efficace. La parte più interessante rimane però lavorare insieme agli editori alle strategie promozionali e alle strategie di lancio per alcuni ebook”.

Dunque c’è un essere umano dietro una libreria digitale. Non ci sono solo algoritmi…
“Fortunatamente no, anzi, mi sono trovato di recente a parlare a un workshop sull’editoria digitale, e la prima cosa che ho detto è stata proprio questa. Gli algoritmi sono fondamentali, è ovvio, ma fanno solo una parte del lavoro. Dare spazio a libri meritevoli, costruire delle promozioni interessanti, reagire a eventi esterni, capire come spingere libri a cui tieni e che sai che potrebbero dare dei bei risultati se promossi adeguatamente è qualcosa che gli algoritmi (ancora?) non possono fare”.

Anche lei deve occuparsi della vetrina (l’home page di Kobo) e degli scaffali (nel suo caso virtuali): quali criteri utilizza? Esclusivamente commerciali?
“Non solo, e questo è collegato a quanto appena detto. I criteri commerciali sono molto importanti, e la possibilità di vedere in tempo quasi reale le vendite e i risultati dei singoli libri è utilissima. Ma, al contempo, se mi basassi solo su criteri di questo tipo, ben presto la libreria diventerebbe poco interessante e sin troppo prevedibile (e il mio lavoro molto noioso). Il mio obiettivo è provare a offrire qualcosa di interessante a tutti i nostri lettori, e possibilmente fare trasparire che dietro Kobo lavorano persone – io in primis, ma vale lo stesso per tutti i miei colleghi – sinceramente appassionate di libri e per cui la lettura è fondamentale”.

Com’è diventato libraio digitale? 
“L’interesse sia per l’editoria sia per il digitale viene da lontano, la mia tesi di laurea era proprio sull’applicazione dei primi sistemi di gestione contenuti in un’attività editoriale. Dopo il master in editoria a Bologna ho iniziato a lavorare in una piccola casa editrice che si occupava di scolastica digitale, ma ho realizzato rapidamente che la scolastica non faceva per me. Ho poi lavorato cinque anni in un’agenzia letteraria, facendo più o meno l’intero cursus honorum: dall’attaccare francobolli al rappresentare i diritti di autori e editori stranieri. Nel 2012 però il richiamo per il digitale è tornato a farsi sentire, e ho deciso di fare quasi un salto nel buio lasciando l’agenzia per cercare una strada più vicina alle mie passioni. Per una serie di fortunati eventi, Kobo è arrivata quasi subito, e sono il libraio italiano dai tempi del lancio”.

Quanti libri al mese legge un libraio digitale?
“Non c’è una vera regola, se non ‘tanti’. L’anno scorso ho letto in totale un’ottantina di libri, ma a quelli vanno poi aggiunti i tanti a cui comunque si dà un’occhiata, leggendone qualche pagina, per capire meglio come siano e se e come possano interessare ai nostri lettori”.

A proposito, quali sono le sue passioni da lettore?
“Prevalentemente narrativa letteraria, ma mi piace anche leggere qualche buon noir o thriller. Ho una passione per il Novecento italiano, anche se quando penso al mio scrittore preferito il primo nome che mi viene in mente è di solito Faulkner“.

Da buon libraio, dia un consiglio di lettura ai nostri lettori.
“È appena uscito il nuovo libro di Anthony Marra, La confessione di Roman Markin: il suo precedente La fragile costellazione della vita è un romanzo eccezionale, tra i migliori che ho letto negli ultimi anni, e non vedo l’ora di tuffarmi su questo”.

Ha abbandonato la carta e legge solo su supporti digitali?
“Leggo principalmente in digitale, ma non esclusivamente, per vari motivi – alcuni libri che mi interessano non sono ancora disponibili in ebook, e tuttora preferisco leggere un certo tipo di saggistica su carta. Senza contare che dagli scaffali delle mie librerie mi osserva qualche centinaio di libri cartacei in attesa di essere ancora letti… Ma direi che 9 libri su 10 li leggo in digitale”.

Cosa pensa quando legge i commenti dei lettori che non possono fare a meno “dellodore della carta”?
“Il commento sull’odore della carta mi accompagna ormai da anni. Che dire, il fascino del libro cartaceo è innegabile e il fatto che in fondo sia pressoché invariato da centinaia di anni significa che è un oggetto quasi perfetto. Va però detto che l’odore della carta di un’edizione di pregio è ben diverso dall’odore della carta di bassa qualità e tenuta insieme da colle discutibili di un tascabile”.

Pare di capire che si sia rassegnato…
“In realtà mi dispiace solo quando un commento del genere è sintomo di un preconcetto verso gli ebook. È del tutto lecito e comprensibile preferire i libri di carta (tranne quando li si deve mettere in valigia), ma spesso chi dice di preferirli non ha mai realmente provato ad avvicinarsi a un ereader o a leggere un ebook. In Canada abbiamo fatto un piccolo esperimento, dando per sette giorni un ereader a persone che non li avevano mai provati prima e che erano affezionati alla carta. Quasi tutti, al termine dei sette giorni, hanno tenuto il device e sono diventati anche lettori di ebook, perché ne hanno scoperto i lati positivi”.

In Italia il mercato ebook è in lenta ma costante crescita: chi sono oggi i lettori digitali italiani? Sono lettori “forti”? Che età anno? Tendono a leggere su carta o su un supporto digitale a seconda delle situazioni e del tipo di libro?
“La maggior parte sono lettori ‘forti’, per cui il digitale presenta vantaggi immediati di praticità ed economicità. L’identikit, con le dovute differenze, non è troppo diverso dal cartaceo, essendo prevalentemente donne sopra i quarant’anni. Tanti lettori sono persone anziane, che trovano nella possibilità di modificare caratteri e interlinea un grande aiuto. Il mercato è comunque in continua evoluzione – ricordo che nei primi mesi dopo il lancio la stragrande maggioranza delle nostre vendite erano romanzi di genere, che fossero romanzi d’amore, erotici o thriller, mentre ora i nostri lettori comprano e leggono ogni tipo di libri. Solo una piccola percentuale dei lettori ha fatto il salto completo verso il digitale, la grande maggioranza alterna lettura su carta e digitale. Non credo d’altra parte che gli ebook siano sostitutivi dei libri di carta, e certo non nel breve o medio periodo”.

I dati internazionali parlano di un declino degli ereader, mentre cresce la lettura di testi digitali via smartphone: pensa sia necessaria una significativa novità tecnologica, un nuovo supporto in grado di dare una spinta significativa al mercato ebook? E, nel caso, pensa che arriverà presto?
“Un punto critico dell’editoria digitale è che non c’è un ambiente unico di lettura, ma ereader e smartphone/tablet hanno vantaggi e svantaggi totalmente diversi, che hanno alcuni riflessi anche sul tipo di libri e contenuti che vi si possono leggere meglio sopra. Tecnologie che permettano di fare un ulteriore “scalino” (per citare Gino Roncaglia) sono allo studio e possono giocare un ruolo importante. Non penso però sia una questione solamente tecnologica, ma è un discorso molto più ampio di abitudini di lettura, di politiche editoriali, di innovazioni che stanno avvenendo all’interno del settore editoriale. Anche in questo caso penso che la tecnologia sia solo un tassello, certo fondamentale, ma forse non il principale”.

 

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