Nel saggio “La letteratura al tempo di Adriano Olivetti” Giuseppe Lupo racconta l’esperienza che negli anni ’50 e ’60 prese vita intorno alla gloriosa Olivetti, dove si riunirono alcuni dei principali intellettuali dell’epoca
La letteratura al tempo di Adriano Olivetti (Edizioni di Comunità) di Giuseppe Lupo indaga e racconta l’esperienza a cui diede vita Adriano Olivetti negli anni ’50 e ’60. Tra gli stabilimenti industriali della Olivetti ad Ivrea, dove si producevano macchine da scrivere e calcolatrici, e la casa editrice Edizioni di Comunità, da lui fondata nel 1946, si svolse una stagione fondamentale della storia della letteratura italiana.
Erano gli anni del boom per l’Italia, si sviluppava una sorta di rivoluzione industriale, e la letteratura si trovava ad affrontare questa novità con le trasformazioni che portava e le contraddizioni e i problemi che sollevava.
Adriano Olivetti, già sposato alla sorella di Natalia Ginzburg, aveva assunto Paolo Volponi, come direttore dei servizi sociali, e Ottiero Ottieri, come direttore del personale, insieme a loro aveva riunito molti dei grandi intellettuali italiani del tempo, come Sinisgalli, Bigiaretti, Buzzi, Fortini, Giudici, Pampaloni, Soavi. Li aveva assunti alla Olivetti, affinché si occupassero di economia e sociologia, di pubblicità e design, perché credeva nella possibilità di coniugare la modernità, con i suoi nuovi metodi di produzione di massa, e la persona umana, la cultura tecnico-scientifica e quella umanistica. Fu in questi anni che nacque la grande letteratura industriale italiana.
Giuseppe Lupo, che da sempre concentra i suoi studi e i suoi scritti sul rapporto tra letteratura e mondo del lavoro, racconta quell’esperienza, quel mondo di relazioni, influenze e suggestioni artistiche e letterarie che sorse intorno alla Olivetti e alle Edizioni di Comunità, che pubblicarono alcuni dei principali testi della letteratura industriale, italiana e non. Fu ad esempio Franco Fortini, nel 1952, a curare la prima traduzione italiana di La condizione operaia di Simone Weil.