Dopo Bologna, Baltimora e Madrid, Libribelli, appena aperta a Trieste, è la quarta libreria “libera” al mondo: a differenza di una biblioteca non c’è l’obbligo di restituzione e, diversamente dal bookcrossing, non vige la regola dello scambio…

Una libreria in cui i libri non si comprano e non si vendono. Questa la filosofia alla base di Libribelli, una delle quattro librerie “libere” al mondo aperta da poco a Trieste, dopo quelle a Baltimora, Madrid e Bologna.

Il titolare è Giorgio Cescutti, che racconta di aver scoperto l’esistenza del progetto avviato nel 2013 nel capoluogo emiliano da Anna Hilbe e di essersene subito innamorato. L’idea su cui si basa Libriribelli è molto semplice: a differenza di una biblioteca non c’è l’obbligo di restituzione e, diversamente dal bookcrossing, non vige la regola dello scambio. I visitatori sono invitati a curiosare tra i libri esposti e, nel caso ce ne sia uno di loro interesse, a prenderlo e portarlo via con sé: ciò su cui si basa il progetto è il marchio della gratuità.

Una bella iniziativa che, come racconta Il Piccolo, ha subito fatto notizia nella città: grazie al passaparola in pochi giorni dall’apertura “abbiamo già riempito le mensole e stiamo parcheggiando i libri ‘in doppia fila'”, spiega Giorgio, “È un mio vecchio magazzino, che ho voluto trasformare in qualcosa di più utile, aprendo le porte alle persone. Metto tutto di tasca mia, lavori di mantenimento e bollette, ma chi vuole può dare un contributo”.

E il contributo è arrivato velocemente. sono infatti già in tre – Malchisa, Francesca e Franz – i concittadini che ad oggi gli danno una mano con i turni in libreria. In tal modo Libribelli resta aperta al pubblico tutte le mattine e qualche pomeriggio alla settimana, anche quando Giorgio – che si è trasferito a Trieste da Roma per lavorare – è impiegato nel sociale e presta volontariato come clown di corsia.

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Spesso chi entra in libreria non crede possibile che i libri siano veramente a titolo gratuito e dunque esita a portarli via. Ma la verità è che i volumi esposti in quei 20 metri quadrati tappezzati di scaffali e suddivisi tra letteratura italiana e straniera, non sono altro che un dono.

“Oggi si è perso il contatto tra le persone: spero che questo posto diventi un’occasione per parlare, incontrarsi. Lasciando fuori dalla porta il dio denaro, per una volta in secondo piano rispetto a ciò che piace fare”. Leggere, in questo caso.

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