Da oltre quarant’anni Cees Nooteboom – più volte candidato al Premio Nobel – si ferma a Minorca: un legame forte lo unisce alla Spagna, tanto da portarlo a scrivere “533 il libro dei giorni”. Un volume di pensieri sul mondo, e sul posto che gli uomini hanno nell’universo

Da oltre quarant’anni Cees Nooteboom, scrittore olandese noto per libri come Rituali e Il canto dell’essere e dell’apparire (editi in Italia da da Iperborea, con la traduzione di Fulvio Ferrari), si ferma d’estate a Minorca. È un legame forte quello che unisce l’autore con la Spagna, tanto da portarlo a scrivere 533 il libro dei giorni (Iperborea, traduzione di Fulvio Ferrari): un libro sulle preoccupazioni per il suo giardino di cactus e per l’ibisco sofferente, il suo amore per l’isola spagnola, i suoi pensieri sul mondo e sul posto che gli uomini hanno nell’universo.

Nooteboom il libro dei giorni

Dopo il suo esordio Philip e gli altri (Iperborea, traduzione di D. Santoro), Nooteboom pubblica romanzi, poesie, saggi, opere teatrali e resoconti di viaggio come Cerchi infiniti. Viaggi in Giappone (Iperborea) e Il suono del suo nome (Ponte alle grazie), entrambi tradotti da Laura Pignatti. L’ultimo libro segue 533 giorni di stesura di riflessioni nel suo studio pieno di libri, e nel giardino presidiato dagli autoctoni dei regni vegetale e animale. Cactus, palme, tartarughe, ragni hanno forse un proprio linguaggio, che però resta impenetrabile. Non è un diario, ma più un “libro dei giorni”, per trattenere “qualcosa del flusso di pensieri, delle letture, di quel che si vede“.

Nooteboom si interroga con l’umiltà del profano su misteri botanici e zoologici, li intreccia alla sua passione per le lingue, resta in ascolto quando scopre suoni nei rumori e si fa astronomo e mitologo. Ogni impressione viene analizzata attraverso il suo deposito memoriale, esperienze e letture, e apre finestre su vasti orizzonti: la Divina Commedia e i libri che ha generato, l’impossibile incontro tra Montaigne e la musica di Feldman, il disprezzo di Borges per Gom­browicz, il volo infinito dei Voyager, il ripetersi della storia come tragedia e mai come farsa.

Una meditazione che Nooteboom, più volte candidato al Premio Nobel, vorrebbe escludere dal rumore dell’attualità, ma dove – nella Catalogna, nella Spagna, e nell’Europa lacerata – deve tornare molteplici volte, come dice Candide, “bisogna coltivare il proprio giardino”. Ed il proprio giardino è nel mondo, che lo si voglia o no.

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