Helga Schneider torna in libreria con “Un amore adolescente”, un libro che racconta del potere terapeutico della scrittura e insegna come affrontare un problema di cui si parla molto, il bullismo – L’intervista

Arriva in libreria Un amore adolescente (Salani), il nuovo libro di Helga Schneider, che torna a dedicarsi alla narrativa per ragazzi, con una storia che prende vita nell’Austria reduce dalla Seconda Guerra Mondiale.

Helga Schneider è nata nel 1937 in Slesia, regione della Germania che dopo la guerra fu ceduta alla Polonia; durante la guerra, la madre, convinta sostenitrice dell’ideologia nazista, si arruolò nelle SS e divenne guardiana nei campi di sterminio, abbandonando i figli alle cure della nonna. Helga vive a Bologna dal 1963, è naturalizzata italiana e scrive in italiano.

È autrice di numerosi libri per bambini e ragazzi, tra i quali ricordiamo Stelle di cannella (Salani, 2002), ma si è anche dedicata alla narrativa per adulti, con titoli come Il rogo di Berlino (Adelphi), Porta di Brandeburgo (Rizzoli) Il piccolo Adolf non aveva le ciglia (Rizzoli) e Lasciami andare, madre (Adelphi).

Il nuovo libro, Un amore adolescente, racconta la storia di Liesèl, una ragazza che a 14 anni viene spedita in collegio perché non riesce ad andare d’accordo con la matrigna e, una volta arrivata, scopre che il collegio non è poi così male.

Al collegio Liesèl si trova bene con le insegnanti e persino con il direttore, ma soprattutto con i suoi compagni, tanto che deciderà di fondare insieme a loro il giornale d’istituto, il giornale del Seeburg. Durante le riunioni della giovane redazione, i ragazzi avranno modo di crescere e di condividere, troveranno un modo per sconfiggere la bulla della scuola e, tra un articolo e l’altro, farà capolino il primo amore. Diventa un luogo dove possono “realizzare un progetto in comune (un giornale), sul quale convogliare tutte le proprie energie, rafforzando l’autostima, evidenziando le proprie potenzialità e prendendo piena consapevolezza di sé e del proprio mondo interiore”, come spiega l’autrice stessa.

Inoltre, l’esperienza “giornalistica” insegna ai bambini le proprietà terapeutiche della scrittura, che può essere un rifugio e una valvola di sfogo, ma anche un modo per confrontarsi con se stessi esenza timore, perché “la scrittura è una cosa buona, aiuta a buttare fuori sentimenti ed emozioni rimasti imprigionati dentro di noi e che continuano a farci male. Trasferendoli sulla carta possiamo controllarli e cercare di capire perché ci abbiano procurato tanto dolore”, citando le parole del direttore del collegio alla piccola Liesèl.
ilLibraio.it ha intervistato l’autrice, per approfondire alcuni temi trattati nel libro.

un amore adolescente helga schneider

In cosa si distingue il bullismo femminile da quello maschile?
“Non c’è differenza fra il bullismo femminile e quello maschile (bullying dall’inglese), sono sempre soggetti che attuano un insieme di azioni offensive con l’intenzione di avere potere su un’altra persona, di dominarla o vittimizzarla”.

Come avviene anche nel suo romanzo.
“La protagonista del libro, Liesèl, è ripetutamente oggetto di atti di bullismo da parte della più bella, elegante e arrogante del collegio, ma spesso il reiterato comportamento aggressivo dei persecutori è conseguenza di un forte disagio interiore, come nel caso della ‘bulla’ del collegio, Annika”.

A proposito di bullismo, lei dice che è sempre esistito, ma cosa è cambiato tra i bulli di ieri e quelli di oggi?
“Durante il nazismo vigeva nelle scuole una sorta di bullismo indotto dagli insegnanti ‘allineati’, rivolto ai ragazzi ebrei ancora presenti in classe, che dovevano essere considerati dai compagni nemici del Reich e del popolo ariano“.

Cambiamo tema. In che modo, a suo avviso, la scrittura è terapeutica?
“La scrittura è senza alcun dubbio terapeutica. Non sempre abbiamo la possibilità di parlare con qualcuno dei nostri problemi, dei conflitti e dolori che ci ha serbato la vita, ma metterli in ordine sulla carta e ‘tirarli fuori’ è simile a parlarne. In questo senso la scrittura diventa una benefica valvola di sfogo e sollievo”.

Come vede le contraddizioni e i problemi dell’Italia di oggi?
“Quando nel 1963 sono venuta in Italia ho trovato un paese che si stava risollevando dalle ferite, materiali e psicologiche, della guerra. C’era voglia di migliorare sempre più le condizioni di lavoro, della vita del singolo, delle famiglie, avvertivo ottimismo e un sentimento diffuso di speranza nel futuro”.

Che oggi sono andati perduti…
“Oggi si vive il dramma di una devastante disoccupazione, specialmente dei giovani, il paese arranca sotto un flusso immigratorio incontrollato e incontrollabile, con una classe dirigente che si rifiuta di ascoltare la preoccupazione del popolo, che si sente inascoltato. E si è attoniti davanti un terrorismo che colpisce l’Europa imponendo la sua cultura della morte. Ho l’impressione di vivere in una nazione impoverita, piegata su se stessa, rassegnata e apatica. Eppure questo paese è così struggentemente bello e ricco di arte, cultura, storia, bellezza. Vederlo in queste condizioni mi spezza il cuore”.

Nota: la foto in alto è tratta da www.ferraraitalia.it.

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