“Sono forte (ma so anche scrivere) – La vera storia di Astrid Lindgren” svela il lato più intimo dell’autrice di Pippi Calzelunghe: donna, madre e scrittrice – Su ilLibraio.it un estratto

Sono forte (ma so anche scrivere) – La vera storia di Astrid Lindgren, in uscita per Salani, narra la vita di una delle autrici più amate e lette al mondo, dalla cui fantasia è nato il personaggio di Pippi Calzelunghe.

In questo volume Susanne Lieder racconta il lato intimo e segreto, le lotte e i compromessi di una donna rivoluzionaria, Astrid Lindgren (1907-2002).

Sono forte (ma so anche scrivere) è al tempo stesso un viaggio nel processo creativo dietro le storie che l’hanno resa un’autrice indimenticabile.

vera storia di Astrid Lindgren

Tutto inizia nel 1929. Prima di essere una scrittrice di fama mondiale, Astrid è una madre single che ha di fronte una strada lunga e accidentata. Sono il coraggio, la determinazione e l’amore spassionato per suo figlio Lasse a permetterle di cavarsela, insieme alle storie che racconta: favole abitate da una bambina ribelle con due trecce rosse e una scimmietta sulla spalla.

Anni dopo, quando Astrid ha ormai sposato il suo grande amore Sture e conduce una vita felice, quelle storie tornano a farle compagnia tanto da sentire il bisogno di scriverle, e poi di pubblicarle. Il successo che arriva è inaspettato e sconvolgente.

Ma poi, proprio quando tutto sembra perfetto, fra Astrid e Sture qualcosa si rompe e la famiglia subisce una tragica sventura…

astrid lindgren pippi calzelunghe

Su ilLibraio.it, per gentile concessione della casa editrice, proponiamo un estratto:

Astrid era seduta a gambe incrociate nel fienile. Due gattini di poche settimane le si arrampicavano addosso, mordicchiandole l’orecchio, tirandole i capelli o cercando di infilarsi sotto la gonna.

La sera prima aveva scritto una lunga lettera a Sture. Le mancava, non pensava fosse possibile sentire tanto la mancanza di qualcuno. Le si stringeva lo stomaco, proprio come quel giorno in cui era saltata giù dal fienile senza sapere di preciso dove sarebbe atterrata. Sulla paglia che aveva ammucchiato là sotto o più in là, sul legno duro? Era l’eccitante sensazione di fare qualcosa di pericoloso senza sapere come sarebbe andata a finire.

Ed era proprio quella la forza di attrazione speciale, il motivo che l’aveva spinta a saltare dal fienile tante e tante volte; strillando per la tensione ed esultando, sollevata e gioiosa, quando arrivava giù senza farsi male.

A posteriori, per loro era stato un piccolo miracolo sopravvivere all’infanzia. Quante volte si erano trovati in pericolo di vita senza nemmeno rendersene conto!

«Ah, sei qui». Suo fratello salì la scala e si lasciò cadere sulla paglia, accanto a lei. La sua camicia aveva l’odore dell’erba, come una volta. C’erano cose che non cambiavano mai.

Dopo quattro interminabili giorni passati seduta o sdraiata, ad Astrid venne un’idea. Avrebbe potuto scrivere le storie di Pippi Calzelunghe, ospite costante del suo appartamento e della sua vita, e regalarle a Karin per il compleanno.

All’inizio era stato solo un pensiero vago, un’idea che le era balenata in mente, come molto spesso le accadeva. Poi però era diventata qualcosa di più, tanto da eccitarla gioiosamente e trasformarsi infine in un’immagine chiara: una piccola risma di fogli stampati. Forse avrebbe potuto anche illustrarli, quei fogli.

Torno a scrivere, pensò felice, e basta con i soliti racconti d’orrore della guerra. Finalmente farò quello che avrei dovuto fare tanto tempo fa. Perché sei una cantastorie mancata, risentiva le parole di suo padre. Sei proprio come me, Astrid, e mi chiedo perché hai aspettato tanto. Hai ragione, papà, rispondeva lei a bassa voce. In fondo me lo chiedo anch’io.

I figli erano usciti per andare scuola, quella mattina, e Astrid prese il blocco da stenografia, una penna e tornò a letto zoppicando. S’infilò due cuscini dietro la schiena, poi prese penna e blocco. Quant’era utile saper stenografare. E quant’era comodo scrivere a letto!

Astrid camminava su e giù per casa con il nipotino Mats in braccio. Il piccolo piagnucolava e singhiozzava, dopo aver frignato tutta la notte. Inger aveva chiamato la mattina presto chiedendole se potesse tenerlo qualche ora, visto che non aveva dormito quasi per niente.

Come ogni mattina, Astrid si era seduta a letto e aveva scritto, un rituale quotidiano a cui non voleva sottrarsi. Però aveva subito accettato di occuparsi di Mats. Il piccolo aveva ormai diciassette mesi, ed era un bimbo adorabile dal fascino incorruttibile.

Aveva appoggiato la testa nell’incavo del collo di lei, era tranquillo. Che si fosse addormentato? Astrid se lo scostò di dosso e, quando vide che aveva gli occhi aperti, rise: «Birbantello. Devi dormire, tua nonna è qui che fa i chilometri, girando per casa con te».

Lui fece su e giù con la testa, tutto entusiasta, e poi la scosse, la boccuccia piegata in un sorrisetto divertito.

«Probabilmente non sai ancora bene cosa vuoi. Ti faccio una proposta: tu ti metti a letto e io ti racconto una storia».

Anche quella volta funzionò, come al solito. In pochi minuti Mats si addormentò, con il pollice in bocca, e Astrid si sdraiò accanto a lui, con due cuscini dietro le spalle, continuando a scrivere la sua nuova storia di Kati.

(continua in libreria…)

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