“Forse è venuto il momento di rivalutare i piccoli gesti di solidarietà e di vicinanza, i piccoli atti di resistenza quotidiana, quelli che apparentemente non servono a nulla e che invece possono essere una potente medicina” – In occasione dell’uscita del suo nuovo libro, “La traversata”, su ilLibraio.it la riflessione di Francesco D’Adamo dedicata ad adulti e bambini

Che cosa possiamo fare noi uomini e donne di buona volontà per provare a spezzare quella membrana di sfiducia, apatia, delusione, scoramento, che ormai sembra avvilupparci un po’ tutti – chi più chi meno – come una sorta di “Covid dell’anima” che ci ha contagiato da troppo tempo?

Viviamo in un mondo sempre più diviso, violento, rancoroso, ingiusto, che corre impazzito verso l’ignoto e forse verso la catastrofe, e tutto sembra molto più grande di noi e ci sembra di essere impotenti.

Io appartengo a quella generazione che aveva un radicato senso del “noi”, della collettività, convinta che, tutti assieme, avremmo potuto incidere sulla realtà e cambiarla in meglio. Se tutti dicevamo no a quella sporca guerra che si combatteva nel Sud-Est asiatico, quella guerra sarebbe finita. Era un’illusione, ovviamente, ma che bello avere illusioni e speranze a vent’anni!

Adesso che il “noi” ha una voce sempre più fievole forse è venuto il momento di rivalutare i piccoli gesti di solidarietà e di vicinanza, i piccoli atti di resistenza quotidiana, quelli che apparentemente non servono a nulla e che invece possono essere una potente medicina, capace di curare l’indifferenza e di riempierci il cuore e la pancia di conforto. Li può compiere chiunque, basta uno sforzo per squarciare il velo dell’apatia.

Nel mio ultimo romanzo La traversata, pubblicato da Il Castoro, racconto uno di questi gesti: Ezechiele, vecchio pescatore siciliano, dopo il naufragio – fortunatamente senza vittime – di un barcone di migranti, trova sulla spiaggia lo zainetto di un bambino, con dentro le sue cose più care, un quaderno di scuola, la foto coi genitori.

La traversata Francesco D'Adamo

Ezechiele lo raccoglie, lo porta a casa, lo guarda e lo riguarda, non ci dorme la notte. Al mattino ha deciso, farà una follia: rimetterà in mare la sua vecchia barca, l’Esmeralda, e farà la traversata dalla Sicilia alle coste dell’Africa per andare a cercare la mamma di quel bambino, restituirle lo zainetto, rassicurarla che in Sicilia, nonostante il naufragio, è arrivato vivo.

Chi te lo fa fare Ezechiele, vecchio matto? A cosa serve? È inutile. E poi come farai a trovare quella donna? È come cercare un ago nel pagliaio.

Ezechiele non ascolta e parte con due compagni immaginari – il nipotino Tonino e il cucciolo Spaghetti – per un viaggio sempre in bilico tra reale e fantastico, in cui mondo visibile e mondo invisibile si mescolano con grande naturalezza, come nell’Isola Che Non C’è dove trovano rifugio tutti coloro che la traversata dall’Africa alla Sicilia non sono riusciti a portarla a termine perché il mare se li è presi.

Ho scelto di raccontare La traversata come una favola moderna, perché ho voluto dare ai miei lettori preferiti – quelli che io chiamo degli adulti che hanno provvisoriamente 12, 13, 14 anni – una storia che parla del mondo d’oggi con le sue stridenti e dolorose contraddizioni, senza nascondere nulla, ma con tutta la delicatezza e l’empatia che l’argomento richiede.

È una storia che vuole dare speranza e anche illusioni perché credo che ne abbiano un grande bisogno questi poveri ragazzi dal presente difficile e dal futuro incerto.

Qual è la morale della favola? Si può.

In alcuni miei precedenti romanzi ho raccontato le storie esemplari di eroi che si sono battuti per la libertà e la giustizia, a volte pagando un prezzo altissimo. Il bambino Iqbal, Harriet Tubman, Falcone e Borsellino. Storie esemplari che hanno ancora tanto da insegnarci.

Ezechiele invece non è un eroe, è solo un vecchio pescatore ma con uno straordinario superpotere: la capacità di commuoversi e di indignarsi. È un superpotere che tutti possiamo avere, basta volerlo.

A proposito di piccoli gesti apparentemente inutili. C’è una proposta che assieme alla lettura del libro voglio fare a tutte le scuole, a tutte gli e le insegnanti: provate anche voi coi vostri studenti a preparare uno zainetto come se doveste partire domani per un lungo viaggio verso l’ignoto, che non sapete dove vi condurrà. Come hanno dovuto fare migliaia di bambini in questi anni.

Cosa portereste con voi? Quali sono gli oggetti che veramente contano? Quelli più utili, quelli che ti ricordano casa oppure…? È più importante un paio di calzettoni o una fotografia? Il maglione o il quaderno di scuola?

Come cambiano le cose se le si guarda in questa prospettiva.

Preparare uno zainetto non è solo un modo per riflettere tutti assieme sul reale valore degli oggetti, è anche un gesto di solidarietà, un atto di presenza, un modo per dire: sappiamo cosa rappresentano quegli zaini che ogni tanto il mare getta a riva, sappiamo che storia c’è dietro e siamo qua a dire che vogliamo non succeda più.

L’AUTORE E IL LIBROFrancesco D’Adamo è cresciuto a Cremona. Dopo il liceo si è trasferito a Milano, per frequentare Letteratura all’università. Ha fatto tanti lavori, poi è diventato insegnante, e dopo ancora, ha iniziato a scrivere romanzi di genere noir per adulti. Solo dopo ha scoperto che poteva rivolgersi a un pubblico diverso, quello che lui definisce “adulti, provvisoriamente di 13-14 anni” e da allora non ha più smesso.

Gli piace raccontare storie vere che provino a spiegare il mondo, dalla parte dei più fragili. I suoi libri hanno avuto molto successo e sono tradotti in tutto il mondo, tra questi ricordiamo La storia di Iqbal (Edizioni EL, 2001), che è diventata anche un film animato.

Il suo nuovo libro si intitola invece La traversata (Il Castoro) ed è una favola che inizia durante una notte di tempesta. Un’imbarcazione si incaglia in prossimità della costa. Naufraghi giungono a riva, spaventati. Fuggono. Nella sabbia rimane uno zainetto, è di un bambino, Omar. Il vecchio pescatore Ezechiele, accompagnato dal nipote e dal cucciolo Spaghetti, decide di compiere “la traversata” al di là del mare, per riportare lo zainetto alla mamma e rassicurarla che il suo piccolo è arrivato sano e salvo sulle nostre coste.

Ezechiele sente di doverlo fare, sente di dover compiere quel viaggio nel nome della condivisione, della fratellanza e dell’importanza dei piccoli gesti. La strana compagnia comincia un’avventura che li porterà alla malinconica Isola Che Non C’è, ad affrontare il mare aperto, e infine a trovare il modo di comunicare in un paese del tutto sconosciuto.

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