“Cosa significa vedere il mondo attraverso uno schermo? Questa è la domanda. Se uno schermo ci dice ‘Dio è morto’, dobbiamo crederci?”. Intervistata da ilLibraio.it, la scrittrice Ali Smith riflette sul ruolo della tecnologia nella nostra vita ma, sopratutto, nella percezione della realtà. E racconta come ha “accettato la sfida di scrivere del tempo in cui viviamo” attraverso quattro libri dedicati alle stagioni: “Fin dall’inizio ho desiderato che questi libri fossero un esperimento capace di riflettere il nostro tempo…”

Ali Smith non crede nella linearità del tempo. Lo ha raccontato alla Paris Review nel 2017, quando è uscito Autunno, il primo romanzo della sua tetralogia dedicata alle stagioni, e lo dimostra in ognuno dei suoi libri, in cui le storie e i personaggi si intrecciano tra passato e presente, in una sinfonia di voci che rendono le sue opere difficili da dimenticare.

La scrittrice, nata nel 1962  a Inverness, in Scozia, da padre inglese e madre irlandese, dice di sentirsi a suo agio nelle zone di confine. E infatti i suoi racconti trovano luogo nei margini: in Autunno seguiamo le avventure del novantenne Daniel e della sua vicina Elisabeth, tra ricordi del passato e incontri, in una dimensione onirica in cui la loro amicizia senza tempo continua a prosperare.

inverno Ali Smith

Ora è il momento di Inverno (Sur, traduzione di Federica Aceto), a cui seguono Primavera, edito in inglese ad aprile 2019, ed Estate, in uscita in lingua originale nel 2020.

Inverno è ambientato durante le vacanze di Natale, in Cornovaglia. Protagonista Sophia, ex impresaria di successo che si trova sola nella sua immensa abitazione con 15 camere da letto, suo figlio, blogger fallito, la misteriosa Lux, e Iris, la sorella ribelle di Sophia, che si dedica ai profughi in Grecia. Anche per questo romanzo Ali Smith si è fatta ispirare da un’opera di Shakespeare, Cimbelino, e da Dickens – è facile vedere Sophia vestire i panni di una moderna Scrooge.

Inverno si apre con una lista di “morti”. Scrive: “Dio era morto: tanto per cominciare. Ed era morto il romanticismo. Era morta la cavalleria. La poesia, il romanzo, la pittura: tutti morti. L’arte era morta. Il teatro e il cinema, morti entrambi. La letteratura era morta. Era morto il libro”. Si tratta di una provocazione, o al contrario di una riflessione sulla caducità di ciò in cui crediamo?
“Può essere tutto quello che il lettore vi legge. Se si prova a cercare qualunque delle parole in apertura a Inverno su internet, salta fuori ‘è morto’. Dio, arte, letteratura…”

Internet, infatti, è citato spesso nel romanzo, a partire dal lavoro di Arthur che lo porta a scandagliare i materiali in rete…
“Ho trovato interessante come i nostri mezzi di comunicazione, gli strumenti che usiamo per capire il mondo, quando inseriamo la parola ‘Dio’ trovano ‘è morto’. Mi sono chiesta se possiamo prendere per vero quello che passa attraverso questi strumenti. Riceviamo informazioni che sono veritiere, oppure dobbiamo ancora capire come gestire quello che leggiamo sui nostri schermi? Alla fine gli schermi sono qualcosa che si frappone tra noi e la realtà, tra noi e gli altri. Quindi, cosa significa vedere il mondo attraverso uno schermo? Questa è la domanda. Se uno schermo ci dice ‘Dio è morto’, dobbiamo crederci?”

Recentemente ha raccontato come la Brexit sia stata fomentata da fake news. Lo stesso lo si può dire per molti altri fenomeni politici e non solo. Dunque le colpe sono principalmente di internet e dei social media?
“Le fake news sono sempre esistite, perfino ai tempi di Shakespeare le persone mentivano, come testimoniano le sue opere. Di sicuro internet è un catalizzatore di quello che succede nel mondo, come avvenuto per qualsiasi tecnologia arrivata prima. Pensiamo alla radio: è uno strumento fantastico che permette di scoprire e immaginare, ma Goebbels l’ha usata come strumento per far attecchire l’ideologia nazista”. 

Ci sono responsabilità umane dietro all’impatto della tecnologia…
“Ogni tecnologia è uno strumento che gli uomini decidono in che modo usare. Una volta hanno fatto una domanda simile a Margaret Atwood e lei ha risposto che quando arriva una nuova tecnologia l’uomo di solito la usa nel bene e nel male, poi capisce come usarla al meglio. Credo che sia un processo inevitabile”.

Ma internet ha una particolarità: chiunque può creare contenuti e metterli online…
“Per citare un altro visionario: H. G. Wells ha previsto tante cose, tra cui anche internet. Negli anni Trenta ha scritto che un giorno sarebbe esistita un’enciclopedia mondiale, situata nella camera, nello studio o nel salotto di tutti, e da lì sarebbe stato possibile accedere a ogni libro del mondo. Cos’è se non internet? Uno strumento fantastico, ma che si chiama anche ‘rete’. E questo non va dimenticato, perché le reti possono essere trappole…”

Torniamo a Inverno. Come in Autunno ci sono più generazioni a confronto – le baby boomer Sophia e Iris, Arthur, la ventenne Lux. Quanto è importante per lei raccontare la storia attraverso diverse generazioni?
“Ognuno di noi è un pezzo di storia, e ognuno di noi può essere vecchio e giovane allo stesso tempo. C’è chi ha sedici anni ma ha un’anima antica. E chi invece è sempre un bambino. Come Daniel, in Autunno: è un ultranovantenne ma ha una curiosità che lo tiene vivo. Lo stesso vale per la storia, quante cose avvenute nel passato stanno accadendo di nuovo? Vivere significa anche capire come fare a vivere”.

Il progetto dietro alla tetralogia la vede impegnata a scrivere un libro dopo l’altro, in un breve spazio temporale. Cosa significa per lei?
“Avere una deadline è sempre utile. Una curiosità sulla parola deadline: è nata durante la Guerra Civile americana. Allora, attorno prigioni si disegnava una riga e chiunque la superava veniva ucciso. Anche se oggi il significato è cambiato, c’è una certa urgenza nell’avere una scadenza”.

Questa metodologia quanto influenza il contenuto dei libri?
“Fin dall’inizio ho desiderato che questi libri fossero un esperimento capace di riflettere il nostro tempo. E tutti i libri della tetralogia sono esperimenti nel tempo. Quando ho iniziato a pensarli, la parola Brexit neanche esisteva. La stessa nozione che il paese fosse diviso in due fazioni è nata proprio mentre stavo scrivendo Autunno. Ho parlato con il mio editore e gli ho chiesto se sarebbe stato possibile pubblicare dei libri nel minor tempo possibile: io li scrivevo e loro li pubblicavano subito dopo. Visto che l’editore era interessato alla proposta, ho accettato la sfida di scrivere del tempo in cui viviamo”. 

E la percezione del suo lavoro di scrittrice?
“Lavoro a stretto contatto con chi produce l’oggetto libro. Per la prima volta nella mia vita da scrittrice ho davvero avuto modo di scoprire e apprezzare il lavoro dell’editore. Sento il dovere di consegnare un libro entro un certo giorno, perché c’è qualcuno che lo sta aspettando. In questo modo percepisco la comunione delle azioni che portano alla creazione del libro, e in generale dietro a ciò che prende forma nel mondo. Anche sapere che i lettori aspettano il prossimo volume è un grande stimolo”.

Ci può anticipare qualcosa su Primavera?
“In Spring mi interessava raccontare la sofferenza: da un lato quella di chi perde qualcuno a cui è molto vicino, dall’altro quella di chi si trova in una situazione senza via di scampo, come i migranti nei centri di detenzione. Anche questo libro prende ispirazione da un’opera di Shakespeare, Pericle, in particolare da un giovane personaggio, Marina, che affronta una serie di peripezie e di pericoli, ma riesce a salvarsi e, addirittura, a far cambiare idea ai potenti, grazie al suo essere incorrotta”.

Una giovane che mette in discussione i potenti: in Primavera è entrata Greta Thunberg con la sua lotta per l’ambiente?
“In realtà ho consegnato il libro a gennaio e solo allora l’ho vista in tv. Ma credo che nelle situazioni più disperate solo una figura pura e incorrotta possa rendere tutto possibile. Come sta succedendo ora con Greta, che sta dicendo ai politici e ai potenti che la terra è in pericolo”.

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