“Per sopravvivere nella natura bisogna conoscere i propri predatori e non sembrare delle prede. Questa è una lezione di vita che tutte le giovani donne dovrebbero apprendere, per essere preparate a reagire…”. È uno degli insegnamenti che ci ha dato Margaret Atwood all’inizio del suo incontro con ilLibraio.it, avvenuto durante un pranzo costellato di ricordi e aneddoti della scrittrice canadese, in Italia per ritirare il premio Chandler per il noir. La scrittrice, accompagnata dal marito Graeme Gibson, si è raccontata a partire dalla sua gioventù “nei boschi”, fino all’attivismo per l’ambiente e i diritti degli autori. Ha fatto chiarezza sul perché preferisce parlare di “umanesimo” piuttosto che di femminismo. E ha anche detto la sua sul caso Weinstein e su quello che gli uomini di potere dovrebbero apprendere dalla vicenda. Per poi discutere di letteratura, sia come scrittrice sia come lettrice, “non limitata dal concetto di genere”. E dare qualche indizio sui suoi prossimi progetti… – L’intervista

“Sono cresciuta nei boschi e ho imparato ad ascoltare. Lì gli orsi li senti prima ancora di vederli. Nelle terre Artiche, invece, bisogna guardare, perché gli orsi polari non fanno rumore, nuotano sott’acqua, con solo il naso fuori. Per difendersi è necessario portare con sé due bastoni bianchi, così da sembrare un tricheco, l’unico essere di cui gli orsi polari hanno davvero paura. Per sopravvivere nella natura bisogna conoscere i propri predatori e non sembrare delle prede. Questa è una lezione di vita che tutte le giovani donne dovrebbero apprendere il prima possibile, per essere preparate a reagire ai predatori, siano essi animali o umani”. Ed è anche l’insegnamento che la scrittrice Margaret Atwood ci ha dato, seduta davanti a un piatto di testaroli al pesto (“deliziosi”) e a un bicchiere di Barbera.

Settantotto anni da poco compiuti, l’autrice canadese è in Italia per ritirare il premio Chandler a Como (Atwood nella sua carriera ha ricevuto più di cinquanta riconoscimenti, tra cui il Nebula Award per la science fiction e un Booker Prize per L’assassino cieco) e per una serie di eventi a Milano, in occasione della rassegna Noir in Festival. Prossima meta il Sud America, dove il marito Graeme Gibson, anche lui romanziere, con cui è sposata dal 1973, terrà una serie di incontri sugli uccelli. Il birdwatching è una passione che condivide con la moglie: la coppia, a questo proposito, ha contribuito alla costruzione di un santuario per specie migratorie in Canada nel parco nazionale di Pelee Point.

margaret atwood

Graeme Gibson, il marito

La felicità per la scrittrice è “poter fare quello che si ama”. Dello stesso avviso è il marito che confessa: “Siamo stati fortunati, abbiamo potuto viaggiare per il mondo, senza un impiego fisso. E la fortuna delle opere di Margaret ci ha permesso una certa stabilità economica“. Qualche anno fa Gibson, che segue sempre la moglie nei suoi viaggi, è stato definito da una giornalista “il marito che ogni scrittrice dovrebbe avere” e Margaret Atwood ha colto l’occasione per farsi una risata: ha stampato la frase su una maglietta e l’ha regalata al consorte.

Essere una donna

Rispetto a quando ero una ragazzina, negli anni Cinquanta, le cose sono cambiate molto. Mia figlia, negli anni Ottanta, ha potuto partecipare a corsi di autodifesa che l’hanno resa cosciente dei pericoli e capace di reagire. Per una ragazza è fondamentale sentirsi in grado di cavarsela da sola, è empowering. Quando andavo io a scuola, le opzioni di carriera per una ragazza erano cinque: infermiera, hostess, segretaria, maestra e una sorta di nutrizionista che pianificava i pasti negli ospedali. Trent’anni dopo era già tutto diverso. Anche la vita sociale. Ricordo ancora quando ho raccontato a mia figlia come erano gli appuntamenti ai miei tempi, lei non faceva altro che dirmi ‘ma davvero?'”, ci racconta la scrittrice per dimostrare come è cambiata la condizione femminile, durante i suoi anni di attività o, come puntualizza con una certa ironia, “da quando è in vita”.

Un mondo, quello femminile, al centro di numerose sue opere, a partire dal romanzo d’esordio La donna da mangiare, del 1969; e ovviamente de Il racconto dell’ancella, opera del 1985 ma recentemente ripubblicata in Italia da Ponte alle Grazie, che ha reso Margaret Atwood un’icona anche per lettrici e lettori giovanissimi, grazie a una “coincidenza” (così la definisce lei): la serie tv tratta dal romanzo e prodotta da Mgm e Hulu, infatti, è uscita proprio nel periodo successivo all’elezione di Trump.

Margaret Atwood

Una situazione che la scrittrice definisce “terribile” e che condivide con i totalitarismi del passato alcuni particolari, come il controllo delle nascite: “Alle donne americane è stato sottratto il diritto di scelta della maternità; inoltre non viene riconosciuto alcun supporto per il mantenimento dei figli”. Controllare la riproduzione, infatti, è il primo strumento “per definire la demografia”.

Margaret Atwood, l’attivismo e il femminismo

“Essere un’icona porta con sé un grande svantaggio: le persone si aspettano che tu dica ciò che vorrebbero sentire”. E per questo Margaret Atwood preferisce che la sua opera venga definita “umanista, non femminista, perché di femminismi ne esistono molti”. Se si parla di “diritti uguali per tutti”, allora l’autrice si dice favorevole, ma “viste le grandi discrepanze e fazioni che vivono in ogni movimento” non desidera farsi portavoce di un ideale “generico, che potrebbe essere interpretato come una battaglia contro gli uomini, perché in quel caso significherebbe riproporre un modello storico già visto, in cui i diritti vengono garantiti solo ad alcuni”.

Margaret Atwood in un cammeo in "Alias Grace"

Margaret Atwood in un cammeo in “Alias Grace”

Durante l’incontro con i giornalisti avvenuto poco prima dell’intervista con ilLibraio.it la scrittrice, inoltre, si è definita un’attivista “accidentale” per i diritti delle donne perché è stato un caso se la serie tratta da Il racconto dell’ancella e Alias Grace (uscita a novembre su Netflix e tratta dal romanzo storico L’altra Grace, anche questo pubblicato da Ponte alle Grazie) hanno visto la luce in un contesto che sembrava riflettere i loro contenuti. Le cause “perse” per cui invece si batte sono molto più legate alla sua “vita privata” e includono l’ambiente e i diritti degli autori.

Negli anni Settanta e Ottanta, infatti, Margaret Atwood e il consorte sono stati tra i fondatori del sindacato degli scrittori canadesi e si sono impegnati a “far conoscere i romanzieri canadesi in un paese in cui era difficile pubblicare”. Una situazione che la stessa Atwood ha provato negli ani Sessanta, quando paradossalmente ha avuto meno difficoltà a trovare un editore per le proprie poesie che per le opere di narrativa. L’interesse dell’autrice per il supporto dei giovani autori continua tuttora, anche se in modo meno istituzionale, con “menzioni su Twitter”, che gestisce come “un piccolo programma radiofonico in cui consigliare titoli e autori interessanti”.

I social media non sembrano spaventare Margaret Atwood, che racconta di usare Twitter e di aver imparato abbastanza facilmente come gestire Instagram. E per i leoni da tastiera confessa di avere un metodo basato “sul terrore”: alla sua generazione è stato insegnato a “difendere con veemenza le proprie opinioni”. A questo proposito l’autrice ricorda i suoi primi contatti con i media in un’epoca in cui essere una scrittrice era qualcosa da freak, da fenomeno da baraccone. E per questo era ancora più importante farsi portavoce dei propri ideali.

Un rapporto, quello con i media, che discute anche con i giornalisti: per l’autrice è fondamentale, infatti, “supportare la stampa manistream, quella che si prende la responsabilità di ciò che scrive”, soprattutto in un momento come questo, in cui spopolano le fake news ed è difficile individuarne i promotori.

Letteratura e libri

Margaret Atwood ritiene che anche il suo spaziare da un genere all’altro – oltre che poesie e romanzi ha scritto sceneggiati tv, saggi, libri per bambini, racconti, ha riscritto La Tempesta di Shakespeare in Seme di strega (in libreria per Rizzoli) e sta sviluppando una serie di fumetti con protagonista l’eroe Angel Catbird – derivi dal suo passato “libero dalle costrizioni e dai dettami accademici che fanno sentire a un autore il bisogno di incasellarsi in una definizione”. Il suo infatti, è stato un percorso di “improvvisazione”.

E lo stesso vale per i suoi interessi da lettrice, che non sono “limitati in alcun modo dall’idea di genere”, ma che spaziano anche nella letteratura straniera, in particolare “francese, tedesca – di cui il marito possiede numerose opere scritte nel secondo dopoguerra – e italiana”. Un interesse, quello per l’Italia, che condivide con la figlia, che conosce l’italiano e spesso ha consigliato letture ai genitori.

E sui presunti rischi che correrebbe la lettura oggi, Atwood non ha dubbi: “Non sono diminuiti i lettori, ma sono aumentati gli scrittori e la varietà delle opere disponibili. Se ai tempi di Dickens ogni lettore inglese leggeva i suoi romanzi, oggi ognuno può scegliere a cosa dedicare la propria attenzione in base ai propri interessi. E per questo può sembrare che pochi leggano un certo libro”.

Il futuro

Prima di concludere il nostro incontro ritorniamo a parlare di un tema su cui all’autrice sono già state poste domande durante l’incontro collettivo con i giornalisti: lo scandalo che ha colpito Hollywood (e non solo) e che ha portato a galla gli abusi del produttore Harvey Weinstein e di altri nomi influenti dello showbusiness nei confronti di colleghe e dipendenti: “Nei prossimi anni gli uomini di potere probabilmente smetteranno di avere certi comportamenti e sfruttare la loro influenza a discapito delle giovani donne”, commenta Margaret Atwood, aggiustandosi la sciarpa dal motivo floreale che porta sulle spalle: “Ma per gli uomini comuni, che non hanno nulla da perdere, non credo cambierà qualcosa”.

E noi, possibili lettori e fruitori delle opere di alcuni dei nomi coinvolti, come dobbiamo comportarci? “Caravaggio non era una brava persona, ma non si può dire che i suoi quadri siano spazzatura”, osserva la scrittrice. “Bisogna valutare l’arte, non l’artista come persona”, aggiunge il marito, seduto accanto a lei.

Sul suo di futuro, invece, resta vaga: accenna a due nuovi progetti, uno dei quali è l’acquisizione da parte di Mgm dei diritti per realizzare una serie tv tratta dal suo romanzo Per ultimo il cuore. Ma, come ci tiene a precisare – forse per scaramanzia-, “quando si tratta di cinema e tv, i progetti tendono a cambiare molto velocemente e c’è sempre il rischio che non si concretizzino”.

 

 

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