La scrittrice Laura Pariani presenta su ilLibraio.it i libri finalisti al Premio Lattes Grinzane 2023, firmati da Giosuè Calaciura, Mircea Cărtărescu, Marco Missiroli, Karen Russell e Zeruya Shalev, e “accomunati anche dal fatto che, in questa estate di autori che portano nei libri il proprio Io e la propria vita senza alcuna mediazione, rappresentano un tipo di narrativa differente”. Il 14 ottobre, ad Alba, l’appuntamento conclusivo, con la presenza di Jonathan Safran Foer, vincitore del Premio Speciale Lattes Grinzane

È opinione comune che nessuna esperienza possa stravolgere completamente la nostra natura. Certamente l’ambiente in cui siamo cresciuti, il tipo di relazioni a cui ci hanno abituati fin dall’infanzia e il nostro stesso temperamento non potranno mai essere cancellati, ignorati o elusi. Ma nel corso della vita l’Io può andare incontro a crisi che innescano mutamenti, spesso temporanei, qualche volta più profondi e duraturi.

Proprio di questo parlano i cinque libri proposti dal Premio Bottari Lattes Grinzane 2023, accomunati anche dal fatto che, in questa estate di autori che portano nei libri il proprio Io e la propria vita senza alcuna mediazione, rappresentano un tipo di narrativa differente.

Pur traendo spunti autobiografici dalle sue due città – Rimini e Milano – quello che parla nelle pagine di Avere tutto di Marco Missiroli non è un Io ingombrante, ma piuttosto un Io che è un Tu che tutti possiamo indossare. Chi di noi infatti non ha mai giocato a immaginarsi anni in meno e un milione di euro in più? Chi di noi non si è interrogato su quale sia la cosa a cui tiene maggiormente? I soldi? La famiglia? La libertà?

Cosa significa per noi “avere tutto”?… Sandro, il protagonista, vive “secondo la matematica della vincita e della perdita: tutto è addizione o sottrazione” sia nel gioco d’azzardo sia nell’attività pubblicitaria in cui predilige lavorare sullo smarrimento del maschio contemporaneo: “il leone senza criniera, la volontà di controllo, l’urgenza di sfuggire alla decadenza”.

L’Io di Sandro prende la parola, respira l’aria di provincia della Rimini dell’infanzia, incontra vecchi amici, fa risalire a galla dal passato parti di sé che parevano sprofondate. E alla sua domanda sul senso della vita risponde il padre malato: “Alla fine mi sa che vogliamo solo le due o tre cose per cui veniamo al mondo” dice Nando Pagliarani, e’ Pasadèl, che porta in nome sottile e sostanzioso di Passatello, affibbiatogli al Dopolavoro Ferroviario da chi l’ha visto ballare fino a scorticarsi i piedi. La crisi innescata dalla morte del padre porta il protagonista alla possibilità di un cambiamento: consapevolezza dell’eredità familiare e forse l’abbandono della dipendenza dal gioco.

I donatori di sonno di Karen Russell racconta un’epidemia di insonnia che colpisce il mondo con esiti spesso letali. Anche qui la narrazione è in prima persona, con un Io che impersona tutti noi che abbiamo sperimentato il timore del contagio e l’apprensione per la salute dei nostri cari. La protagonista è la giovane Trish, iscritta alle Brigate Morfeo, un’associazione no profit che si occupa del reclutamento di persone in grado di dormire senza incubi. È brava Trish a commuovere gli ascoltatori e a convincerli a donare il proprio sonno per il bene della collettività. È lei a scovare la Piccola A, una neonata dal sonno purissimo, non inquinato dalle paure dell’età adulta. Tra pericolose emergenze causate da una trasfusione di sonno infetto, i dubbi però incominciano a accumularsi: la diffidenza dei genitori di Piccola A è dettata da egoismo? Ma sarà poi vero che non esistono conseguenze negative a lungo termine per i donatori?… Finché Trish scopre che i medici addetti alle trasfusioni di sonno non seguono protocolli sicuri e che i dirigenti dell’associazione lucrano sulle donazioni. Non sapendo più a cosa credere, l’Io entra in crisi: il risveglio del senso di responsabilità innesca un cambiamento inevitabile, anche se il prezzo da pagare per questo tipo di discontinuità nella propria vita sarà probabilmente molto elevato.

Melancolia di Mircea Cartarescu racconta in terza persona un mondo dove gli adulti sono ombre meno reali dei sogni e l’esperienza della solitudine che nei piccoli protagonisti genera la possibilità di accedere a livelli di coscienza prima ignoti. Nell’onirico racconto I ponti, un bambino di cinque anni cerca la madre perduta in un paesaggio allucinato dove il soffitto di una fabbrica e il proprio cranio diventano quasi indistinguibili. Nel drammatico Le volpi, Marcel che di anni ne ha otto affronta la malattia e la morte della sorellina Isabel. Nello struggente Le pelli, il quindicenne Ivan turbato dall’incontro con il primo amore passa in rassegna le pelli che, come i serpenti, anno dopo anno ha dovuto mutare e levarsi, per la definitiva metamorfosi prima di entrare nel mondo adulto. I tre racconti sono inquadrati da un prologo e un epilogo che all’opposto utilizzano la prima persona, ma chi parla non sperimenta nulla: è un Io che non riesce a incontrare l’Altro; un Io che ha a disposizione un linguaggio che somiglia a “un pugno di ossicini sec­chi di piccione, leggeri come carta”; un Io che non conosce più storie, anzi si chiede “se per caso io non significhi soltanto questo: solitudine”. Nella prigione kafkiana di carne inespugnabile in cui l’Io si ritrova “dove entrerebbe un tu in tutto questo racconto?.

Narrazione in terza persona in Una notte di Giosuè Calaciura: la nascita del Bambino a Betlemme è un punto di svolta nella vita di tanti personaggi oscuri che neppure hanno un nome, come fossero statuine di un presepe: il pescatore con la gerla magica, il soldato, la donna sterile, il pastore, lo scemo del villaggio, l’immacolata, i magi impostori, perfino il bue rassegnato a un destino di morte. Chi è coinvolto in quella notte fatale può accedere a un cambiamento prodigioso in cui la coscienza si espande verso nuovi confini di consapevolezza totalmente sconosciuti in precedenza. Racconto corale in cui, tra le innumerevoli vicende intrecciate l’una all’altra, spicca con la leggerezza della fiaba la storia delle madri che, in visita al Bambino, giocano a scambiarsi i neonati cosicché alla fine non riescono più a riconoscere l’uno dall’altro. Ma ad aprire e chiudere il libro sono le storie del bambino sognatore, che si spezza la gamba nella notte santa, e dell’adulto usuraio in cui si è tramutato nel tempo trascorso dal primo vagito nella stalla di Betlemme fino al Golgota: segno che, quando il passato viene messo a tacere, nessuna evoluzione verso il bene è possibile.

Anche Zeruya Shalev nel romanzo Stupore sceglie la narrazione in terza persona per intrecciare con la Grande Storia le vicende individuali di due donne israeliane: dalla turbolenta fondazione dello Stato, alle divisioni politiche e religiose all’interno di una stessa famiglia, fino ai disturbi post-traumatici che spingono i giovani soldati al suicidio. La cinquantenne Atara solo dopo la morte del padre Manu incontra la sua prima moglie, Rachel, ormai quasi centenaria; scopre così di portare il nome di una ragazza che aveva perso la vita in un attentato all’epoca in cui Manu e  Rachel facevano la lotta armata contro gli Inglesi. L’incontro segna profondamente le due donne: in Rachel riapre ferite mai del tutto rimarginate e rimescola memorie che per tutta la vita ha cercato di soffocare; da parte sua, Atara che si è sempre sentita rifiutata dal padre, si libera della sensazione di essere anonima a se stessa e al mondo, rendendosi conto di aver rappresentato per il padre la memoria vivente della colpa. Il cambiamento psicologico comporta dunque per entrambe fatica e sofferenza, ma anche stupore di condividere un comune destino e gratitudine nei confronti della vita a cui finalmente possono dare un senso.

L’EDIZIONE 2023 DEL PREMIO

Una notte di Giosuè Calaciura (Sellerio), Melancolia di Mircea Cărtărescu (La Nave di Teseo, traduzione di Bruno Mazzoni), Avere tutto di Marco Missiroli (Einaudi), I donatori di sonno di Karen Russell (Edizioni Sur, traduzione di Martina Testa) e Stupore di Zeruya Shalev (Feltrinelli, traduzione di Elena Loewenthal): sono questi i cinque libri finalisti del Premio Lattes Grinzane 2023, il riconoscimento internazionale intitolato a Mario Lattes e promosso dalla Fondazione Bottari Lattes, alla tredicesima edizione. Il prossimo 14 ottobre ad Alba verrà annunciato il romanzo vincitore.

Jonathan Safran Foer, pubblicato in Italia da Guanda, è il vincitore del Premio Speciale Lattes Grinzane, attribuito ogni anno a un’autrice o a un autore internazionale di fama riconosciuta a livello mondiale che nel corso del tempo abbia raccolto un condiviso apprezzamento di critica e di pubblico.

I cinque romanzi finalisti, così come il Premio Speciale, sono stati selezionati dalla Giuria Tecnica, composta da otto membri tra docenti, giornalisti, critici e scrittori. Ai 400 studenti e studentesse che compongono le Giurie Scolastiche è affidato ora il compito di leggere, giudicare e individuare il vincitore di quest’anno. I giovani coinvolti provengono da tutta Italia, da Aosta a Messina, da Volterra a Salerno, fino a Parigi, per un totale di 25 scuole partecipanti.

In occasione della cerimonia di premiazione al Teatro sociale Busca di Alba, il Premio Speciale Foer terrà una lectio magistralis su un tema a propria scelta e sarà insignito del riconoscimento. Nella mattina della stessa giornata, i finalisti incontreranno gli studenti e le studentesse delle scuole in giuria al Castello di Grinzane Cavour.

L’appuntamento del 14 ottobre sarà trasmesso in diretta streaming sul sito e sui canali social della Fondazione Bottari Lattes.

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