“Certi libri non si leggono, s’incontrano. Agiscono su di te come un incontro fatale: Antigone è uno di questi libri…”: su ilLibraio.it la riflessione di  Guendalina Middei, alias Professor X, che torna con “Sopravvivere al lunedì mattina con Lolita – I classici che ti mettono in salvo”

Antigone: farsi tempesta! Quando leggere l’Antigone?

Certi libri non si leggono, s’incontrano. Agiscono su di te come un incontro fatale: Antigone è uno di questi libri. Alcuni oggi pensano ai classici greci come a qualcosa di lontano nel tempo e nello spazio. Altri credono che solo chi proviene dal liceo classico possa comprenderli, capirli, amarli. Sentirli vicini insomma. Non c’è niente di più falso. I classici greci andrebbero letti da tutti “coloro che sanno cos’è lottare e soffrire”. Un autore più di tutti gli altri: Sofocle.

In tutte le sue tragedie Sofocle vi parla di chi da solo e senza alcun appoggio lotta, contro l’ingiustizia, un destino malvagio, un sistema corrotto. E in cambio riceve odio, umiliazioni, disprezzo; perché quando agisci in modo diverso dagli altri, il mondo fa di tutto per spezzarti.  Ci sono momenti così nella vita: momenti in cui ti viene chiesto di stare zitta e tacere, momenti in cui vorresti prendere posizione e far sentire la tua voce ma hai paura di farlo. Momenti in cui devi scegliere se piegarti o resistere. Momenti in cui sei tentato di passare da “non è giusto ciò che dicono” a “è meglio che faccia ciò che dicono”. E questo è il momento per leggere Sofocle. E in particolar modo l’Antigone.

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La tragedia ha inizio quando Creonte, Re di Tebe, ordina di lasciare insepolto il cadavere di Polinice. Eteocle e Polinice sono due fratelli che hanno combattuto l’uno contro l’altro. Eteocle è morto per difendere la sua patria, Polinice la sua patria l’ha tradita. Creonte stabilisce che i due cadaveri non saranno trattati nello stesso modo. Eteocle sarà sepolto e onorato, il corpo di Polinice invece dovrà diventare cibo per i corvi.

Proibito seppellirlo, e neppure piangerlo è concesso, perché sia abbandonato senza lacrima né tumulo, dolce tesoro per gli uccelli che già lo fissano pregustando il banchetto“.

Per i greci non esisteva dolore o umiliazione più grande. Uno dei momenti più drammatici e commoventi dell’Iliade è quando Priamo supplica Achille di restituirgli il corpo di Ettore. Io mi ricordo che mi commossi del dolore di questo padre che avanza nella notte vestito come un mendicante per raggiungere la tenda di Achille e poi si mette in ginocchio davanti all’assassinio di suo figlio. Questa è una scena di una potenza espressiva e di un’intensità drammatica senza eguali. Vediamo un uomo potente, amato e onorato dalla sua gente, un uomo che ha letteralmente potere di vita e di morte sulla sua terra, che s’inginocchia, china umilmente il capo e bacia quelle “mani tremende”. Bacia la mano di chi gli ha ucciso il figlio.

Priamo non è soltanto un re ma è un padre, e quando s’inginocchia al cospetto di Achille il padre in lui viene prima dell’uomo di stato. E in quel momento la guerra non è più gloriosa, non è più eroica, c’è soltanto il dolore di questo padre che distrutto nel corpo e nell’anima implora che gli venga restituito il corpo del figlio. Il dolore di Priamo è lo stesso dolore di Antigone. Antigone non sa che farsene di leggi, editti e decreti regali, non comprende il linguaggio della guerra, la fredda ragion di stato. Decide di seppellire il fratello, nonostante l’editto di Creonte, perché vi sono delle leggi, iscritte nel cuore degli uomini, superiori perfino all’autorità di un re.

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Così esce dalle mura della città, avanza nell’oscurità che precede l’alba, e finalmente scorge il corpo straziato di Polinice. I corvi hanno già iniziato a banchettare con la sua carne. Getta su di lui una manciata di terra, un gesto simbolico che però racchiude tutto: pietà, amore fraterno, sacrificio, coraggio, dedizione. Poco dopo viene scoperta dalle guardie. Un urlo terribile le si strozza nel petto, ma le guardie la trascinano via. La conducono nelle stanze del re.

Il dialogo tra Creonte e Antigone è il culmine dell’intera tragedia; non è soltanto un dialogo tra due persone ma uno scontro tra due diverse visioni dell’esistenza. Antigone in quel momento è sola. Gli astanti si guardano bene, in presenza del re, di manifestarle segni di simpatia. Attorno a lei c’è una massa di persone che per paura, opportunismo e viltà scelgono il silenzio e tacciono. Antigone invece alla cultura del silenzio oppone la cultura della parola. Parla, inveisce, argomenta, proclama, rivendica per sé stessa il diritto di dire ed affermare pubblicamente ciò che gli altri non hanno avuto il coraggio di dire. E quando Creonte la accusa di aver violato il suo editto, e di aver dato sepoltura a un uomo che aveva tradito la sua patria, un uomo che avrebbe dovuto odiare, Antigone gli risponde con queste parole: “Οὔτοι συνέχθειν, ἀλλὰ συμφιλεῖν ἔφυν”. Non per odiare sono nata, ma per amare.

La prima volta che l’ho letta, mi sono innamorata di questa frase. La forza di questo verso sta tutto in quell’ἀλλὰ al centro della frase che esprime un’opposizione assoluta tra συνέχθειν e συμφιλεῖν, odiare e amare, due verbi, due modi d’essere che non potranno mai stare vicini, che si respingono l’un altro. L’uomo è sempre chiamato a scegliere tra l’odio e l’amore. La scelta più difficile della vita sta qui, in questa contrapposizione tra συνέχθειν e συμφιλεῖν, due verbi che nella nostra lingua non sono soltanto verbi ma anche soggetti. L’amore non è soltanto qualcosa che si riceve e si dà, ma è anche qualcosa che si è; συνέχθειν, l’odio, viene prima, perché l’odio è facile, è semplice. Se Antigone odiasse il fratello caduto, nessuno la riproverebbe. Odia, le dice Creonte, odia il tuo nemico, odia chi ha commesso peccato, odia chi non ha agito rettamente, odia chi io ti dico di odiare.

E poi c’è quel verbo ἔφυν che se ne sta lì in fondo alla frase e che passa quasi inosservato, un verbo che non racchiude un unico significato ma tantissimi. Nel greco antico infatti una parola non ha mai un solo significato. Il verbo φύω significa: nascere, crescere, diventare, creare. Indica sia il nascere, l’essere predisposti, l’avere un’attitudine innata per qualcosa, ma anche il crescere, il diventare, il far sì che qualcosa nasca, cresca, diventi.

Racchiude non solo ciò per cui sei nato ma ciò che puoi diventare. Perché non basta nascere con una certa predisposizione, con un certo talento, con una certa attitudine, devi diventare. E diventare richiede tempo. Richiede forza, coraggio. E in un certo senso noi non smettiamo mai di diventare; certe azioni non sono mai destinate a concludersi, hanno un inizio ma non hanno una fine perché la vita è questo: un continuo divenire. Antigone è nata per amare, nel momento in cui riconosce di essere nata per questo, nel momento in cui pronuncia queste parole davanti a Creonte, diventa. Porta a compimento sé stessa. L’amore diventa il suo scopo ultimo: è ciò che dà senso e significato a tutta la sua esistenza. Ecco perché non ha paura davanti a Creonte. Antigone è ferma, è salda, non vacilla, perché ha trovato sé stessa. “Tu unica tra i mortali, seguendo la tua legge, da viva, scenderai ad Ade”, la compiange il Coro, ma la vita di Antigone non è stata vana. Antigone ha trovato la propria legge, il dna della propria anima potremmo chiamarlo, ha trovato, in un mondo di naufraghi, la propria rotta.

Ispirato da Sopravvivere al lunedì mattina con Lolita.

Sopravvivere al lunedì mattina con Lolita. I classici che ti mettono in salvo

L’AUTRICE – Guendalina Middei (qui i suoi articoli per ilLibraio.it), alias Professor X, è nata a Roma nel 1992. Fin da adolescente coltiva la sua passione per la letteratura e la cultura classica. Dopo aver conseguito la laurea in Lettere e un master in Giornalismo culturale, si è dedicata all’insegnamento nei licei e alla scrittura. Ha collaborato con diverse riviste letterarie, e nel 2019 ha aperto la sua pagina Facebook “Professor X” (nella primavera del 2022, l’omonimo profilo Instagram). Nel 2021 ha esordito con il suo primo romanzo storico, Clodio, seguito nel 2023 dalla sua seconda opera di narrativa, Intervista con un matto, entrambi editi da Navarra editore.

guendalina middei libro

Middei è tornata in libreria per Feltrinelli lo scorso anno con Innamorarsi di Anna Karenina il sabato sera – L’arte di leggere i classici in dieci brevi lezioni, in cui accompagna lettrici e lettori alla scoperta di nove giganti della letteratura (Leopardi, Tolstoj, Manzoni, Mann, Kafka, Dostoevskij, Austen, Tomasi di Lampedusa e Orwell). Ora è tornata, sempre per Feltrinelli, con Sopravvivere al lunedì mattina con Lolita – I classici che ti mettono in salvo, in cui narra, attraverso i grandi classici, una storia di rinascita. Il risultato? Un viaggio tra gli autori, le indimenticabili figure femminili e gli antieroi della letteratura antica e moderna. Sì perché Ulisse, Lolita, Antigone, Ivàn Karamazov, lady Chatterley, il lupo della steppa non sono semplici personaggi letterari: le loro passioni ci sono familiari, il loro coraggio ci seduce, la loro morte ci commuove. L’Odissea non è solo la storia di un uomo che ritorna a casa, ma è anche la storia di chi si riappropria del proprio tempo e della propria anima…

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