“Catherine Dunne dice che per capire se un dialogo funziona lo devi leggere ad alta voce”. In occasione dell’uscita de “Il grido della rosa”, il secondo romanzo della nuova serie sulla dattilografa Anita Bo, Alice Basso ci racconta come l’esperienza da lettrice di audiolibri abbia giovato alla sua scrittura: “Registrare il proprio audiolibro è una soddisfazione entusiasmante, ma anche un esercizio implacabile. Io, per dire, ho sempre saputo di essere prolissa da far schifo, ma non ho mai capito la portata del problema finché, un paio d’anni fa, non mi sono trovata a leggermi da sola il mio primo libro”

Sarò subito chiara: io ho una mia tesi precisa, che sarà la tesi principale di questo breve articolo. La mia tesi è che, per uno scrittore, essere anche il lettore del proprio audiolibro (proprio nel senso di piazzarsi personalmente davanti a un microfono, in studio di registrazione, e leggerci dentro ad alta voce le pagine che ha scritto) è di un’utilità pazzesca, perché il suo stesso modo di scrivere finisce per giovarne un sacco.

Ma c’è un secondo concetto che, ogni volta che cerco di parlare di audiolibri, si insinua di soppiatto fra le mie argomentazioni, e poi sgomita e si fa spazio finché non deflagra prendendosi tutto il posto, come uno di quei commensali abituati a mangiare a gomiti larghi: e cioè che autoregistrarsi gli audiolibri è anche terribilmente divertente. Cercherò di attenermi alla mia tesi, ma non assicuro niente.

audiolibro - imprevedibile caso della scrittrice senza nome

Catherine Dunne dice che per capire se un dialogo funziona lo devi leggere ad alta voce. Se ti sembra che gli interlocutori si esprimano come un maggiordomo inglese del primo dopoguerra, o che a un certo punto smettano di parlare fra loro e si girino verso il lettore a spiegargli le cose, o se usano tre parole dove tu, al loro posto e nella realtà, ne useresti una e un grugnito, stai sbagliando qualcosa. Io credo che sia un principio validissimo, così valido che non ha senso solo per i dialoghi ma anche per tutto il resto. Se un qualsiasi tuo paragrafo, a leggerlo ad alta voce, ti sembra contorto o innaturale o anche semplicemente troppo lungo, se ti fa sorgere nel chiuso imbarazzato della tua testa il sospetto: “Ma io, nella realtà, l’avrei mai detto davvero così?!”, significa che potevi fare di meglio.

Perché, quando leggiamo a mente, noi abbiamo una voce in testa che ci recita le parole, giusto? (Ce l’avete anche voi, sì? O è un principio di schizofrenia di cui dovrei preoccuparmi?) E quella voce sta parlando con noi, e noi, come con chiunque ci parli, abbiamo più piacere se ci fa il favore di spiegarsi in modo schietto e chiaro. In modo che possiamo evitare di concentrarci su ogni singola parola, su ogni incastro sintattico, e semplicemente possiamo seguire il senso della frase, badare a dove voglia andare a parare la storia o alle immagini che si vogliono evocare.

audiolibro scrivere è un mestiere pericoloso

Ecco: registrare il proprio audiolibro, diventare quella vocina, è una soddisfazione entusiasmante, ma anche un esercizio implacabile. Io, per dire, ho sempre saputo di essere prolissa da far schifo (ciao, amici e parenti che avete sopportato i miei cicalecci per decenni), ma non ho mai capito la portata del problema finché, un paio d’anni fa, non mi sono trovata a leggermi da sola il mio primo libro L’imprevedibile piano della scrittrice senza nome.
Il panico.
La folgorazione.
Vi faccio un esempio.
Prendiamo questo paragrafo:

“Mantegna esita un istante. Anche lui, ora, è preda di un evidente dilemma. Non sa se alzarsi e venirmi incontro a stringermi la mano (due buone ragioni: 1, sono una signora e sarebbe educazione; 2, sono la persona che ha scritto il libro che poi lui ha firmato e grazie al quale la sua carriera s’è impennata) o se rimanere seduto attendendo che mi
alzi io (una buona ragione: lui è la star, e io una semplice dipendente della casa editrice, anzi, una di quelle meno popolari, di cui nessuno ama parlare)”.

audiolibro non ditelo allo scrittore

Lo vedete? È un incubo di nidificazioni. Il festival delle subordinate. La scala di Escher dei piani logici. Ci sono i due punti del dilemma, a ciascuno dei quali è associata una parentesi, in ciascuna delle quali è annidato un elenco puntato. A leggerlo a mente, la sintassi sta perfettamente in piedi, infatti la mia editor me l’ha lasciato pubblicare impunemente. A leggerlo ad alta voce – be’. A leggerlo ad alta voce devi tradurre ogni parentesi, virgola o numeretto in un cambio d’intonazione, come se la abbassassi di un tono ogni volta che quello che stai per dire scende di un gradino rispetto al periodo principale.

L’APPUNTAMENTO CON “LIBIVE” SULLA PAGINA FACEBOOK DE ILLIBRAIO.IT – Il 7 giugno alle 18:30 Alice Basso presenta il suo nuovo romanzo, Il grido della rosa, con Rosa Teruzzi

Quando sono arrivata a leggere questo paragrafo, alla quarta pagina di testo di L’imprevedibile piano, ho avuto un pensiero preciso, me lo ricordo benissimo. Grazie, mamma. Grazie, di avermi convinta in prima media ad andare a scuola di musica, e nello specifico di sassofono. Grazie, conseguente decennio di lezioni sulla respirazione, la modulazione, l’intonazione. Ora so il vostro scopo nel quadro generale della mia vita: non perché anni dopo potessi riciclarvi nel canto e giocare a fare la Joan Jett de noartri con le mie band amatoriali, ma perché potessi affrontare sette righe di subordinate senza avere un attacco di panico.

E qui devo proprio fare ciò che temevo sin dall’inizio, e cioè mandare al diavolo le argomentazioni formali e buttarla sul personale. Perché non potete capire la portata di questa realizzazione se non ci aggiungete anche un dettaglio: e cioè che io, per poter leggere personalmente i miei audiolibri, avevo insistito. Consapevole di quanto sarebbe stato divertente declamare la mia storia dandole esattamente l’intonazione che aveva avuto nella mia testa, avevo abbandonato ogni dignità e miagolato alla mia agente “Se pooooi i ragaaaaazzi della sezione audiolibri volessero farmi un proviiiino, be’, sarei mollllto disponibile”, più allusiva di una starlet di Hollywood che lascia intendere di essere pronta a tutto pur di avere la parte.

audiolibro la scrittrice del mistero

Potevo buttare tutto nella fossa settica perché io stessa, idiota sprovveduta, nel 2014, scrivendo il libro, ci avevo messo troppi incisi?!

Da allora, come potete immaginare, a parentesi e incisi faccio attenzione. Molta attenzione. Ogni volta che sto per scrivere un gomitolo di ipotattiche, mi fermo e penso a quanto la me futura odierà la me presente al momento di registrarlo. E così facendo in realtà faccio un favore anche al lettore del libro cartaceo: perché anche lui, in ogni caso, lui che non ha già tutta la logica della mia frase in testa, lui che dovrà affidarsi alla sua vocina mentale che gli leggerà le mie parole man mano che la frase si dipana, anche lui di sicuro farà meno fatica ad arrivare in fondo a due periodi di tre righe che non a uno di sei, tutto aggrovigliato di virgole e parentesi.

E da allora quando vado a registrare un nuovo audiolibro posso limitarmi a divertirmi tantissimo, senza dover rispolverare prima gli esercizi di sassofono.

audiolibro un caso speciale per la ghostwriter

Per la cronaca, in questo esatto momento sono in pari. Ho registrato tutti i libri cartacei pubblicati finora. A breve ne uscirà uno nuovo, il mio settimo in tutto, il secondo della serie di Anita Bo, e già so che non vedrò l’ora di tapparmi in studio a registrarlo. So già come voglio far suonare ogni battuta, ogni dialogo, ogni battibecco fra i protagonisti, ogni cliffhanger a fine capitolo.

Spero davvero che quella cosa della vocina nella testa non sia preoccupante… o quantomeno che non riguardi solo me.

il grido della rosa

L’AUTRICE E IL LIBRO – Alice Basso è nata nel 1979 a Milano e ora vive in un ridente borgo medievale fuori Torino. Lavora per diverse case editrici. Con Garzanti ha pubblicato le avventure della ghostwriter Vani Sarca: L’imprevedibile piano della scrittrice senza nome, Scrivere è un mestiere pericoloso, Non ditelo allo scrittore, La scrittrice del mistero e Un caso speciale per la ghostwriter.

Nel 2020 è uscito Il morso della vipera, il primo capitolo di una nuova serie ambientata nell’Italia degli anni Trenta.

Ora torna con Il grido della rosa, la seconda avventura della protagonista di questa nuova serie di romanzi. Veniamo alla trama del nuovo libro: manca poco all’uscita del nuovo numero della rivista di gialli Saturnalia. Anita è intenta a dattilografare con grande attenzione, il suo lavoro le piace ogni giorno di più. Non solo perché Sebastiano Satta Ascona, che le detta la traduzione dei racconti americani pieni di sparatorie e frasi ad effetto, è accanto a lei. Ma soprattutto perché questa volta le protagoniste sono donne detective, brave quanto i colleghi maschi. Ad Anita sembra un sogno. A lei che le restrizioni del regime fascista stanno strette. A lei che ha ritardato il suo matrimonio per lavorare. A lei che legge libri proibiti che parlano di indipendenza e libertà. A lei che sa che quello che accade tra le pagine non può accadere nella realtà.

alice basso.torino 2018.ph yuma martellanz-5071

CREDIT FOTO: Yuma Martellanz

Nella realtà, se una donna aspetta un bambino fuori dal matrimonio, rischia che suo figlio venga adottato. E, se viene trovata morta davanti al cancello della villa dei genitori affidatari, si è trattato di un incidente. Quasi come se fosse andata a cercare una brutta fine. Questo accade a una ragazza di nome Gioia. Una ragazza che Anita non conosce. Ma non le importa. I suoi investigatori non attendono che ci sia qualcosa di personale per agire. Basta un indizio a far partire la loro intuizione. E così è per lei. Deve capire cosa sia successo veramente…

Ecco gli audiolibri di Alice Basso (autrice e lettrice) disponibili su Audible e Storytel.

Abbiamo parlato di...