Honoré de Balzac (20 maggio 1799 – 18 agosto 1850) è uno dei grandi maestri del realismo francese. Con la sua opera, “La comédie humaine”, un corpus letterario di 137 titoli, indaga la società d’oltralpe con precisione scientifica. Nobili e borghesi, gente di città, provinciali e contadini, tutti i caratteri umani vengono studiati con occhio clinico dallo scrittore, in un grandioso affresco – L’approfondimento

Si dice bevesse circa cinquanta caffè al giorno, forte e speziato, e che lavorasse anche sedici ore consecutive, di cui molte notturne. Difficile immaginare uno stile di vita più deleterio, eppure, non sappiamo se grazie o malgrado tanto caffè, Honoré de Balzac ci ha consegnato uno dei corpus più importanti della letteratura francese, La comédie humaine: 137 titoli che raccontano la società francese dalla rivoluzione alla monarchia di luglio.

Balzac, le sue abitudini lo confermano, è un personaggio eccentrico, sempre in bilico tra i mondi e le classi sociali, padre di idee grandiose e madornali sconfitte. Quando concepisce l’abnorme piano della Comédie humaine, Balzac ha già alle spalle alcuni progetti letterari falliti e una serie di altrettanto fallimentari tentativi imprenditoriali. Dotato di poco senso pratico e di una grande fascinazione per il bel mondo, Balzac passerà i suoi anni migliori a fuggire dai creditori e a scrivere quei romanzi che lo consacreranno come uno dei padri del realismo d’oltralpe.

Honoré de Balzac, Il colonnello Chabert, Garzanti

Honoré de Balzac, scrittore e coltivatore d’ananas

Nato a Tours nel 1799, come molti giovani della sua generazione, benestanti ma non ricchi, studia Giurisprudenza, facoltà che già nella Parigi del diciannovesimo secolo assicurava un concreto futuro lavorativo. E come altrettanti giovani viene distratto negli studi dalla fervente vita culturale della capitale, che tra una serata a teatro e un bicchiere in brasserie gli fa scoprire i piaceri e le glorie del mondo letterario. Inutile dire che i primi tentativi dell’aspirante scrittore Honoré non suscitano grande interesse presso i suoi contemporanei: mediocri drammi e prove di narrativa che, sebbene già presentino in nuce il suo interesse per la figura umana a tutto tondo, vengono ignorati dai più, convincendolo a tentare altre strade.

Balzac investe in una stamperia, ma le cose non vanno come avrebbe desiderato, tenta allora con una fonderia, si interessa ai giacimenti d’argento presenti in Sardegna, e prova addirittura a coltivare ananas a Ville-d’Avray, un comune alle porte di Parigi dove possiede una proprietà.

Un lavorio incessante, che affiancherà alla ben più proficua carriera letteraria che, finalmente, sboccia nel 1829, con la pubblicazione del suo primo successo: il romanzo romantico di cappa e di spada Gli sciuani, che verrà in seguito inserito nel più vasto contenitore della Comédie humaine. Così come fonte di fama, anche oltre i confini nazionali, sarà La pelle di zigrino, del 1831, dove si intrecciano il realismo per cui diventerà celebre e una vena di misticismo.

Balzac, Papà Goriot

La Comédie humaine: la società francese allo specchio

È sempre all’inizio degli anni ’30 che Balzac concepisce la grandiosa idea che farà da impalcatura a tutta la sua opera: la Comédie humaine, suddivisa in “studi” che contengono romanzi e novelle che trasfigurano una cinquantina d’anni di società francese, colta in tutti i suoi aspetti, dalla vita domestica a quella militare, dalla società parigina a quella di provincia. Nel racconto della “commedia umana” entreranno a far parte alcuni dei testi più famosi di Balzac, come Il colonnello Chabert (1832), che segue il ritorno a Parigi, durante la Restaurazione, di un militare creduto da tutti morto, il capolavoro di realismo Papà Goriot (1834), o le Illusioni perdute, spietata indagine su giornalismo e politica sempre nella Parigi della Restaurazione, pubblicata tra il 1837 e il 1843.

La penna di Balzac, come quella di altri illustri contemporanei, è volta a raccontare la società francese in tutte le sue pieghe. Nei suoi romanzi spicca l’indagine, accurata, certosina, che non si sacrifica mai alla trama, delle complesse associazioni tra classe, provenienza geografica e ruolo sociale, e di come queste finiscano per influenzare la parabola di un’esistenza. Se, allora, la suddivisione di sapore naturalistico della Comédie humaine è l’impalcatura su cui si innesta la produzione di Balzac, la rappresentazione problematizzata e fedelissima della realtà ne è le fondamenta.

Illusioni perdute, Balzac

Un amore epistolare

Balzac vive in un momento storico dominato da pulsioni opposte, da un lato quelle conservatrici, dall’altro la forza motrice, irrefrenabile della Storia, che non può essere fermata neanche dal ricordo dei fasti napoleonici. Con la sua opera, Balzac analizza l’umano, ne scava le profondità per far emergere vizi e virtù, talora caratteri immutabili dell’animo, ma più spesso strettamente interdipendenti dal contesto storico-sociale, così profondamente legati all’ambiente di provenienza e alle interazioni tra classi. Un’umanità che viene analizzata come si analizzano fauna e flora, con il medesimo rigore scientifico, illuminato dalle teorie in voga tra i naturalisti e che Balzac ben conosce.

Quando muore, stroncato pare da una peritonite a metà secolo, nell’agosto del 1850 (salutato da una commossa orazione di un altro grande padre della letteratura francese: Victor Hugo), Balzac è appena riuscito a coronare con un matrimonio una relazione sentimentale lunga vent’anni. Quella con Ewelina Hańska, nobildonna polacca che comincia una corrispondenza con lui nel 1832, scrivendogli una lettera anonima e critica alla Pelle di zigrino.

Da un alterco letterario (e dalla successiva conoscenza dei due, a Besançon) nasce un grande amore. Ma il matrimonio si terrà solo a marzo 1850, pochi mesi prima della morte dell’autore.

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